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Condannato Grigoli, il “re dei supermercati” che ripuliva il denaro di Cosa nostra

Il tribunale di Trapani ha condannato a 12 anni di reclusione l’imprenditore Giuseppe Grigoli, originario di Castelvetrano. Grigoli è stato ritenuto un”imprenditore mafioso” al servizio di Cosa nostra nonché il cassiere di Matteo Messina Denaro, a sua volta condannato a 27 anni. La condanna ha portato alla confisca di beni per oltre 250 milioni di euro. Grigoli è stato arrestato nel dicembre 2007. L’inchiesta che ha portato al processo venne condotta dal pm della dda di Palermo Roberto Piscitello. A sostenere l’accusa in giudizio sono stati i pm Carlo Marzella e Sara Micucci.

Giuseppe Grigoli, con la sua Grigoli Distribuzione srl, una holding che controllava decine di aziende e il cui capitale sociale è quantificabile in 12 milioni e mezzo di euro, era il cavallo di Troia di Matteo Messina Denaro per entrare nel circuito della grande distribuzione. In tal modo i commercianti venivano legati a Cosa nostra in modo (all’apparenza) meno coercitivo, sostituendo alla vecchia pratica del pizzo l’obbligo di rifornirsi di merci, a prezzi talvolta vantaggiosi, presso le proprie aziende di fornitura. Nel tempo Giuseppe Grigoli ha ottenuto anche l’utilizzo del marchio Despar, arrivando a controllare fino a 60 tra ipermercati e supermercati in tutta la Sicilia occidentale, nelle province di Palermo, Trapani ed Agrigento, la cui gestione, è stato accertato durante il processo, era condotta da uomini vicini alla mafia. La sua adesione a Cosa nostra risale al 1974, anno in cui -secondo gli inquirenti- Grigoli subì un incendio doloso e si rivolse, chiedendo protezione, a Cosa nostra anziché allo Stato. In trent’anni Grigoli ha spazzato via la concorrenza in mezza Sicilia, ha gestito in regime di sostanziale oligopolio la rete della distribuzione alimentare tanto da meritare il soprannome di “re dei supermercati”.

Mafia imprenditrice, dunque, il cui cuore sta nella grande distribuzione alimentare e nei centri commerciali, utili a ripulire le enormi quantità di denaro sporco che Cosa nostra incassa dal traffico di droga. E l’imprenditoria mafiosa diventa vero e proprio passepartout per stabilire alleanze imprenditoriali con le aziende del nord, per accedere a fondi pubblici e privati, per sviluppare un consenso clientelare, ma dove le piccole imprese vengono obbligate ad entrare nel “sistema” per non soccombere. Un capitalismo mafioso che divora quello onesto e sovverte le regole per imporne di proprie.

Grigoli finì nel radar della magistratura inquirente dopo l’arresto di Bernardo Provenzano, l’11 aprile 2006, catturato dopo una latitanza di 43 anni, quando tra i pizzini rinvenuti nel covo a Montagna dei Cavalli nei pressi di Corleone, firmati da Messina Denaro, fu appurato come quest’ultimo aveva chiesto a “ziu binnu” Provenzano che Grigoli venisse esonerato dal pagamento del pizzo.

(m.zol)

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