L'ad della Thyssenkrupp, Espenhahn, tempo prima dell'incendio che ha causato la morte degli operai, aveva scritto una lettera ai vigili del fuoco, nella quale dichiarava l'intenzione di terminare (in realtà mai iniziate) le opere antincendio entro la fine del 2007, data “l'onerosità” e la complessità degli interventi.
In realtà, secondo il pm, i dirigenti mentivano, consapevoli del fatto che non sarebbero mai state realizzate le misure di messa in sicurezza degli impianti, perchè per la data designata, lo stabilimento sarebbe già stato chiuso.
Gli imputati, erano quindi ben “consapevoli” dell'eventuale danno che si sarebbe verificato in caso di incendio, in una fabbrica dove tra l'altro gli incendi avvenivano con notevole frequenza.
Sarebbe bastato che i datori di lavoro, si fossero adoperati per ridurre le situazioni fortemente rischiose per la vita degli operai, che si sarebbero potute rilevare con delle semplici ispezioni della fabbrica.
Il fatto che vi siano state omissioni gravi nella prevenzione degli infortuni, è ciò che è stato maggiormente contestato agli imputati, che hanno così messo in conto la possibile tragedia, reato che si configura indipendentemente che si realizzi o meno l'infortunio. La Thyssen per tutta la sua esistenza, ha proseguito la sua attività senza mai mettere in sicurezza la fabbrica, cosa che avrebbe dovuto fare per legge. Ha insomma “risparmiato” sulla pelle dei lavoratori, in quanto era prevista la chiusura dello stabilimento. Quindi niente investimenti tecnologici finalizzati alla sicurezza, e facilmente reperibili sul mercato degli impianti antincendio, in tal modo, “nessuno avrebbe perso la vita”.
Il sostituto procuratore, Francesca Traverso, ha quindi ritenuto gli imputati responsabili di “omicidio Volontario”, una requisitoria, che ha scandagliato tutte le normative e le sentenze della Cassazione, che affermano la responsabilità dei datori di lavoro nei casi di infortuni mortali causati da negligenza nel non aver adottato le dovute misure di prevenzione. Quindi l'omissione dolosa, diventa colpa cosciente.
Una magra consolazione forse per i famigliari delle vittime, che hanno avuto dolore e danni incalcolabili, ma l'unica consolazione che nella vita conti davvero è quella di non fare la figura degli stupidi, come ha fatto Tremonti dichiarando non molto tempo fa che nell'attuale situazione in cui si trova l'economia italiana, le imprese no possono perdere tempo e produttività ricorrendo la questione della sicurezza sul lavoro.
Speriamo che qualcuno se lo ricordi, e che soprattutto lo ricordi ai vari “Marpionne”dell'imprenditoria, che nel delirium tremens della mancata produttività, non trovano di meglio come giustificazione che ritenere responsabili gli operai, che purtroppo pagano con la cassa integrazione, i licenziamenti, l'ingeniering, e pure con la vita, l'incapacità della politica e la “brama di produttività” delle imprese.
Di quale produttività parlano, se poi nel solo mese di ottobre i quattromila concessionari italiani hanno venduto poco più di una vettura a concessionario. Sono dati, che secondo Gianni Filipponi direttore generale dell'Unrae, non si vedevano dal 1995.
In un tale arretramento dell'economia, e del potere d'acquisto del ceto medio (a tal proposito sono inquietanti i dati della Caritas sul numero di famiglie del ceto medio che si rivolge a loro perchè non riesce a pagare l'affito), sarebbe interessante sapere chi, tra il “presidente operaio” alias presidente del consiglio (che si trastulla con prostitute varie), e il “metalmeccanico Marchionne”, comincerà a fare qualcosa di concreto per il lavoro e il Welfare, invece di smantellare stato sociale e diritti.