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OLTRE LE RIVENDICAZIONI CONTRATTUALI, PER COSTRUIRE LA POLITICA INDUSTRIALE

Un Ministro del Lavoro che possa definirsi serio, avrebbe convocato la Fiat, i sindacati, Confindustria, già un paio di anni fa, quando la crisi economica diventava pesante e le sirene del trasferimento di una parte della produzione fuori dai confini italiani si facevano sempre più pressanti (perché un Ministro del Lavoro serio lo sa prima degli altri se la più grande azienda italiana sta pensando di portare all’estero qualche settore aziendale).

Questo Ministro avrebbe dovuto mettere tutti in una stanza, chiudere la porta e mettersi la chiave in tasca, con la promessa di riaprire la porta solo quando tutti, proprio tutti, avessero trovato un accordo per superare insieme la crisi. Sarebbe stato utile, in un momento di emergenza, che tutte le parti avessero la consapevolezza delle rispettive responsabilità e che insieme avessero deciso strategie aziendali e futuro complessivo dell’azienda. Egli, il ministro del Lavoro serio, avrebbe dovuto fare da garante di quell’accordo a aiutare le parti a venirsi incontro.

Invece il ministro della Disoccupazione Sacconi, che evidentemente non è un ministro serio, ha permesso che l’amministratore delegato della Fiat, Marchionne, facesse il bello e il brutto tempo, che i diritti dei lavoratori divenissero carne da macello e merce di scambio. Oggi siamo probabilmente ad un punto di non ritorno. Marchionne ha pensato bene di dividere i lavoratori senza dare alcuna garanzia di mantenimento degli stabilimenti in Italia.

Il numero uno della Fiat, del resto, ha più volte ammesso, anche nella famosa intervista rilasciata a Fabio Fazio qualche settimana fa, che se la Fiat fosse stata già interamente trasferita in un altro paese avrebbe guadagnato molto di più. Inoltre, approfittando della volontaria assenza del governo, sta riuscendo in quello che è un vecchio pallino di Sacconi e dell’intera destra al governo: distruggere la contrattazione collettiva dando così l’ennesimo schiaffo ai lavoratori. Per questo mi chiedo, in mancanza di garanzie, a chi toccherà dopo Termini Imerese. A Melfi che da oltre dieci anni produce solo la Punto? A Cassino? Oppure alla stessa Mirafiori se dovesse prevalere il no all’accordo? E come si fa a vincere la sfida del mercato globale in mancanza di nuovi modelli e di idee vincenti? Purtroppo Marchionne, dimenticando tutti gli aiuti avuti dallo stato negli ultimi decenni, continuerà incontrastato a fare il bello e il cattivo tempo. Solo un governo forte, autorevole ed equilibrato potrebbe intervenire ma questo esecutivo, che ha già messo in mutande l’Italia, non farà nulla per impedire che un patrimonio del made in Italy venga azzerato per meri interessi di bottega.

I diritti dei lavoratori non si toccano, ma il sindacato deve tornare ad essere elemento centrale del sistema produttivo: non solo rivendicazioni contrattuali, quelle fanno parte della sua mission, ma anche garanzia dell’intero sistema paese per uno sviluppo equilibrato tale da reggere il confronto con gli altri paesi industrializzati e con quelli a forte espansione.

Marchionne ha per ora (perché speriamo che qualcuno lo convinca a recedere da questa sciocchezza) ottenuto anche un altro risultato: la Fiom potrebbe non essere rappresentata in fabbrica se non dovesse firmare l’accordo. Per questo motivo i rapporti tra Cgil e la sua confederata sono ai minimi storici. Io innanzi tutto mi auguro che la posizione del principale sindacato italiano possa essere unitaria e che la riunione dei prossimi giorni possa essere un momento di confronto positivo. Susanna Camusso e Maurizio Landini sono due persone serie e sono certo che nell’interesse dei lavoratori riusciranno a esprimere una sintesi che pure, lo comprendo, sarà difficile perché la situazione è a un passo dallo sfuggire di mano definitivamente.

Per finire, non posso fare a meno di notare che nell’assenza del Governo e del Ministro Sacconi, è stato il Presidente della Repubblica a trovare, ancora una volta, le parole adatte per invitare alla ripresa del dialogo e a chiedere alle parti di adoperarsi perché un numero importante di lavoratori non si ritrovi senza rappresentanza sindacale per una scellerata scelta unilaterale. Ma a Napolitano, che è intervenuto sulla questione Fiat pochi giorni dopo aver ricevuto gli studenti in lotta, non possiamo continuare a chiedere di svolgere il ruolo di sponda con la società civile solo per evitare che, nella totale assenza del governo, il conflitto sociale si radicalizzi ulteriormente e la tensione sociale vada fuori controllo. È sicuro che la destra non voglia proprio questo?

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