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Fini e il sì alla riforma Gelmini, tattica politica sulla pelle dell’Università 

Così la riforma Gelmini regala i beni demaniali dello Stato
La conoscenza nel mirino del potereLa dichiarazione di Fini sul voto favorevole alla legge Gelmini ha qualcosa di cinico. Sostenere che la legge è, di fatto, l’unica cosa buona fatta dalla maggioranza ha, se lo ha, solo significato strumentale.
Non corrisponde a verità più di quanto sia vera l’affermazione del mentitore abituale che occupa palazzo Chigi: la lotta di chi sale sui tetti è a favore dei baroni. In realtà è proprio la legge Gelmini che attribuisce ai baroni il potere assoluto sui concorsi.

Serve a dilazionare la resa dei conti fino al voto di fiducia del 14, se resa dei conti sarà. Ma perché allungare il brodo e non votare subito contro la legge?
Per far vedere che il gruppo di Futuro e Libertà è a suo modo componente affidabile della maggioranza, pronto a varare provvedimenti approvati insieme, nel momento stesso in cui si prepara a seppellirla.

Le pessima legge sull’università diventa quindi triviale materia di contrattazione provvisoria per stabilire gli equilibri temporanei nella maggioranza. Il destino sia degli studenti, che aspirano alla formazione e alla ricerca, sia dei docenti, che contribuiscono a garantirle in condizioni sempre più difficili, non conta nulla di fronte alla tattica di qualche giorno: attribuire all’alleato ormai avversario la responsabilità della crisi.

Non sappiamo ancora come andrà a finire questa storia, che oscilla fra il dramma e la farsaccia di infima categoria, ma è certo che il futuro governo di centrosinistra avrà una materia in più cui applicare, finalmente, un serio riformismo.

Pancho Pardi

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