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MA DI CHE COSA STIAMO PARLANDO?

Mentre il debito pubblico sfiora i 2.000 miliardi di euro, l’economia sommersa è pari a 23 punti del Pil e la disoccupazione è in drammatico aumento, il Parlamento è ridotto a mero strumento di risoluzione di vicende personali. Il baratto ha sostituito la dialettica democratica e le priorità del Paese non contano più nulla. Così la Confindustria ricorda, probabilmente anche a se stessa, che ad aprile dovremo presentare come tutti i Paesi Ue il piano per le riforme e la competitività, eppure non se ne sta affatto discutendo. Proviamo a vedere quali sono le conseguenze.

Industria: le commesse per la nostra produzione sono schiacciate dal confronto con la concorrenza e, guardacaso, il settore più in difficoltà è quello automobilistico. Così rischiamo di perdere la Fiat – che sola rappresenta il 10% del prodotto interno lordo – perché, nonostante le avvisaglie, il Governo non ha voluto affrontare il vero problema, cioè quello della produttività delle nostre imprese.

Infrastrutture: è questo un settore strategico per dotarci dei mezzi con cui affrontare la crisi, garantendo velocità ed efficienza delle politiche economiche di settore. Invece in Italia ci sono cantieri eternamente aperti e dimenticati che continuano ad assorbire risorse in un’eterna spirale di sprechi di fondi e rallentamenti alla crescita.

Energia: uno dei motivi della scarsa competitività delle aziende italiane è l’elevato costo dell’energia, che continuiamo ad importare dall’estero. Serve una politica di avanguardia che ci consenta di guadagnare autonomia e reggere il passo delle altre economie. Mentre nei Paesi più avanzati si parla di green economy, il Governo pensa ad una risorsa antiquata come il nucleare: è come se, volendo produrre oggi dei mezzi di trasporto, si ricorresse al motore a scoppio invece che all’energia elettrica.

Fisco: l’unica riforma possibile per il bene del Paese è quella che diminuisce la pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese. Le retribuzioni vengono erose dal caro-vita e da un fisco iniquo, senza parlare del federalismo in salsa leghista che, ormai è innegabile, ha aumentato le tasse e ha penalizzato soprattutto il Sud.

I due partiti di Governo, Lega e Pdl, accompagnati dall’esercito di Valmy (i responsabili), riducono l’agenda di Governo ad un baratto di provvedimenti utili a Bossi o Berlusconi. Le priorità diventano la legge sulla prescrizione-lampo e i decreti di propaganda federalista. Ma le urgenze del Paese sono altre! Dovremmo parlare di aumento della produttività del lavoro attraverso investimenti in ricerca e innovazione; di sviluppo infrastrutturale attraverso il finanziamento di opere utili per l’incremento degli scambi commerciali; di diminuzione della spesa energetica per abbattere i costi di produzione e favorire la crescita; di riforma del fisco per far emergere il sommerso e reinvestire le risorse in servizi pubblici e appianamento del debito. La nostra economia è ingessata: la bilancia commerciale italiana è in saldo negativo per oltre 3 miliardi di euro e il mercato del lavoro continua ad essere un colabrodo pieno di deficienza strutturali.

Ma con questi cialtroni quale dialogo potrà essere mai possibile?

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