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Ragazzini d’onore

di Giuseppe Bascietto

In Sicilia, a Gela, c’è stato un tempo, tra gli anni Ottanta e Novanta, in cui i minorenni occuparono la scena con la formazione di una nuova organizzazione criminale: la Stidda. È quanto ci spiega Giuseppe Ardica nel suo ultimo libro Baby Killer, Storie di Ragazzi d’onore di Gela, pubblicato a giugno dalla Marsilio Editore nella collana gli Specchi. Il libro originale e documentato, accende i riflettori sui minori di Gela che, armi in pugno, hanno conquistato la città, e racconta storie di uomini che popolano la Sicilia di oggi.
Il mondo raccontato in queste pagine, scritte con il piglio della narrativa d’inchiesta, è fatto di stragi, bombe, morti ammazzati e puntuali riscossioni del pizzo. Giuseppe Ardica descrive con crudezza un mondo dove uccidere è più attraente che vivere nella legalità, dove fare affari con la mafia è più conveniente che combatterla, dove ogni omicidio viene pianificato ed eseguito con precisione, dove raggiungere i trent’anni fuori dal carcere e senza aver ammazzato qualcuno è un fatto raro. Un mondo in cui, seppur per un breve periodo di tempo, i criminali più temuti sono stati ragazzini di quindici anni. Emblematica la storia di Simone Iannì, soprannominato Occhiazzurri, che nel giorno del suo tredicesimo compleanno riceve dal padre una pistola. Per lui era giunto il momento di andare in giro per Gela a “scovare” e a “scannare” i suoi nemici. Pagina dopo pagina Baby Killer racconta, attraverso gli occhi dei bambini, la storia di una Città di frontiera. Una città dove la tranquillità finisce nel 1987, quando cominciano i lavori per la costruzione della diga disueri e viene ammazzato il vecchio boss Pietro Rubulia (Francesco Madonia di Vallelunga). Il segnale è chiaro. C’erano nuovi affari da far partire, le estorsioni, l’usura, il traffico di droga e armi. A monopolizzare il mercato ci pensa il figlio di Rubulia (Piddu Madonia). Ma altri sono interessati agli appalti e ai traffici. Sono gli stiddari o clan dei pastori. I bambini. I picciriddi di Cavallo Pazzo (Giovanni Cavallo, capo dell’omonimo clan) che Ardica descrive con grande abilità tanto da coinvolgere il lettore e farlo soffrire con loro. Criminali comuni che combattono Cosa nostra e che sono interessati anche a esercitare il controllo sugli appalti e sui sub-appalti. Baby Killer si staglia in un orizzonte industriale povero e feroce, dove i frutti sono i rifiuti tossici, i bambini che uccidono, i quartieri ghetto, i cadaveri trovati scheletri nelle campagne. Il libro rivela la filigrana drammatica della città di Gela, fatta di ricatti e pallottole, politica e occhi chiusi, dove una mafia parallela (la Stidda), minore ma feroce, attecchisce e si arricchisce, mentre la mafia passa di moda ed esce dal circo mediatico. Si racconta un pezzo di Sicilia dimenticata, laterale, invisibile. Senza le cupole palermitane, senza gli eroi dell’antimafia e i boss che hanno fatto la loro guerra allo Stato. Per capire la Sicilia bisogna passare anche di qua, per strade secondarie, città lontane, personaggi sconosciuti.
Giuseppe Ardica è un testimone, diretto e oculare, di un mondo che occorre aver visto con i propri occhi per poterlo raccontare. Testimone appassionato, conoscitore delle difficoltà di vivere a testa alta in queste zone in cui la neutralità è impossibile e l’indifferenza complice.

Giuseppe Ardica, Baby killer. Storia dei ragazzi d’onore di Gela, Marsilio edizioni

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