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Dichiarazione del Presidente del Consiglio, on. Silvio Berlusconi. “Ho appreso con dolore la notizia dell’uccisione del nostro militare in Afghanistan

Tutto il governo è vicino alla sua famiglia a cui cercheremo di offrire il massimo sostegno possibile.

Ribadiamo la nostra gratitudine a tutti i nostri ragazzi che consentono al nostro Paese di operare per la pace, non solo in Afghanistan, ma in molte altre parti del mondo”.

INVOCARE LA RITIRATA E' UN'OFFESA AI SOLDATI

di Livio Caputo

La nostra presenza in Afghanistan

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La guerra in Afghanistan: riflessioni

Una nostra affezionata lettrice ci ha scritto alcune settimane fa:
[… ] Anche la partecipazione dell’Italia ai focolai di guerra-guerriglia intrattenuti dagli Americani mi pone problema, questi giovani alpini morti in Afghanistan sono una grande pena. Rappresentano, per me, delle morti ingiustificabili.

Ma come si fa a non capire che la democrazia non può essere portata, in Paesi che, da secoli, hanno tradizioni e costumi molto diversi dai nostri, con le bombe e i carri armati. La democrazia è un esigenza che deve venire dal basso, reclamata e conquistata a furor di popolo, solo cosí può generare benessere morale e stabilità. Se i fabbricanti d’armi costituiscono una colonna portante dell’economia americana questo è un problema degli Americani, noi possiamo solo aiutarli a cercare i modi e le maniere per diversificare la loro produzione, come s’è fatto con l’oppio, con la cocaina e addirittura con la carne in America Latina, ma non possiamo continuare a seguirli nelle loro guerre sull’intero pianeta.

Ma come si fa a non capire che il terrorismo non si vince con le guerre di aggressione che, invece, lo inaspriscono creando correnti di odio inarrestabili. Il terrorismo si vince con altri mezzi: dialogo, diplomazia, cooperazione e dei servizi segreti di alto livello, campi nei quali l’Italia, quando ci si mette, è bravissima.

Mi rendo perfettamente conto che non dobbiamo avere le mani libere come sarebbe giusto che fosse ma bisognerebbe, comunque, riflettere a come poterci sganciare da questo tipo di politiche estere e cercare di inventarne altre più consone alla nostra cultura, alla nostra civiltà, alla nostra posizione geografica, proporle e difenderle con forza e determinazione in seno all’Europa, alle organizzazioni internazionali ad hoc, alla cosiddetta “comunità internazionale”. Facciamoci protagonisti, promotori di pace e di fratellanza tra i popoli della Terra, la qual cosa ci corrisponde perfettamente. […]

Ecco alcune nostre riflessioni in merito.

Quando la nostra lettrice afferma che la democrazia deve venire dal basso e non si può esportare coi carri armati, beh non è proprio così.
L'Europa occidentale si è liberata dal nazifascismo grazie ai carri armati e alle bombe americane, che anche allora hanno fatto molti morti fra la popolazione civile. Se però gli americani avessero lasciato soli i popoli europei nella lotta di liberazione contro il nazifascismo, questa non sarebbe mai avvenuta, inutile illudersi. Prova ne sia che l'Europa orientale, dove gli americani non sono intervenuti militarmente in seguito all'invasione sovietica e all'instaurazione di dittature comuniste nel '46, né sono intervenuti in appoggio ai rivoltosi di Praga e Budapest, è rimasta soggiogata a quel regime assassino per più di 40 anni, liberandosi dal comunismo solo a seguito della sua implosione, non a seguito di un desiderio di libertà, desiderio che albergava nei cuori di quei popoli da 40 anni ma venive stroncato sistematicamente col terrore.

Per quanto riguarda poi la voglia di democrazia in Afghanistan (e parimenti in Iraq) dovrebbe far riflettere il fatto che, pur sotto i colpi di mortaio dei talebani e dei terroristi, la maggioranza della popolazione si è recata eroicamente a votare diverse volte. Non è questa una prova del desiderio di democrazia di quelle genti? E sarebbe questo possibile in assenza degli eserciti alleati a tutela del territorio?

Quanto ai modi in cui la guerra è stata condotta, è perfettametne legittimo porsi dei dubbi ed avanzare critiche. Tuttavia, credere che strutture para-militari come quelle che spadroneggiano in Afghanistan e in Iraq possano cedere le armi e consentire a quei popoli di vivere liberamente soltanto grazie ai nostri sforzi diplomatici e senza la minaccia delle nostre armi è puramente utopistico. Vedasi il caso iraniano, dove un decennio di diplomazia, di trattative e di politica dell'appeasement non hanno avuto altro effetto che quello di rafforzare e di blindare il programma nucleare iraniano oltreché di consolidare il regime sanguinario e nazista di Ajmadinejad.

C'è poi la questione dei servizi segreti. Per combattere il terrorismo i servizi segreti sono un'arma altrettanto importante degli eserciti ed anche di più. Tuttavia su un punto dobbiamo essere chiari. I servizi segreti possono operare efficacemente solo a condizione di avere carta bianca. Traduzione: gli 007 devono avere licenza di uccidere, di rapire, di compiere tutti quegli atti connaturati alla funzione stessa dei servizi. Se invece gli 007 non hanno neppure la licenza di catturare, impacchettare e rendere inoffensivo il capo di una cellula terroristica impedendogli di nuocere e constringendolo a “cantare”, ma al contrario quegli 007 vengono addirittura processati e il terrorista rilasciato, se quindi il sistema giudiziario pretende di sindacare la legittimità di tali atti, privando i servizi degli strumenti fondamentali per combattere e neutralizzare il terrorismo e l'eversione, allora tutto è inutile. E' quindi contraddittorio parlare di servizi segreti se poi non li si mette in condizione di operare come essi, da sempre e sotto qualsiasi latitudine, hanno il diritto e il dovere di operare.

Quanto al dialogo come strumento di diffusione di una cultura di pace, esso è certamente uno strumento decisivo per far sì che le popolazioni in guerra simpatizzino con “noi” anziché con i loro carnefici. A questo proposito, però, non dimentichiamo che i primi autentici “messaggeri di pace” sono proprio i nostri soldati, che quotidianamente entrano nelle case della gente comune, portando loro cibo, assistenza, compassione, simpatia e umanità. Ed in questo nobile compito sono proprio i soldati italiani a dar lezione al mondo intero. Che americani ed altri alleati imparino da noi cosa significa essere messaggeri di pace: di sicuro la nostra battaglia per portare fiducia, speranza e quindi democrazia a popoli altrimenti succubi delle peggiori tirannidi, ne uscirà rafforzata e vincente.

Un ultima riflessione, il mondo occidentale, al quale noi apparteniamo, é sotto assedio. Tutte le altre zone geopolitiche tentano, ognuna con i mezzi che conosce meglio, di rimpiazzarci ai vertici del potere mondiale ed imporre la loro visione delle cose. Ciò e comprensibile ed é sempre successo e noi siamo il risultato delle vittorie dei nostri antenati sugli “altri”. I cinesi, che sanno lavorare, prima ci vendono la loro paccottiglia e poi ci comprano l'anima con patti faustiani. I popoli musulmani, che hanno minori capacità lavorative, né tantomeno sanno fare la guerra a viso aperto, tentano di levarci di mezzo con la forza demografica e le bombe ai lati delle strade a casa loro, ed anche a casa nostra se lasciati in pace da loro. I nostri alpini sono la prima linea difensiva della nostra civiltà contro i più violenti e determinati tra i musulmani. Non tanto per convertirli alla democrazia od al bene universale, ma semplicemente per evitare che le bombe ai lati delle strade siano messe non solo in Afghanistan, ma anche a Milano.

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