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DIRITTI, IMMIGRAZIONE,RESPONSABILITA’

In migliaia sbarcano a Lampedusa tasto che il problema non è più solo italiano ma ormai europeo, anche se a Bruxelles sembrano molto distratti.
Ci tocca, insomma, fare i conti anche con queste crisi umanitarie anche perchè il problema non è solo se sia giusta o meno la politica dei respingimenti (che di fatto in questi due anni ha funzionato) ma il concetto stesso di accoglienza.
“Vengano, ma entrando uno alla volta” potrebbe essere lo slogan di una società che deve necessariamente aprirsi al mondo ma – se vuole in qualche modo poter aiutare senza creare baratri sociali – deve avere il tempo di assorbire le ondate di arrivi.
Cresce però il disagio sociale e come sindaco lo constato ogni giorno a contatto con tanti problemi non solo di accoglienza ma di trovare una casa, un lavoro, un aiuto a tante persone in difficoltà. La crisi economica picchia duro su tutti, ma particolarmente su quegli immigrati che si sono messi faticosamente in regola ma sono comunque rimasti ai margini di quelle garanzie sociali che in Italia, rispetto al resto del mondo, sono di assoluto buon livello.
Mi colpisce però la generalizzazione che ascolto. “Date la casa agli immigrati e non a noi” è il refrain quotidiano e serve poco mostrare le statistiche che lo smentiscono. Piuttosto molti – soprattutto nordafricani – generando molti figli utilizzano subito al meglio le leggi che qualche volta si prestano a forzature di “furbi” che le conoscono fin troppo bene.
Ma il caso che più mi ha colpito è il richiesto ricongiungimento famigliare di una nonna romena alla famiglia dei figli residenti nella mia zona da qualche tempo (ormai semplice ed obbligatoria procedura comunitaria) e poi l’immediata richiesta di un suo ricovero in uno dei pochi letti specifici per malati di alzheimer disponibili. La legge è rispettata, ma di fatto un prezioso posto in meno per altri che ne avrebbero avuto bisogno e chissà mai quando l’ASL romena lo pagherà.
La sintesi è che se ne esce solo con una solidarietà responsabile da parte di tutti ma nella consapevolezza che non è più possibile regalare nulla. Piuttosto in molti casi si deve anche passare ad un pressante invito al rimpatrio soprattutto là dove stanno crescendo meglio di noi, così come va imposto il trascorrere di un periodo di tempo minimo tra l’arrivo e il diritto a ricevere servizi o la situazione sarà sempre più preoccupante e – come a Lampedusa – presto ci scoppierà in mano.

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