Premesso che:
l’Italia gode di un patrimonio inestimabile: 5 milioni di cittadini emigrati che si aggiungono agli oltre 60 milioni di oriundi sparsi in ogni parte del Mondo.
Ma l’Italia sembrerebbe non avere gli strumenti e la capacità per valorizzare questo suo bagaglio storico, ferma nella sua impasse ed incapace di cogliere le sollecitazioni economiche e culturali che questa grande ricchezza è capace di definire.
Si tratta di un’“Italia fuori dall’Italia”.
Una nazione che si estende fuori dai suoi stessi confini territoriali, ma che si contorna di confini naturali fatti di radicamento, passione e attaccamento ad una terra a volta lontana.
Questa nazione – dai confini mobili – talvolta viene ignorata, a volte percepita come un peso anziché una risorsa. A volte si preferisce collocarla a latere della memoria collettiva, forse perché è meno impegnativo.
L’unica immagine che sopravvive è un’idea vecchia di questa comunità, fatta di lavoratori con la valigia di cartone costretti ad andarsene lontano. Un’evocazione di vecchi melodrammi meridionali mescolati a stornelli di trattoria.
Ma non è solo così.
Oggi le nostre comunità all’estero sono serbatoio di esperienze, professionalità e conoscenze. Biglietti da visita per il nostro Paese, uno strumento di valorizzazione economica, un riferimento indiscutibile per orientare investimenti e creare business. Il ruolo delle nostre comunità all’estero è sempre di più un ruolo trainante anche per l’economia nazionale.
Tenuto conto che:
nel 2001 un gruppo di persone propose e sostenne, non senza un briciolo di ambizione, quel progetto che è poi diventato realtà: non solo il riconoscimento del diritto all’esercizio del voto ai connazionali residenti all’estero ma addirittura la presenza tra gli scranni del parlamento italiano di connazionali che risiedono all’estero. Rappresentanza di quel mondo e di quel rinnovato modo di vedere la politica italiana, perché fatto attraverso una lente diversa.
La figura che riuscì a coalizzare attorno a sé la stragrande maggioranza del Parlamento per portarla alla modifica di ben 2 articoli della Costituzione ed alla legge sul voto all’estero, fu Mirko Tremaglia. Per lui il diritto di voto degli italiani nel mondo non rappresentava solo la possibilità offerta ai cittadini che vivono all’estero di superare la condizione di cittadini a metà – legati al loro Paese di origine dagli affetti e dal legame forte, ma statico, della nostalgia e dei ricordi – piuttosto l’occasione per stabilire un legame biunivoco e dinamico attraverso il quale anche l’Italia potesse tentare di scoprire e di scolpire la sua “nuova frontiera”.
Considerato che:
rimettere al centro delle politiche e delle progettualità nazionali le nostre comunità oltre confine non è una scelta demagogica ma un atto doveroso che si configura anche come un investimento lungimirante per il futuro del Paese.
E’ una risposta nuova e forse più percorribile alle costrizioni della globalizzazione, le cui derive sono alla base dell’attuale crisi economica.
Ed è proprio la globalizzazione nelle sue dinamiche legate al divenire, la sfida più grande: il nostro Paese ha gli strumenti per sviluppare un atteggiamento reattivo nei confronti dell’universalizzazione, tale da sfruttare la globalizzazione dei mercati proponendo il concetto di universalità del modello italiano.
Ma il nostro futuro si giocherà anche sulla capacità di sostenere e incrementare la diffusione della lingua e della cultura italiana, per mantenere viva nelle giovani generazioni l’identità di origine e per rispondere al desiderio di riscoprire le radici dei discendenti dei nostri emigrati. Per assicurare nel mondo adeguata circolazione delle informazioni sull’Italia, e nel contempo attenzione e spazio sui media italiani alle tematiche delle nostre comunità. Per realizzare quei collegamenti e quelle possibili sinergie tra scienziati, uomini di cultura, imprenditori e operatori economici e tutti coloro che sono “Italia” nel Mondo.
Ma l’italianità non è soltanto tutela della lingua e della cultura italiana. È qualcosa di più, di radicato, profondo e strutturato oltre confine. Si tratta di una condivisione viscerale di quanto rappresenta il pensare ed il “vivere italiano”. Una compenetrazione di gusti, valori, principi della civiltà italiana.
Il vivere italiano è esso stesso una cultura. Una cultura resa possibile e imperitura nel tempo grazie al lavoro di associazioni e movimenti che nel corso degli ultimi decenni hanno accompagnato i nostri connazionali emigrati in ogni parte del Mondo.
Ricordiamo uno su tutti, il Ctim, il Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo, riferimento indiscusso dell’aggregazione italiana oltre confine avente come scopo fondante il rafforzamento dei legami fra le varie comunità Italiane nel mondo e la Madrepatria, e l’essere portavoce delle esigenze dei connazionali, tutelandone gli interessi, prospettando adeguate soluzioni e progetti. Soprattutto in quelle comunità in cui l’esperienza della povertà e dell’emarginazione è particolarmente presente.
L’italiano nel mondo deve mantenere il legame e la continuità con la Madrepatria, per diventare il primo testimonial del “vivere italiano”, e del suo appeal che si riverbera in maniera vincente e produttiva sul versante economico e commerciale in ogni parte del Mondo.
Ci impegniamo nell’ambito di Futuro e Libertà
a predisporre adeguate piattaforme programmatiche riferimento per progettualità, politiche ed iniziative volte alla valorizzazione delle comunità italiane oltre confine, nel pieno rispetto dei valori e delle istituzioni rappresentative degli italiani nel mondo;
ad implementare una capillare struttura organizzativa oltre confine che consenta un costante scambio biunivoco tra le terre di residenza e l’Italia;
a creare appositi momenti di confronto e di scambio di idee tra connazionali oltre confine, anche propedeutici ai momenti di incontro nazionali;
a rafforzare e a migliorare gli strumenti di partecipazione telematica al fine di consentire a tutti coloro che credono in una nuova Italia, la possibilità di essere parte attiva nei convegni, nelle iniziative sociali, nell’associazionismo e nella progettazione politica.
Mirko Tremaglia
Aldo Di Biagio
Roberto Menia