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"OPEN SOURCE E SOFTWARE PROPRIETARIO"

“OPEN SOURCE E SOFTWARE PROPRIETARIO”
organizzato dal Distretto Produttivo Regionale dell'Informatica
Giovedì 10 febbraio 2011 – ore 16,00 – Fiera del Levante – Padiglione 9 – SALA 1
Introduce Gianni Sebastiano, presidente del Distretto dell'Informatica
Relatori:
Marco Lasala, Cezanne Software Spa
Michele Carulli, I&T Servizi srl
Leonardo Mangia, Links Management And Technology Spa
Gino Di Pace, Exprivia Spa
Salvatore Latronico, Openwork srl
Angelo Rondine, B! Gruppo CEIT Spa
Luigi Barberini, Studio Delta srl
Michele Ruta, ricercatore SisInf Lab Politecnico di Bari
Francesco Lovergine, ricercatore ISSIA CNR – Sede centrale di Bari – Remote Sensing Group
Rappresentante di INNOVA Puglia, Regione Puglia
Rappresentante di ASSOCIAZIONE INFORMATICI SENZA FRONTIERE
modera Ludovico Fontana,
giornalista del Corriere del Mezzogiorno

Sereni confronti e scontri furibondi animano da anni una questione cardine per lo sviluppo attuale e futuro della tecnologia. E' il tema del secolo, esperti, analisti, imprenditori, politici e amministratori sono a caccia di soluzioni che riescano a conciliare le varie anime dei diversi movimenti di pensiero: Open Source o Software Proprietario?
Ma cosa significa esattamente Open Source? I software open source sono quei programmi il cui il codice sorgente viene rilasciato assieme al software eseguibile, cioè tutti i segreti del patrimonio genetico del software vengono messi a disposizione. In questo modo chi lo utilizza può modificarlo in base alle proprie esigenze e può anche redistribuirlo sotto la stessa licenza.
Tra i vantaggi dell’open source c’è quello dell’economicità: si abbattono i costi di licenza. Diventa possibile così scaricare i software, adattarli, facendo da sé o avvalendosi della consulenza specializzata di terzi.
Alla base dei software open source ci sono delle community di sviluppatori che collaborano allo sviluppo del software e sono a disposizione degli utenti per qualsiasi esigenza, sia di sviluppo che di assistenza tecnica.
Più è folta la community, più il software open source può sperare di migliorare. La fase di test, infatti, che è fondamentale quando si crea o si modifica un programma, viene effettuata in maniera più rapida da moltissime persone. Si raggiungono velocemente gli obiettivi di correzione dei bug (gli errori) e di miglioramento del codice.
Si tratta insomma di una concezione della rete che incoraggia la pubblicazione libera e aperta (Open) del codice sorgente (Source) di software e di sistemi operativi.
Ciò che rende interessante questa filosofia sono soprattutto le interazioni che si vengono a creare tra i partecipanti delle comunità creative e i contenuti condivisi al loro interno.
L’evoluzione di questo fenomeno è ciò che è stato chiamato Crowdsourcing: l’intelligenza collettiva.
Ma i sostenitori più fervidi dell'OS affermano che vi sia una ragione più profonda per cui il software libero dovrebbe trovare l'appoggio dei nostri politici: questo tipo di software è l'unico che non può essere controllato da nessuna azienda.
Ma a queste ragioni se ne oppongono altre, di tono diverso. Una fra tutte per esempio, quella che riguarda proprio la Regione Puglia. “Temo che ciò (cioè il sottrarsi al controllo delle aziende, ndr) nasconda un’idea romantica. I segnali del mercato dicono che anche l’Open Source si propone comunque un modello di business del software. Certo più sostenibile, ma pur sempre come un modello di business. L’immagine di un prodotto evoluto e gratuito portato avanti da eserciti di volenterosi supertecnici che lavorano di notte negli scantinati affascina ma non convince del tutto”.
E' questa la risposta del governatore della Puglia Nichi Vendola, alle critiche avanzate dai sostenitori più accanito dell'open source, in una lettera apparsa alla fine dello scorso novembre su partito-pirata.it

Le motivazioni di chi resta scettico di fronte ad una visione integralista dell'open source nascono dall'idea che la crescente complessità delle evoluzioni non sembra cosa per privati appassionati, ma solo per imprese ben attrezzate come tecnologie e know how.
“Per questo temo che la disputa tra i sostenitori dell’OS e quelli del mercato possa portarci fuori strada – afferma Vendola – si tratta di software: uno dei più sofisticati prodotti della civiltà industriale e capitalistica del XXI secolo. Chi ci lavora sono sempre imprese, più o meno grandi. Il suo grande straordinario merito è di essere un grande laboratorio condiviso di sviluppo che segue un modello di business centrato sulla condivisione dei costi (alti) di sviluppo e sulla focalizzazione dei margini sui servizi”.
Una nota curiosa sulla definizione di software proprietario: noi italiani abbiamo maldestramente tradotto dall'inglese proprietary software, che letteralmente significa “software di proprietà esclusiva”. Il software non è infatti il “proprietario” ma l'oggetto posseduto.
Chi lo possiede, o meglio chi lo crea, impone restrizioni sul suo utilizzo, sulla sua modifica, riproduzione o ridistribuzione, ottenute tramite licenze, copyright e brevetti. Il codice sorgente, l'impalcatura fondamentale del programma, in questo caso non viene fornito a chi acquista il software.
Molti pareri autorevoli in materia sostengono dunque che, in fondo, l'obiettivo vero sia liberarsi dai monopoli e consentire una vera libertà di scelta tra software libero e software proprietario, una libertà che forse non sarà mai tale se le politiche pubbliche non si concentrano sul superamento del divario digitale.

Con cortese preghiera di pubblicazione

Fiera del Levante – Bari, 10 febbraio 2011 – ore 16,00
Padiglione 9 – Sala 1

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