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La svolta di Ratzinger

di Vittorio Lussana

La svolta c’è, anche se da più parti la si vuol minimizzare. Sull’uso del profilattico, Ratzinger ha capito e si è deciso a ‘scavalcare a sinistra’ l’intero clero cattolico. A suo modo, certo. Con le opportune cautele e facendo quasi sembrare che la ‘linea’ non sia affatto mutata, che non vi sia stata rielaborazione. L’impressione, alla fine, non è tanto quella della contentezza, bensì della comprensione affettuosa, perché più di questo un pontefice non credo potesse osare. Affetto, sì: questa volta voglio proprio utilizzare tale sentimento. Laicamente, poiché un papa tedesco ha anche il problema della propria immagine, quello di apparire ‘freddo’, scarsamente comunicativo, che poi è stato il principale ‘scoglio’ che Benedetto XVI ha dovuto affrontare, con qualche rischio, in questi suoi primi anni di pontificato. Un papa teologo, un intellettuale, possiede per natura un pensiero complesso, poco adatto a comunicare una sensazione di ‘pastoralità’, di vicinanza agli umili, ovvero a coloro cui vengono rivelate quelle cose generalmente nascoste all’occhio dei sapienti e dei dotti. Con la svolta di questi giorni, Ratzinger lascia chiaramente intendere che il suo intento è quello di servire l’umanità, di voler interpretare l’ansia più profonda del Vangelo, la sua distinzione più ardita sui “peccati della carne che sono niente in confronto a quelli dello spirito”. Qualcosa è cambiato sulla Terra dai tempi di Cristo. E noi non possiamo sapere cosa Egli penserebbe oggi. Certamente, di fronte a questioni che impegnano l’intera umanità – come quella di un Terzo Mondo spesso abbandonato ai suoi problemi – sui temi legati alla sessualità non possiamo rimanere vincolati a una morale repressiva. Ora, diviene necessario avanzare sul terreno di una moderna educazione sessuale, di una moralità che sappia guardarsi dal moralismo. L’auspicio è dunque quello di non sottovalutare la questione di un’irrazionalità che non dev’essere identificata con l’irrazionalismo storico del decadentismo. Il realismo deve portarci, invece, a comprendere come l’irrazionale rappresenti una componente ineliminabile dell’essere umano. E che tale componente si storicizza in modo diverso a seconda della società in cui si vive. Occorre un’opera di trasformazione delle contraddizioni e delle passioni da ‘maledette’ in ‘benedette’ attraverso un’analisi razionale dell’irrazionale, poiché soltanto ciò che resta oscuro o viene represso, oppure ancora rimosso, è veramente maledetto. Una laicità propositiva è l’arma della ragione da opporre alla violenza e alla menzogna, al fine di avviarci verso un nuovo modello di società che serva la verità senza aver bisogno di sollecitare i peggiori istinti delle masse. La religione ufficiale non è che conformistica ritualità: per una società che ha scoperto il benessere, il Natale è il panettone, la Pasqua la colomba, non la nascita, non la passione di Cristo. Ma uno spirito religioso autentico può e deve cercare una nuova ‘luce’ altrove, nella lotta per un mondo dal volto finalmente umano. La Chiesa e lo Stato debbono convertirsi a una nuova forma di educazione che passi attraverso la persuasione e la collaborazione democratica. Perché lo spirito libero della laicità è il solo che può fornire all’uomo la possibilità di sfuggire alla perdita degli ideali e all’asservimento alle istituzioni, facendogli scegliere la via di un esercizio puntiglioso e implacabile dell'intelligenza.(Laici.it)

Presidente dell'Associazione culturale 'Phoenix'
Direttore responsabile del mensile 'Periodico italiano magazine'

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