Site icon archivio di politicamentecorretto.com

Una giornalista che non c’è più Laura Mambelli

Laura Mambelli: un nome poco conosciuto, mai sentito nelle notizie della cronaca rosa, tantomeno scandalistica, un viso famigliare per chi seguiva il Telegiornale di Rai 1. La malattia che devasta il nostro secolo, il cancro, l’ha portata via rapidamente e in chissà quale trasmissione e per sempre. In un’intervista che riporto integralmente alla fine, rilasciata a settembre del 2010, alla domanda: ” E quale notizia vorresti dare?” rispose «Cure trovate, vaccini scoperti, la liberazione dalle malattie e dalle sofferenze. Ma qui il giornalismo c’entra ben poco». Era nata il 22 gennaio del 1961, ed è morta nello stesso giorno, ironicamente preciso, come la conduzione del telegiornale: voce ferma, senza leggere e senza toni drammatici, anche se le notizie, raramente sono “felici”. L’ho riascoltata e rivista in un video, Laura Mambelli, inviata a Rosarno e ancora il 7 luglio alla manifestazione degli aquilani a Roma.

Non è forse la Laura Mambelli al meglio ma a me è parsa la più vera, fuori dallo studio televisivo.

Leggo che aveva seguito anche la vicenda del rapimento di Guliana Sgrena in Iraq, il terremoto a San Giuliano in Molise e l’alluvione del 2009 nel Messinese. Vale la pena ricordare che la sua professione era iniziata col 30 aprile 1992, collaborando dapprima a Paese Sera e successivamente per il Corriere della Sera. Nel 1994 entrò alla Rai, nella redazione del Tg1, e nel 2001, dopo alcuni anni di precariato, fu definitivamente impiegata come inviata e conduttrice, rimanendo al Tg1 fino alla sua prematura scomparsa. E’ una donna in meno nel mondo della comunicazione e morta a soli 50 anni, bella e credo proprio anche per quella sua passione di leggere oltre la notizia. Altro non so dire ma potete leggerlo in tanti altri siti , come RaiNews24. Allego una recente intervista che aveva rilasciato, in cui una volta tanto, ha raccontato di sè stessa, della sua professione, da donna. Come è stato detto in una nota dai suoi colleghi Carlo Verna, segretario dell’Usigrai, Stefano Campagna e Alessandra Mancuso, dell’esecutivo Usigrai e in forza al Tg1: ” una grande tristezza pervade tutti noi per la prematura scomparsa di Laura Mambelli, collega che ha interpretato l’impegno nel servizio pubblico raccontandoci con garbo e semplicità tanti fatti di cronaca. Un volto pulito, capace di esprimere candore anche ponendo domande impegnative non si riproporrà più ai telespettatori del Tg1.

Grazie Laura. Il viaggio continua per tutte e tutti noi e mi chiedo alle volte a che servono gli dei…

Doriana Goracci

Telegiornaliste anno VI N. 30 (247) del 20 settembre 2010

Laura Mambelli, una carriera al Tg1 di Giuseppe Bosso
Questa settimana Telegiornaliste incontra Laura Mambelli del Tg1.
Come sei arrivata al Tg1?
«Era il ’94. Il mio giornale – ultimo tentativo di rifondare il vecchio e glorioso Paese sera – aveva chiuso, ero appena diventata professionista ed ero già disoccupata. Cominciai con le collaborazioni esterne: l’agenzia Dire, settimanali, ma soprattutto Il Corriere della Sera, dove mi aveva aiutata ad entrare Bruno Tucci, oggi presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, al quale mi rivolsi come membro del cdr del Corriere. Senza conoscermi e senza alcuna segnalazione, ma solo con un pezzo di prova, mi offrì l’opportunità di scrivere per due anni per il più grande quotidiano italiano. Ad agosto, il Tg1 mi chiamò per una sostituzione di un mese. Pausa di un anno, poi quando non ci pensavo più mi richiamarono, e poi ancora e ancora con pause continue fino a otto snervanti anni di contratti a termine. Alla fine, nel 2001, grazie alle liste dei precari dell’Usigrai, venni finalmente assunta».

Per te è stato un punto di arrivo o di ripartenza?
«Un punto di arrivo, ma è chiaro che in questo mestiere bisogna vivere di ripartenze altrimenti è finita».

Ti senti più inviata o anchorwoman?
«La prima volta che mi sono seduta sulla sedia della conduttrice ero emozionata, ma una volta finita la conduzione ho pensato “sì, bello, ma che ho fatto? Tutto qui?”. Insomma, il mestiere del giornalista non è quello del conduttore. Il giornalista è il giornalista, che è un’altra cosa».

Come hai vissuto i recenti cambiamenti che hanno riguardato la tua testata?
«Cambiamenti? Ad ogni cambio di governo il Tg1 cambia, è così da sempre. Sta a noi che ci lavoriamo non cambiare, a volte ci riusciamo, a volte no».

In un tg importante come il vostro avverti più complicità o competizione con i tuoi colleghi?
«Competizione, ovvio. Ma se un collega fa una cosa buona la fa per il giornale per cui lavoro anch’io. Questo è un bene per tutti».

E con le donne, più solidarietà o più rivali?
«Noi donne sappiamo che le donne sono più brave».

Quale, tra le tante notizie che hai avuto modo di riportare, ti è rimasta più impressa?
«La cronaca nera mi fa sempre impressione; anche se è il mio lavoro da tanti anni, non mi abituo. Il ricordo incancellabile è quello dei bambini morti nella scuola di San Giuliano di Puglia. Succedeva sotto i miei occhi e non potevo crederci: i genitori seduti davanti alla scuola dove i vigili del fuoco scavavano, i loro figli forse morti, forse vivi».

E quale notizia vorresti dare?
«Cure trovate, vaccini scoperti, la liberazione dalle malattie e dalle sofferenze. Ma qui il giornalismo c’entra ben poco».

L’apprezzamento più bello e la critica più amara che hai ricevuto?
«I complimenti pubblici ricevuti per il mio lavoro da Michele Santoro nella conferenza stampa che segnava il suo ritorno in tv e l’inizio di Annozero, dove ho lavorato per due anni in distacco dal Tg1. Ma anche un fondo di Barbara Spinelli che, su La Stampa, scriveva in termini lusinghieri di un mio servizio e anche di me, mi ha riempito d’orgoglio. Le critiche più amare, ovvio, quelle sul benedetto Shuttle che in un tg della notte dissi essere ‘esploso’ e invece era stato solo lanciato. Vecchia storia ma continua a girare su YouTube in tutto il mondo. Approfitto di questo spazio per spiegare cosa accadde realmente: si trattò di un errore di traduzione dell’agenzia Apcom e di chi mi disse di leggerla. Non è che un conduttore possa fare in onda le verifiche o rifiutarsi di leggere le notizie che un superiore indica. Un’altra precisazione sulla smentita: parlai di “un’agenzia che purtroppo era sbagliata” e non di “una notizia purtroppo sbagliata”. Quel ‘purtroppo’ si riferiva al fatto di aver fornito al telespettatore un’informazione errata. Spero di aver chiarito la differenza».

Chiarito questo punto. Cosa pensi invece di Telegiornaliste?
«È un sito buffo, sembra che abbiate il mito dei giornalisti televisivi, e in particolare dei conduttori. Siamo persone comuni, e quando cominciamo ad andare in televisione dobbiamo essere capaci di tenere al guinzaglio la vanità, altrimenti cresce troppo e si mangia il resto. Però nel vostro sito ci sono bravi moderatori e quando qualcuno esagera, nell’uno o nell’altro senso, interviene a ristabilire l’equilibrio con molto garbo e rispetto».

Exit mobile version