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"La soggezione dei Pm è ritorno al fascismo"

Giustizia, Berlusconi: “Accordo o parlerò alle Camere

Il Premier Silvio Berlusconi, al termine del vertice Ue a Bruxelles, rilancia la possibilità di un suo discorso al Parlamento sulla giustizia e sulla magistratura italiana” perchè a giudizio del Premier “la giustizia costituisce un macigno sulla vita democratica del nostro Paese”. Berlusconi spiega di essere ormai pronto ad affrontare il Parlamento, ma “non so ancora dire se e e quando si farà” perchè “sono in attesa di vedere come andranno i tentativi di accordo in corso con le altre forze parlamentari” e “non voglio anticipare un mio intervento forte che potrebbe influire negativamente su lavoro che si sta facendo”. Ma se questo lavoro “non dovesse portare ad un risultato positivo – dice Berlusconi- mi presenterò in Parlamento per denunciare senza ipocrisie e infingimenti cosa penso su magistratura e giustizia in Italia”.I Pm non possono essere sottoposti al potere esecutivo. Lo afferma Gianfranco Fini durante il convegno “Organizzare la giustizia – il ruolo del nuovo Csm”, in corso a Bari, e lo ribadisce, nella stessa sede, il vicepresidente del Csm Michele Vietti. Per il presidente della Camera sarebbe “grave tornare alla soggezione dei Pm all'esecutivo, com'era nel fascismo”. Per Fini “non sarebbe motivo di scandalo separare le carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, ma è una riforma da fare senza rinunciare all'indipendenza della magistratura”. Carriere separate sì, dunque, “ma senza assoggettamento all'esecutivo”.Il problema vero è combattere la lentezza della giustizia – Il capo di Futuro e libertà ha inoltre ricordato quanto sia importante il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale: “Mi rendo conto è ben saldo sulla carta ma molto poco nella prassi. Tutto ciò però succede anche per molti altri articoli della Costituzione. Di questo passo dovremmo abolire molti principi”. Inoltre “risparmiare sulla giustizia è un lusso che non ci possiamo permettere”. Semmai il problema più impellente è “combattere la lentezza della giustizia”, che ne è il peggior male.Non ridurre i componenti togati – Secondo Fini bisogna “non ridurre i componenti togati del Csm, pena un rischio sull'imparzialità dello stesso Consiglio superiore della magistratura”. Per “assicurare l'autonomia della magistratura dagli altri poteri, la Costituzione ha previsto un organo di autogoverno”, il Csm, la cui composizione del Csm è “in strettissimo rapporto con la funzione che al Csm si vuole attribuire”. E una composizione non limitata ai membri togati, ma con un terzo di componenti laici “a me pare ancor oggi adeguatamente bilanciata. Un eccessivo peso attribuito alla parte 'non togata' del Csm esporrebbe inevitabilmente questo organo a forti interferenze da parte del potere politico. In questo modo, si minerebbero proprio i principi basilari che l'articolo 104, primo comma, della Costituzione vuole assicurare, ovvero quelli della autonomia e della indipendenza della magistratura. Le conseguenze, quasi inevitabili, di un simile ribaltamento sarebbero rappresentate dai gravi rischi per l'imparzialità del giudice nell'applicazione della legge e per il rispetto, in materia penale, dello stesso principio di legalità”.Se poi, continua Fini, “le ragioni delle modifiche proposte sono giustificate col clima di tensione che vede contrapposti, da un lato, la magistratura o parti di essa e, dall'altro, frange pur rilevanti del potere politico, simili soluzioni appaiono ancor più rischiose”. Inoltre, ha detto Fini, “se appare non accettabile la ricomposizione del Csm con una prevalenza di membri laici, ancor più lo sarebbe l'attribuzione al Ministro della Giustizia dei poteri più classici spettanti in esclusiva al Csm”.Vietti: “No a separazione carriere” – Ieri il vicepresidente del Csm Michele Vietti aveva detto no “alla separazione delle carriere”. Inoltre, anche attraverso l'unicità del Csm, il pm è ricondotto ad un ruolo di garante del rispetto della legge e della legalità che condivide con la magistratura giudicante. Fuori da questo circuito e senza un controllo esterno il pm rischierebbe di trasformarsi in una mina vagante. “L'appartenenza del pm alla magistratura ed all'ordine giudiziario e la conseguente condivisione di un unico Csm, pur nella fallibilità di qualsiasi impianto, – ha spiegato il vicepresidente del Csm – non costituisce un portato ideologico, ma serve a garantire al cittadino il maggior rispetto della legge e dei suoi diritti, è una garanzia per la comunità e non il contrario”.

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