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Marea nera rose e spine allevate in Sardegna

Forse si potrebbe azzardare una metafora sul Nero Profondo che continua ad appestare l’Italia, ma non sono una brava scrittrice e non potho reposare…Lo era Giancarlo Fusco un eccezionale scrittore, oltre altro, e con l’occasione consiglio Le rose del ventennio, sottotitolato: divertente, grottesco, tragico, il più bel libro sul ventennio nero. Ma invece la realtà supera la fantasia e mi attengo al primo decennio con inizio del secondo. Ho letto due Grida, è il caso di chiamarle così, dalla Puglia e dalla Sardegna. Sono terre che ho conosciuto in momenti felici della mia vita, di vacanze e d’altro. Altro è viverci e vivere dell’economia che le mantiene in vita. Ecco appunto, si muore.
Parto con la seconda e mi fermo quà per non stancare il lettore, poi ci sarà una seconda puntata per Taranto e altre grida pugliesi tarantolate, perchè se non fosse chiaro la Terra è mia e la difendo…dai Miracoli Itagliani.




Sardegna quella che chi è grandicello, almeno a me viene in mente, la ricorda per l’Aga Khan, i traghetti presi d’assalto d’estate , il pane carasau, i bagni magnifici, formaggio da strabiliare se poi non si mangia carne e porcellino, le cozze di Olbia, i pesci che partono in volo per Milano, i tenores, Maria Carta e i Tazenda e le Memorie della Musica…ma l’inverno cosa succede? Facciamole cantare queste Memorie.


Prima di introdurvi all’articolo pubblicato oggi 25 gennaio da Skywalkerboh, farei un salto indietro di meno di un mese alla Sindrome di Quirra come dei Balcani: una vergogna tutta italiana. Ne metto un pezzetto, poi il resto è sul Dipartimento Studi Animali. “Le Asl di Cagliari e di Lanusei stanno effettuando un’indagine sul poligono del Salto di Quirra in Sardegna e stando alle prime indiscrezioni sarebbe emerso che il 65% degli allevatori che vivono intorno al poligono interforze si sarebbe ammalato di leucemia e di linfomi nell’ultimo decennio, senza contare le decine di animali nati deformi. “Il poligono Salto di Quirra, chiamato anche di Perdas de Fogu (in lingua sarda pietre di fuoco), è il poligono più grande d’Europa, il fiore all’occhiello delle forze armate italiane” spiega in un’intervista del 2007 Mariella Cao del Coordinamento Sardo “Gettiamo le Basi” ). Mariella Cao spiegava che il poligono di Quirra viene “usato però, non solo dalle forze armate ma dato in affitto alle varie multinazionali delle armi, che lo usano come palestra per fare esperimenti, test, collaudi, come show-room per vendere armi, per far vedere come funzionano bene razzi e missili”. Il problema nel poligono di Perdas de Fogu è che dal 1998 si registrano intorno alla base e nei paesi limitrofi centinaia di casi di leucemia, tumori al sistema emolinfatico e nascite con malformazioni genetiche, non solo tra gli animali ma anche tra gli esseri umani. Nel paese di Escalaplano, per esempio, situato sul lato Ovest, nel confine interno del poligono, si contano 14 casi di bambini nati con gravissime malformazioni genetiche. In Sardegna tale situazione è nota come la Sindrome di Quirra “perché sono le stesse patologie della cosiddetta sindrome del Golfo e dei Balcani” spiega sempre la Cao. Immediatamente, infatti, si è pensato che a causare tali malattie fosse l’uranio impoverito e se all’inizio l’attenzione era rivolta soprattutto sui militari che rientravano dai Balcani in seguito si è cominciato a pensare che poiché “il poligono viene usato soprattutto da imprese private” spiega sempre nell’intervista Mariella Cao, era possibile che nella base si sperimentassero armamentari all’uranio. “Però il sospetto non è solo l’uranio, all’inizio si è partito dall’uranio – continua Mariella Cao – Oggi, paradossalmente, speriamo che sia solo uranio!”…”
Come detto, non potho reposare…


Andiamo all’ oggi e ringrazio della segnalazione FB…:Marea Nera, Cappellacci si da malato. Ecco come si è sparso il petrolio

“Ugo Cappellacci oggi si è dato malato. Doveva salire a Sassari stamane per una riunione con i sindaci del nord Sardegna e la E.On per fare il punto della situazione, ma non c’è stato niente da fare. Incassato il bidone, in Prefettura aspettano per la metà di questo pomeriggio l’assessore Giorgio La Spisa. Non sono arrivate indicazioni da Arcore? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che qui la gente è imbestialita, anche perché il cambio del vento e delle correnti ha portato un po’ di petrolio anche a Stintino. Quindi da ovest a est un po’ di sporco è arrivato quasi dappertutto. Chi fa girare le informazioni viene accusato di catastrofismo, di voler azzoppare il turismo e le attività di ristoratori e pescivendoli. Dalla Nuova Sardegna di oggi trapelano alcune informazioni su come si è verificato l’incidente e su come il meccanismo di autodifesa dalle fuoriuscite di petrolio abbia falito.


La colpa sarebbe del tubo di scarico da 24 pollici che col tempo si sarebbe corroso (un controllo ogni tanto no, eh?), con una lacerazione da 19 millimetri. Da lì è schizzata in mare una quantità rilevante (sulla quale non c’è certezza, da 18mila a 45mila litri) di olio combustibile. Ciò sarebbe in fase di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria. La Nuova Sardegna ci racconta che “Tutto nasce ai tempi dell’orimulsion, il combustibile venezuelano che qualche danno nel Golfo dell’Asinara l’ha fatto prima ancora dell’olio combustibile. L’idea dell’Enel – allora proprietaria della centrale di Fiume Santo (poi passata Elettrogen e rilevata dagli spagnoli dell’Endesa e da E.On) – è del 1988. Costruire una condotta lunga poco più di 8 chilometri per evitare la dipendenza dal pontile liquidi dell’Eni. La tubazione è stata costruita sulla banchina già esistente. L’opera ottiene il via libera e, nell’estate del 2002, viene regolarmente collaudata da una commissione che comprende tecnici della Capitaneria di porto, del Genio civile, dei vigili del fuoco e dell’Endesa. Non risultano rilievi.” “Il tubo da 24 pollici, secondo quanto trapela in ambienti investigativi, a un certo punto procede per più di cinque metri sotto la banchina. In pratica viene infilato in un cavedio, sottoposto all’attacco erosivo dell’acqua di mare. Una operazione che – secondo le specifiche tecniche – prevede alcune tutele essenziali: un rivestimento con una resina speciale anticorrosione, un fondo di protezione in acciaio, almeno tre punti di ispezione (forse con delle grate sul piano di calpestio) e una pompa di rilancio. Il magistrato ha chiesto di verificare se quelle misure sono state tutte rispettate o se, invece, la rottura del tubo non sia da mettere in relazione proprio con eventuali carenze nella fase di realizzazione.”

“Le procedure di primo intervento hanno avuto come attività la predisposizione delle panne galleggianti attorno alla petroliera ormeggiata in banchina. In teoria l’inquinamento avrebbe dovuto essere circoscritto in ambito portuale, in pratica quella protezione si è rivelata inutile. Migliaia di litri di olio combustibile sono finiti in mare aperto proprio da quegli spazi vuoti sotto la banchina. Per anni, dunque, il piano di emergenza si sarebbe basato su informazioni e su garanzie errate.” Il disegno mostra in maniera semplice cosa è successo.

Nel frattempo il gruppo nato sul social network Facebook (cui appartengono – fra i più attivi – i tifosi della Torres che hanno esposto domenica lo striscione a fianco nella foto) cresce ogni giorno con un numero sempre più alto di adesioni (siamo attorno ai duemila iscritti adesso), e sono state già adottate alcune iniziative. Si è iniziato col chiedere la rimozione del commissario straordinario dell’ARPA Sardegna, e alcuni degli iscritti al gruppo stasera si raduneranno alle 17:30 in Piazza d’Italia per far capire ai politici che vogliono risposte chiare e interventi rapidi: la pulizia sulla superficie delle spiagge è sì in fase di completamento (ma resta la preoccupazione per il grossolano errore dell’aver lasciato in spiaggia per troppi giorni i bustoni, parte dei quali è stata inghiottita e riportata in mare dalle onde), ma ancora non si hanno notizie su eventuali analisi chimiche delle acque e della sabbia delle zone del litorale interessate dallo sversamento del petrolio.Proprio queste analisi getteranno una luce più precisa sull’entità del danno ambientale e daranno un quadro completo anche su che tipo di intervento di bonifica sia necessario fare. Non c’è da perdere tempo. Oggi chi scrive questo articolo ha parlato con una persona che lavora in Comune (la persona che ha raccontato della improvvisa indisposizione di Cappellacci), e gli ha chiesto se sapesse qualcosa di queste analisi, se fossero state già fatte o almeno fossero in programma a breve: la risposta è stata una risata, non di scherno alla domanda ma alla gestione della cosa. Siamo in buone mani? Ce lo dimostrino.”
Oggi martedì 25 gennaio, su Rai3 Scienza, c’è stata una segnalazione da FB, tale e quale a quella che vi ho riportato e segnalatami da Franca Cherveddu. Potete ascoltare Elisabetta Tola che intervista Luigi Alcaro, ricercatoredell’Ispra, e dà valore e informazioni pubbliche su quanto avvenuto a Porto Torres, tanto che domani 26 gennaio ne riferirà alla Camera l’onorevole Prestigiacomo: cliccate quì per la diretta.

Per concludere con una frase di Giancarlo Fusco, dal libro appena citato all’inizio, ” Il duce e le donne fasciste: Sappiate che se un giorno capitasse in Italia quello che adesso succede in Francia, vale a dire che il numero delle bare supera quello delle culle, ebbene, prenderei misure definitive. Draconiane.” Per la cronaca, “Giancarlo Fusco, morì nel 1984 al policlinico A.Gemelli di Roma, dopo un’operazione al cervello invaso da un tumore che da mesi lo faceva soffrire. Stava per essere sepolto in una fossa comune, senza esequie, ma gli amici più cari riuscirono a organizzargli il funerale nella “Chiesa degli artisti” a Piazza del Popolo.” Il libro ancora non è all’indice e neanche censurato come si ventila in un certo nord: l’ho avuto in prestito dalla Biblioteca Comunale di Capranica, a gratis. E’ un servizio pubblico e anche un diritto: leggere è un piacere.
Sos Buffones: Dicono che è un canto di protesta contro la politica italiana, che non tutela per niente i pastori sardi. Fatevelo tradurre, dai pastori.
Doriana Goracci


Le Memorie della Musica
Ombre fuggite dai monti lontanissimi delle madri ove state quiete in albe fantastiche
Voi veniste a me nella notte perché lo spavento levasse a me un urlo contro il dolore del mondo.
Quando entravo coi piedi nel fiume voi svanivate nell’alba restava il canto disperato.
Danzano, le memorie danzano
E suonano, i ricordi suonano
E cantano vecchie ninnie…vecchie madri cantano…
“Deus meu, Deus meu,
Non bides cantas lacrimas in musica
Deus meu, Deus meu, Deus meu. ”
Cantano, i ragazzi cantano
E ballano ad occhi chiusi…
Disperati ballano
Deus meu, Deus meu, Deus meu.
Nella musica la voce delle lacrime,
Nella musica la forza delle idee,
E’ una liturgia di dolore e di allegria
questa musica deus meu.
Perchè musica è la voce di ogni popolo
E raccoglie tutta la sua eredità
Chi la canterà chi la scrive non lo sa…
Ma nell’aria c’era già: Ninninninia…Deus meu.
Ma si s’amore non s’illumina de musica
E tando no est amore coro meu.
Non si cullano i bambini senza musica
Non si resta insieme senza una canzone
E’ una liturgia di dolore e d’allegria
Che ci tiene compagnia.
Sono eterne le memorie della musica
Perché in fondo le canzoni siamo noi,
anche se non vuoi le ritrovi prima o poi
proprio come Te Deus meu.
Ninninninia…Deus meu.
Cantano, i bambini cantano (dillos e anticos duru duru de allegria)
e danzano (a toccos de tamburos dilliriende)
le memorie danzano
e nascono nuove ninnie che le madri imparano
Deus meu, Deus meu, Deus meu.


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