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MALATI DI MINIMA COSCIENZA, POLVERINI DI MASSIMA INCOSCIENZA

di Stefano Pedica

Il diritto alla salute, da assoluto, è diventato relativo, a causa di tagli indiscriminati alla sanità che, tanto per cambiare, si abbattono sui più deboli. Secondo il Presidente del Lazio, Renata Polverini, la sanità della regione avrebbe dovuto essere risanata tagliando gli sprechi e non gli ospedali, ma la realtà dei fatti è molto diversa: 3.068 posti letti in meno, ridimensionamento dell’assistenza, stop ai finanziamenti alla cliniche private che, a costo zero per il malato, sostituivano gli ospedali quando questi non avevano capacità di allettamento nel percorsi di lunga degenza.
I tagli della Polvernini hanno ricadute su persone reali, con nome e cognome, con una storia clinica che necessita intervento.
Ci hanno segnalato un caso che, per drammaticità e urgenza, necessitava un nostro intervento: 9 pazienti in stato di minima coscienza stanno rischiando di essere abbandonati senza cure dalla sanità del Lazio.
Per conoscerli mi sono recato alla casa di Cura S.Giuseppe, dove il reparto di riabilitazione cod.75 (ex Rai), che al momento ospita i 9 pazienti sta chiudendo.
I pazienti in questione rappresentano una delicata e particolare tipologia clinico-assistenziale in quanto alcuni versano in condizioni di stato vegetativo e di minima coscienza, altri hanno bisogno di un percorso riabilitativo adeguato e continuativo post traumatico. Queste nove persone sono state salvate dalla morte e rianimate dal coma, ma, poiché non ci sono risorse per fornirgli fisioterapia e riabilitazione, non possono essere restituiti alla vita normale, non può essere ridata loro la parola, la capacità di movimento, l’autonomia.
In data 13 ottobre 2009, il Decreto del Presidente Polverini, in qualità di Commissario ad acta, ha disposto la cessazione del reparto di Neuro Riabilitazione di alta specialità cod. 75 (exRAI) entro il 31 marzo 2010, senza però prevedere alcun piano di trasferimento dei pazienti.
Una serie di proroghe ha permesso alla Regione Lazio di rimandare il momento fatale dell’abbandono o del difficile spostamento in altre strutture, ma l'ultima è scaduta il 30 settembre scorso, e adesso questi pazienti “fantasma” non hanno un posto assegnato.
La Regione ha paventato di mandarli in strutture che non hanno adeguati standard o addirittura di trasferirli a Velletri, cosa che renderebbe di fatto impossibile per i familiari poterli assistere.
Lo scorso primo ottobre la Casa di Cura ha diffidato la Regione Lazio per la sua perdurante inerzia e ha comunicato l'intenzione di interrompere il servizio per mancanza dei necessari titoli autorizzativi.
I familiari sono mesi che chiedono un incontro con la Regione, perché, senza assistenza, i loro malati stanno regredendo e vanificando tutto il lavoro di riabilitazione fatto negli anni, ma la Polverini non ha dato alcuna risposta. Eppure queste persone stanno soltanto cercando di tutelare il diritto alla dignità e alla continuità riabilitativa di queste persone speciali, per mantenere la promessa di vita che la nostra società ha fatto loro permettendo l'utilizzo di avanzatissime tecniche di rianimazione.
A causa dei tagli indiscriminati, senza attenzione alle tipologie di malati e alle loro necessità, i più deboli rimangono schiacciati nel meccanismo finanziario.
Per questo ho voluto incontrare i malati ed i loro familiari e denunciare alla stampa la grave situazione che sono costretti a vivere, per dare un volto a coloro che in questa logica sono solo “9 posti letto in meno”.
Dopo la mia visita in clinica, grazie alla tenacia dei familiari, e alla denuncia del Corriere della Sera, il Sub Commissario alla Regione Mario Morlacco, ha promesso una proroga dell’assistenza al San Giuseppe fino a gennaio 2011, nonché, dopo la conversione del reparto cod. 75 in RSA R1 (con una assistenza insufficiente cioè per questo tipo di malati), di dare, fuori regime, dell’assistenza aggiuntiva.
Tuttavia queste promesse devono diventare decreti scritti, e a firmarli dovrà essere il Presidente della Regione Polverini. Per questo continueremo a vigilare, a dare un nome e un volto a questi malati, a pretendere che a loro e ai loro familiari sia assicurato un futuro. La sanità non è fatta di numeri, ma di persone. E come Italia dei valori ci batteremo perché queste persone abbiano riconosciuto il diritto alla salute sancito dalla nostra bella Costituzione.

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