Egregio Direttore,
ho letto molto in questi giorni su quel giovane papà ingegnere Matthias Schepp che dopo essere stato lasciato dalla sua amata si è visto anche cacciato di casa, negato delle due figlie e dell’affido congiunto, e che umanamente non reggendo più la tortura ha rapito le figlie nascondendole (perché così è sicuramente andata) e poi si è tolto la vita. Crescono sempre più questi atti violenti e la società non avendo saputo prevenirli si trova ora ad affrontare gradualmente questa disperazione e la crescente scia di sangue che porta con se. Voglio però portare all’attenzione due dettagli-non-dettagli importanti: Schepp era figlio di separati, questo vuol dire che ne ha prese sia da piccolo che da grande. Schepp aveva un registratore.
Ecco la maggior parte delle persone forse ancora non saprà che portare un registratore, sempre acceso in tasca, per un papà separato è cosa normale.
La maggior parte dei padri separati che ho incontrato (dopo un po’ di conoscenza) mi ha confidato che lo porta sempre con se. Motivo? Semplice, un padre su tre riceve false accuse di violenza in separazione e siccome i giudici credono di più alle madri bisogna poter avere prove per scagionarsi (la presunzione di innocenza non conta). Ma soprattutto lo portano per difendersi dalla “vera violenza” famigliare oramai esercitata sempre più spesso da donne che maltrattano, umiliano, ricattano nei modi più tirannici, sfrontati e vili possibile, forti della loro immunità culturale e giudiziaria.
Per questo Schepp come quasi tutti i papà sotto scacco viveva col registratore, nella speranza che se non la sua condotta famigliare e lavorativa integerrima, la sua fedeltà, dignità, se niente di tutto questo gli avesse permesso di avere qualche ora in più con le sue amate figlie, forse glielo avrebbe permesso il registrare le continue offese, umiliazioni, minacce e ricatti ai quali un qualunque papà separato è esposto. Ma probabilmente, come tutti, ha scoperto che anche questo non sarebbe servito.
M. Rossi
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