INVITO A MASSAFRA, LA CAPPADOCIA ITALIANA

Massafra: la Cappadocia italiana. Lo dice lo studioso friulano Pino Fazio che alla fine di ottobre, insieme ad altri circa 40 studiosi italiani e stranieri, ha partecipato al Convengo internazionale di studio “L'Habitat rupestre nell'Area Mediterranea”, organizzato dall'Archeogruppo “E. Jacovelli” in collaborazione con l'Università degli Studi di Firenze Facoltà di Architettura, Convengo che ha rappresentato solo l’avvio del progetto risultato vincitore dalla Commissione Europea nell’ambito del “Programma Cultura 2010-13” che culminerà entro due anni con la realizzazione di un centro di documentazione internazionale sugli habitat rupestri. Diversi degli studiosi che vi hanno partecipato stanno inviano i loro commenti, le loro impressioni con grande soddisfazione, tra l’altro, e principalmente vorremmo dire, di Antonio Caprara (Presidente dell’Archeogruppo), dell’avv. Giulio Mastrangelo (Ispettore onorario Soprintendenza Archeologica), del prof. Domenico Caragnano (Direttore Museo del Territorio – Palagianello) e di Umberto Ricci (fa parte dell’Archeogruppo), i cui flash fotografici stanno facendo il giro del mondo.
Lo studioso Pino Fazio, che in occasione del Convegno è stato a Massafra e a Palagiano, ha fra l’altro scritto un articolo per il “Bollettino della Società Archeologica Friulana” (sarà pubblicato prossimamente) che (come c’informano l’archeologo Franco dell’Aquila e l’avv. Giulio Mastrangelo), è un vero e proprio “inno” alla nostra terra, un invito a visitare Massafra da parte di chi non è qui residente. Lo studioso non scrive perchè ha qualcosa da difendere. Quello che scrive, è quello che pensa veramente.
Questo il titolo: “Non solo trulli (ovvero: perché non andare in Puglia la prossima estate? e questo il contenuto: “Chi è già stato in Cappadocia sa di cosa trattiamo quando parliamo di habitat rupestre, chi non c’è stato può andarci con calma e programmare qualche giorno di vacanza dalle parti di Massafra a due passi da Taranto. Non è lontana, è più o meno all’altezza di Salerno e ci si arriva in giornata da Udine con l’autostrada Adriatica che, dopo Ancona e Pescara, è velocissima, rilassante e poco trafficata. Vi piace la collina coltivata a ulivi? A Massafra c’è. Vi piace la pianura coltivata ad agrumi e a grappoloni perfetti di uva da tavola? A Massafra c’è. Vi piacciono il mare e la spiaggia? A Massafra c’è. V’interessa una località in cui ci sono stati prima di voi – ed hanno lasciato inalterate tracce del loro passaggio – i Greci, i Romani, i Longobardi, i Normanni, gli Svevi, gli Angioini e – dal lontano Oriente – i Basiliani che abitarono nelle caratteristiche grotte locali trasformandole poi in case e chiese (c’è passato anche Pasolini che ci ha girato parte del Vangelo secondo Matteo; non c’entra ma mi piace ricordarlo)? Già parliamo proprio delle chiese rupestri della Puglia, quanti le conoscono? Eppure ne sono state censite almeno 600 (seicento) scavate nella locale e tenera roccia calcarenitica (che poi è come dire, ma è improprio, roccia tufacea). Andare a visitarle – e a cercarle per le campagne – è un modo assolutamente piacevole per conoscere alcuni degli angoli più belli della Regione. Scoprirete lo stimolo dimenticato di raggiungere le chiesette passeggiando e, talvolta, arrampicandovi per i sentieri tracciati nel tufo fra scalette e nicchie, fra piante di capperi, di timo, di salvia, di menta selvatica con i falchetti che si librano nell’aria sopra di voi in un silenzio senza tempo. Si tratta di cripte rupestri, piccoli monasteri e asceteri databili nella loro massima diffusione fra il IX e il XII secolo cioè durante il periodo d’influenza bizantina quando una generale instabilità politica e una diffusa minaccia d’invasioni portarono alla fuga dalle città verso il retroterra, là dove le naturali cavità della roccia offrivano un riparo, per l’epoca, comodo , adattabile alle diverse esigenza di uomini ed animali, stabile come temperatura e facilmente difendibile. La conformazione geologica della zona, infatti aveva già allora determinato diffusi fenomeni carsici e abbondanza di spaccature simili a canyon: le lame e le gravine. I corsi d’acqua che le hanno originate hanno infatti modellato la superficie per erosione normale dovuta ad agenti meteorici e per erosione carsica nei tratti di roccia di natura calcarea. Mentre le gravine sono solchi di erosione stretta e profonda, con pareti assai ripide e con sezione trasversale a “V”, le lame sono invece incisioni poco profonde con decorso in parte regolare e sezione trasversale a “U” molto aperta e quindi anche più adatte a essere sfruttate per le esigenze dell’agricoltura. Il roccioso habitat quindi, già di per sé ricco di cavità naturali, venne adeguato al normale svolgimento delle attività quotidiane delle comunità che si sono susseguite nel tempo, sia per quanto attiene al lavoro che alla pratica religiosa. Ed infatti le chiesette rupestri, con il loro meraviglioso corredo di affreschi in stile bizantino, vengono ad essere il frutto di una religiosità che tramite la chiarezza del messaggio visivo, che si riteneva trasmessa direttamente da Dio, esercitava la propria catechesi . Si tratta quindi di un patrimonio che è preziosa e fragile memoria – ci riferiamo all’esigenza di una manutenzione continua, costosa e talvolta di dubbi risultati – di quel tempo e di quella civiltà e che per la loro natura di testimonianze archeologiche sono indissolubilmente legate al paesaggio e possono essere conosciute solo attraverso un’immersione totale nell’habitat naturale e antropico che le ha prodotte. Due per tutte: il villaggio rupestre della gravina di “Madonna della scala” a Massafra appunto e, a pochi chilometri, il borgo medioevale di Palagianello affacciato sul ciglio, immerso in uno splendido bosco di pino d’Aleppo, di un profondissima gravina con il villaggio rupestre che si stende lungo la gravina stessa con numerose cripte a cominciare dalla chiesa rupestre della Madonna delle Grazie continuando poi con san Gerolamo e con l’impossibile sant’Andrea (ormai inaccessibile in cima ad un cocuzzolo a strapiombo sul nulla dato che la cava vicina ha tagliato attorno ad essa il tufo sulla quale è costruita) . Ma di tutto questo potrete meglio parlarne, se vi ho incuriosito, con l’amico e socio Franco dell’Aquila che delle gravine ne ha fatto un motivo di vita (chiedetegli di parlarvi della gravina Petruscio in quel di Mottola)I e – se andate a Palagianello – passate a trovare il direttore del locale Museo del Territorio, dott. Domenico Caragnano: volontario appassionato, persona squisita e che da esperto di arte medioevale mi ha affascinato quando – illustrando la pittura murale di una cripta visitata insieme e che per me era bizantina punto e basta – è riuscito a documentare da alcuni particolari che si trattava di un pittore serbo che aveva vissuto in territorio albanese e quindi espressione di una comunità di quei posti che erano arrivati fino in Puglia. Se poi dopo una giornata in technicolor passata per gravine volete andare a cena fuori non chiedete il menu completo, ma cominciate dagli antipasti (e lì vi fermerete perché dopo il ventiduesimo antipasto invocherete pietà!!!!). Firmato: Pino Fazio”.
Leggendo questo articolo è stato spontaneo, da parte nostra, pensare di farlo leggere a tutti, e non solo ai massafresi. Ringraziamo lo studioso per i suoi “pensieri” che potranno essere anche quelli si quanti verranno a visitare Massafra, “Tebaide d’Italia”. Nella foto di Umberto Ricci uno scorcio di una delle gravine massafresi.

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