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XXX Congresso Nazionale Forense di Genova:una grande occasione per costituire un’Avvocatura forte, unita, protagonista della vita politica sociale

Gentili Colleghe, Gentili Colleghi,

Oggi 25 novembre 2010 sacralizzerà l'inizio ufficiale del prossimo Congresso Nazionale Forense.

Uno straordinario appuntamento che l'Avvocatura dovrà cogliere per tornare libera, unita, non condizionabile e proporsi come soggetto politico, legittimato ad ottenere -finalmente- una netta e nitida interlocuzione con i poteri e le Istituzioni dello Stato ed essere protagonista della vita politica e sociale.

Il patrimonio di valori e di cultura dell'Avvocatura dovrà essere un fondamentale presupposto che consenta alla stessa una effettiva soggettività politica per confrontarsi con il Governo centrale sui problemi e gli atavici limiti strutturali del sistema Giustizia che rallentano, drammaticamente, lo sviluppo produttivo del Paese.

E in questo, la Categoria forense deve rivestire un ruolo centrale e deve costituire una rappresentanza politica che sappia, finalmente, essere autorevole ed influente tanto da essere riconosciuta adeguata porta d'ascolto per le Istituzioni.

È, quindi, primario interesse dell'Avvocatura tendere all'unitarietà e pretendere che una ritrovata credibilità sia direttamente proporzionale ad un ruolo da protagonista nell'amministrazione della Giustizia.

Deve cambiare l'acustica delle buone intenzioni, delle cure generiche, del “politichese”.

Costi sociali incalcolabili, sperpero di risorse, dati in crescita esponenziale delle statistiche sulle disfunzioni del sistema Giustizia tuonano la loro denuncia. L'effetto dura pochi giorni, poi ritorna il silenzio, rotto soltanto dai titoli dei processi da prima pagina di noti personaggi. Il Presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore Generale della Repubblica ad inizio anno forniscono dati allarmanti sui processi pendenti.

Al 30 giugno 2009 l'Italia vanta un arretrato composto da 5.625.057 processi civili, da 3.270.979 processi penali e da 630.000 processi amministrativi, per un totale di oltre 9 milioni e cinquecentomila processi pendenti! Secondo il rapporto annuale della Banca Mondiale Doing Business 2010 la lentezza dei processi è causa di congelamento degli scambi ed ingenera un automatico rallentamento dello sviluppo produttivo dell'Italia e di fuga degli investitori dal nostro mercato. Il nostro Paese si posiziona al 70° posto della classifica generale della produttività ed al 150° posto per quanto riguarda lo specifico parametro relativo all'efficienza della Giustizia.

Se si pensa che per ogni causa civile ci sono almeno due parti e che il processo penale ne coinvolge di più, ci troviamo nell'ordine di circa 25 milioni di cittadini che attendono “Giustizia”. Se ai processi in corso d'opera aggiungiamo i milioni di cittadini che hanno subìto delle ingiustizie o una giustizia giunta in forte ritardo, possiamo ben comprendere che realmente si tratta di una emergenza nazionale. Dal 1990 ad oggi abbiamo avuto 13 Ministri della Giustizia: Vassalli, Martelli, Conso, Biondi, Mancuso, Dini, Caianiello, Flick, Diliberto, Fassino, Castelli, Mastella, ora Alfano. Non abbiamo registrato provvedimenti tali da attenuare il disservizio della “Giustizia”.

Quindi non è una questione di “Destra” o “Sinistra”. Tutti –e sottolineo tutti– sono stati incapaci ed inadeguati a trovare soluzioni. È un dato oggettivo.

Ad ogni inaugurazione di Anno Giudiziario si ripetono stancamente gli stessi numeri con gli stessi problemi. Centinaia di parlamentari si sono succeduti nelle Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, dei quali molti Avvocati ed ex Magistrati, ma i provvedimenti legislativi volti a risolvere i problemi o sono rimasti nel cassetto o, spesso, hanno avuto un effetto contrario. Il degrado allarmante del servizio Giustizia oscura anche lo sforzo dei molti che svolgono con professionalità e rigore il proprio lavoro, mortificando ogni risultato per l'eccessivo ritardo della risposta giudiziaria.

Quando si affronta la politica per la Giustizia occorre valutare la capacità di pressione che hanno le singole componenti del sistema Giustizia. Mentre i Magistrati, le Istituzioni Giudiziarie, il Parlamento con le Commissioni Giustizia e Affari Costituzionali, gli Organismi Amministrativi, il Ministero della Giustizia, hanno un forte potere di tipo contrattuale, gli Avvocati, che ormai in Italia raggiungono il numero di 220.000, di cui solo a Roma oltre 22.500, hanno difficoltà a dare voce alle loro proposte, far pesare le loro iniziative. Il diritto-dovere degli Avvocati di intervenire e prospettare soluzioni deve essere sostenuto dalla forza dei numeri, da una partecipazione attiva e convinta. Bisogna prendere coscienza che nelle società democratiche, pluraliste, parlamentari non sono sufficienti le buone idee, la prospettazione di soluzioni intelligenti, è necessario avere la forza dei numeri per riequilibrare il peso specifico delle altre componenti per supportare la funzione decisionale. Purtroppo per gli Avvocati il numero non è forza.

Quando, insieme alle proposte, alle iniziative dei nostri organismi Istituzionali figurerà una consistente presenza unitaria e coesa di Avvocati, allora si potrà tentare di porre fine all'inarrestabile fallimento della Giustizia, cambierà l'acustica delle buone intenzioni, delle cure generiche e l'Avvocatura conterà per quello che vale e che può dare al buon governo dell'Amministrazione della Giustizia. Una semplice analisi con la metodica costi-benefici non può non evidenziare il divario profondo tra altissimi costi e minimi benefici. Ovviamente, va ricordato che il termine ‘costi’ comprende costi di tipo sociale quali il tempo, le energie dei singoli, gli adempimenti amministrativi, la delusione per i mancati risultati, la sfiducia nella risposta dello Stato e gli altri effetti negativi che sarebbe lungo elencare.

Gli Avvocati non sono assenti, vengono esclusi. Non siamo figli di un Dio minore; siamo parte integrante del sistema Giustizia.

Le vicende sull'indennizzo diretto, l'abolizione dei minimi tariffari, l'abolizione del divieto del patto quota lite, l’espulsione del ruolo dell’Avvocatura dalla media conciliazione nel ruolo di difensore del cittadino, il ridicolo tentativo di escludere l’incompatibilità tra l’iscrizione all’Albo Forense ed il rapporto di lavoro subordinato di natura privatistica è la conferma che la nostra Categoria è da troppo tempo vilipesa e non considerata dalla Politica!

Il nuovo appuntamento è la riforma delle professioni, annunciata come occasione storica per la modernizzazione del Paese. Sembra di capire che i privilegi degli Ordini professionali ostacolano la concorrenza nei servizi, impediscono che l'economia ed i consumatori in particolare beneficino dei vantaggi della concorrenza. Occorre togliere le barriere corporative che tutelano le rendite di posizione a scapito dell'economia. Non ci risulta di essere di ostacolo alla concorrenza e di godere di particolari privilegi.

È un privilegio non avere una legge professionale da oltre 77 anni?

Ci pare superfluo aggiungere alcunchè.

Per questo bisogna “abbattere gli steccati” le futili differenze, le inutili contrapposizioni ammettendo che –nonostante il lodevole impegno delle nostre Associazioni– la nostra forza non c’è. È un paradosso: siamo numerosi ma il nostro peso specifico è quasi pari a zero.

L'impegno prioritario è moltiplicare le forme di aggregazione per coinvolgere il maggior numero di Colleghi. Dobbiamo unire, riunire, non per omologare l'autonomia del singolo professionista nè le diversità ed individualità collettive che ogni Associazione legittimamente rappresenta, ma per accrescere il peso e la forza degli Avvocati nell'Amministrazione della Giustizia.

Cresce il numero dei processi, aumentano gli adempimenti amministrativi, le nuove incombenze per il rispetto della privacy, ma il numero dei Cancellieri e degli Ufficiali Giudiziari rimane sostanzialmente lo stesso (anzi, i prossimi esodi di massa, per ragioni pensionistiche, lo fa drammaticamente ridurre). Costoro, giunti ai limiti della sopportazione, protestano, adottano il cosiddetto sciopero bianco (applicano i regolamenti alla lettera), la farraginosa macchina procedurale rallenta ancora di più, gli Avvocati sono i primi a subirne i disagi.

Sono la categoria della Pubblica Amministrazione tra le più professionalizzate, svolgono un lavoro delicato di rilevanza pubblica paracostituzionale: sono anni che attendono una riforma, reclutamento di forze nuove.

Da più di 20 anni si parla di mobilità del personale della Pubblica Amministrazione. Non c'è stato un solo dipendente che sia stato distaccato presso le Cancellerie.

Chiediamo insieme il raddoppio dell'organico nell'arco di sei mesi, anche per contribuire alla risoluzione della piaga della disoccupazione degli alfabetizzati. I Magistrati ne trarrebbero sicuri vantaggi operativi.

(Ma questi ultimi lo vorrebbero davvero?)

L'obiettivo di una efficace politica giudiziaria deve essere uno solo: riorganizzare, ottimizzare ma, soprattutto, trovare risorse economiche da impiegare nel sistema Giustizia.

Per questo, insistiamo, occorre conferire dignità al ruolo dell'Avvocatura consentendo alle rappresentanze istituzionali della stessa -soprattutto agli Ordini locali- un ruolo da protagonisti nella ristrutturazione non più rinviabile della Giustizia in Italia.

Deve essere l'ora degli Avvocati.

Dopo i ripetuti fallimenti di coloro che si sono occupati di risolvere i problemi, e non ci sono riusciti, è venuto il tempo degli Avvocati che devono divenire gli attori del cambiamento unendo le loro forze, impiegando l'esperienza dei Colleghi esperti, valorizzando i giovani per incidere con decisione e rapidità.

È ora che nelle “stanze dei bottoni” e intorno ai “tavoli preparatori” nei Gabinetti dei Ministeri e nei Sottosegretariati, siedano valorosi Avvocati al posto di quei Magistrati che da anni legiferano “sulla pelle dell'Avvocatura”.

Infine, è ormai inderogabile realizzare la riforma dell'Ordinamento Professionale Forense -categoria che in Italia conta oltre 220.000 iscritti- ed i disegni di legge proposti dalla Commissione Giustizia del Senato devono poter concludere il loro iter parlamentare senza soffrire altri ritardi o, ancor peggio, emendamenti che ne stravolgano il contenuto (valga per tutti -come sopra già accennato- la delirante proposta con la quale si sarebbe voluto sopprimere l'incompatibilità del lavoro subordinato privato con l'esercizio della nostra professione!!!).

Gli Avvocati sono stanchi di velleitari personaggi che vivono per la lottizzazione della chiacchiera devastando il mondo della professione forense, perdendosi in piccole guerre da condominio ripetendo il gioco eterno del ritardo oscillando da una parte politica all’altra ed impantanando l’Avvocatura che ha bisogno di reazioni forti per far scattare la propria legittima rivalsa.

Ed allora, di questo ne siamo convinti, è il momento degli Ordini professionali, tanto dei “grandi” quanto dei “piccoli”, perchè quella è la forza dei numeri: gli Ordini Distrettuali sono quelli che vengono eletti dai Colleghi e che hanno il volto solare del consenso e rappresentano i valori del popolo forense, e sono loro che ogni giorno sono a stretto contatto con gli Avvocati/Elettori e conoscono la drammaticità della quotidianità della nostra professione.

Per questo gli Ordini –pur mantenendo ferme le proprie solenni mansioni istituzionali (Disciplina, Iscrizioni, Pareri, Deontologia)– si debbono unire in una poderosa forza “anche sindacale” riunendo i Colleghi (non per omologare –come già sopra affermato- l’autonomia del singolo professionista e le individualità collettive che ognuno legittimamente rappresenta come è nel dna dell’Avvocato) per accrescere il peso e la forza dei nostri valori che l’Avvocatura Italiana deve far risorgere con inflessibile determinazione.

Basta con i nuovi e vecchi “predicatori”, con finti avvocati economisti che ci insultano, pseudo sociologi di strada che ci spiegano che la nostra Categoria è una casta, opinionisti a tariffa fissa che denigrano l’Avvocatura, ed infine, BASTA BASTA BASTA BASTA BASTA BASTA BASTA BASTA BASTA BASTA con legislatori inadeguati che scrivono leggi e norme escludendo l’Avvocatura da ogni tavolo di concertazione ed espellendo l’Avvocato dal ruolo centrale che, viceversa, gli compete.

L’Ordine di Roma si presenterà a Genova sapendo che questo chiedono gli Avvocati ed auspicando che questi siano gli obiettivi del prossimo Congresso, dove, al di là di mozioni e prese di posizione, si dovrà uscire con una categoria compatta che sappia finalmente sviluppare un consenso univoco per porre fine alla notte della giustizia e portare gli Avvocati oltre l’orizzonte.

Solo coloro che sapranno conquistare il consenso degli Avvocati potranno legittimamente rappresentarli.

Non altri.

In conclusione, due note liete dell’Ordine di Roma: la prima –dopo una lunga e faticosa battaglia giudiziale e non, e dopo aver gridato forte la nostra protesta– il Senato ha approvato l’art. 24 bis del DDL di Riforma dell’Ordinamento Professionale concernente la nostra Sede in Cassazione. È stata, finalmente, prevista una norma ad hoc che preveda che l’Ordine di Roma avrà diritto ad essere allocato all’interno dell’edificio della Suprema Corte di Cassazione. Questa non è solo un’affermazione di principio per l’Ordine di Roma, ma è una vittoria per tutti i Colleghi italiani -che hanno mostrato nella fattispecie una commovente solidarietà all’Avvocatura romana- i quali continueranno così ad avere un punto di riferimento ogni qualvolta saranno a Roma per discutere un ricorso innanzi alla Suprema Corte. La seconda, riguarda una bellissima iniziativa benefica che l’Ordine romano concretizzerà unitamente al noto Ospedale Pediatrico Policlinico Umberto I di Roma, a favore di piccoli pazienti che hanno bisogno di urgenti cure. L’Ordine di Roma ha posto in essere una donazione per l’acquisto di una serie di sofisticate strumentazioni valvolari le quali, con un sistema modulare modernissimo, permettono di sincronizzare i ventilatori meccanici legati alle incubatrici dei neonati al fine di migliorarne la respirazione dei polmoni e, talvolta, addirittura di far funzionare organi vitali nella terapia intensiva pediatrica dell’Ospedale.

Tale iniziativa è stata accolta con sincero e commosso apprezzamento da parte dell’Ospedale Pediatrico che ha risposto comunicando che con questi particolari macchinari di strumentazione valvolare, in prospettiva, si può finalmente garantire – e quindi salvare la vita – a molti bimbi non fortunati.

L’Avvocatura romana vive con vibrante orgoglio l’essere stata protagonista di questa iniziativa.

ADVOCATUS (Ad-vocatus): Advocatorum dignitas, veritatis una vis, una facies est.

Grazie di cuore per l’attenzione.

Il mio più caro e cordiale saluto.

Antonio Conte

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