Tempo fa un amico, plurilaureato, quasi novantenne, nel corso di una conversazione a 360 gradi sul pianeta (ovviamente nei limiti delle reciproche nostre modeste conoscenze acquisite in tanti anni di esperienza di vita ed in forma non certamente scientifica ma semplicemente discorsiva come si fa al bar) mi esprimeva forti dubbi sulla possibilità di un potenziale assetto, in chiave meramente esistenziale, di una futura normalità di vita per l’essere umano, anche se le condizioni ci sarebbero tutte per cambiare in meglio le cose.
A supporto di questa considerazione, abbiamo entrambi cercato delle possibili giustificazioni, ma non è emerso nulla di allettante per un potenziale rimedio: sembra infatti che il pianeta più non regga alle sollecitazioni anomale di un progresso che, anziché favorire la qualità della vita, fa di tutto per snaturarla, tanto da ipotizzare che, nel breve termine, si dovrà mettere in discussione ogni aspetto della stessa organizzazione sociale. Persino i principi basilari su cui essa si fonda, a partire dai principi religiosi di qualunque confessione per finire a tutti gli altri contesti correlati alla vita in senso stretto, al lavoro, all’economia, alla finanza, alla sanità, alla politica, ma anche alla stessa fisiologia dell’individuo, ormai incapace di autogestirsi in quanto l’eccessiva, seppur necessaria, “organizzazione sociale” più non gli consente di vivere sulla base dei bioritmi fisiologici impostici da madre-natura, sono diventati oggetto di troppe contraddizioni: il mondo ormai è diventato una polveriera ove non sembra più possibile trovare un accettabile equilibrio, un minimo di normale convivenza fra i popoli, un po’ di concordia sociale che permetta un minimo di riflessione. Al contrario, si finisce sempre con il “dialogare” attraverso le armi, tanto che l’intero pianeta ancor oggi presenta vulcani bellici in eruzione un po’ ovunque. Oggi è difficile, se non addirittura impossibile, usare la parola “pace”.
Ci sono le guerre di religione in chiave moderna, le guerre fra regimi, le guerre economiche, le guerre mediatiche, per non parlare delle guerre politiche (perché di guerre si tratta e non di confronto) anche all’interno dei singoli stati che, anziché badare agli interessi dei singoli cittadini attraverso soggetti che dovrebbero avere il dovere di governare, finiscono per costruire solo nicchie protette per questi ultimi.
E’ di oggi la notizia che anche l’America versa in gravi condizioni economiche con pregiudizio per il suo pregresso ruolo di superpotenza economica, vediamo poi l’Europa a corto di fiato, con problemi fino al collo per garantire la sua stessa esistenza a pochi anni dalla sua nascita, c’è gente che sta letteralmente morendo di fame fatte salve quelle fasce che, dalla povertà altrui hanno tratto grandi benefici allargando la famosa forbice fra ricchi e poveri, notiamo che lo stesso pianeta si sta ribellando determinando calamità naturali a non finire, ed infine la sempre maggiore incomunicabilità fra etnie, ma anche fra uomini appartenenti allo stesso ceppo, tutto ciò non è forse abbastanza per far pensare che il mondo si sta inceppando, che i meccanismi che lo tengono in piedi si stanno giorno dopo giorno logorando al punto da poter ipotizzare un possibile corto circuito del sistema ? Che più non regge se non a colpi di cannone, di sopraffazioni spesso illegittime, di carneficine violente tanto da riportare l’essere umano ad emulare le leggi della foresta che, in certi casi, sembrano più “umane” della natura dell’uomo stesso ?
Questo è un quadro che sta investendo l’intero pianeta e che, purtroppo, non presenta un qualche rimedio se non a quello attraverso l’uso delle armi che, ogni santo giorno, seminano morte e miseria quando invece ci potrebbe essere vera vita, tranquillità, concordia anche fra le più diverse etnie. E’ chiaro che, di questo passo, gradualmente ma progressivamente, si va verso la distruzione totale del pianeta.
Si obietterà che guerre e miseria ci sono sempre state da quando mondo è mondo, tuttavia constatiamo che, malgrado l’attuale progresso, la maggiore cultura, l’evolversi della condizione umana, non si intravvede un obiettivo diverso rispetto a ciò a cui ogni giorno dobbiamo assistere in funzione della cosiddetta “organizzazione sociale” che, sotto sotto, ha come obiettivo il soddisfacimento degli interessi di questo o quest’altro potente.
Tanto per entrare nei problemi che ci riguardano più da vicino, cerchiamo di ritornare al nostro spazio che ci assegna il pianeta, ossia alla nostra piccola Italia che, al di là della sua politica stomachevole che certamente non merita, annovera le stesse preoccupanti anomalie dell’intero sistema mondiale, per fare alcune riflessioni.
Ormai, è agli occhi di tutti, che il paese è al completo sbando politico, essendo retto da personaggi che, fatte salve alcune seppur poche eccezioni, sembrano appartenere alla ex Legione straniera. C’è chi prende per i fondelli addirittura la prima carica dello Stato, segno evidente che il clima sta diventando pericoloso per la stessa democrazia. Questa vergognosa realtà oggi fa acqua da tutte le parti….prescindendo dalle copiose calamità idro-geologiche che l’hanno investita negli ultimi tempi. Infatti, oggi non c’è più niente che possa definirsi positivo. Il sistema industriale è alle corde: non si vende più niente in quanto il mercato è saturo, ma si cerca di vendere lo stesso inventando stratagemmi che alla fin fine finiscono per drogare i mercati: è infatti perfettamente inutile, come amo dire spesso per farmi capire, gettare acqua in un catino che è già pieno…
E’ necessario prendere coscienza di questa realtà convertendo le produzioni ed anche, e questo sarebbe proprio il caso, rivalutare l’agricoltura evitando di spingere ulteriormente sui processi industriali che hanno scarsi ritorni. L’Italia è nata come paese agricolo che, a fine guerra, ha imboccato giustamente e con successo la strada dell’industria trascurando però il mondo agricolo che è sempre stato la base portante dell’economia. Ed ora i nodi sono venuti al pettine. E’ necessario rivalutare questo comparto che ha forti potenzialità anche per l’occupazione, evitando di insistere su ciò che ormai non ha un ritorno ragionevole in termini economici. Ci sono aree agricole in Italia che, da sole, una volta coltivate attraverso moderne e rinnovate strutture, potrebbero eliminare la disoccupazione che oggi è diventata una patologia non più sopportabile, che sfocerà – spero di no – in un forte conflitto civile. E questo discorso si potrebbe traslare pari pari all’intero pianeta, anziché “esportare” finta democrazia… così si creerebbero le condizioni per sfamare il mondo !
Si dia una mano ai paesi poveri fornendo loro strutture, macchine, acqua per coltivare le grandi estensioni incolte, in modo che, anche loro, un po’ per volta, diventino autosufficienti scoraggiando così migliaia di sbarchi di immigrati-emigrati. Con le risorse spese sin qui per gli armamenti sarebbe stato possibile rimediare alla fame nel mondo !
D’accordo, si deve tener conto della globalizzazione che impone diverse regole, ma perché per il momento non lasciamo a Cina, Brasile, India ed altri, in via di forte attuale sviluppo, il compito di colmare certi tasselli economici che potrebbero distribuire ricchezza ai paese poveri, dando loro da mangiare, fatto che è la principale causa delle turbolenze mondiali ? Ovviamente si tratta di stabilire delle regole mondiali che non abbiano a penalizzare chi si trova già in un clima economico diverso.
Tornando all’Italia, finendo questa specie di conversazione, io sono assolutamente convinto che non ci sarà alcuna via d’uscita per il Belpaese nel breve termine in quanto chi ci governa, non solo non è all’altezza, ma è solo malato di protagonismo, di potere, di interessi personali per fuggire ai tribunali.
L’unica via di scampo sarebbe una nuova costituente fra persone per bene, lasciando fuori pertanto la stramaggioranza dei politici che, fin qui, hanno dimostrato di saper fare solo i loro sporchi e vergognosi interessi.
La misura ormai è colma. Stiamo attenti perché, – evento da non sottovalutare – potrebbe esserci un improvviso inceppamento del sistema, realtà che potrebbe dar vita a situazioni imponderabili per poi dire:
“Chi avrebbe mai pensato che sarebbe successo così ?…”
Arnaldo De Porti