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CALDEROLI: “HO SEMPRE DETTO LA VERITA’, ANCHE ANDANDO CONTRO IL MIO INTERESSE. E CONTINUERO’ A DIRE SEMPRE LA VERITA’ .”

“Non sono mai stato un personaggio accomodante e ho sempre voluto dire la verità, metterla davanti a tutto, sempre, anche se si trattava di una verità scomoda, arrivando anche al punto di dovermi dimettere dalla carica di ministro: una prassi, quella delle dimissioni, non consueta, anzi assolutamente eccezionale, nella storia della Repubblica.

Pertanto posso dichiarare senza timori che tutto quello che ho detto in tutti questi anni e che dico tutt’ora in Parlamento non è nient’altro che la verità, la sola verità, l’unica verità.

Così come è capitato anche in questa occasione.

Posso comprendere che l’agone della battaglia politica possa portare a eccessi, come le richieste di dimissioni o di sfiducia che in questo momento piovono a raffica, ma quello che non posso accettare è che si affermi che ho mentito al Parlamento.

Per questo, per chiudere definitivamente la vicenda, allego una lettera che ho appena trasmesso alla presidenza della Camera dei Deputati, unico interlocutore perché è in quella sede che avevo riferito, e con questo ritengo di aver concluso, sulla base della verità dei fatti, fatti circostanziati e documentati, tutta questa vicenda.

Punto.

Comunque, pur accettando il clima da contesa politica e gli inevitabili conseguenti eccessi che ne possono derivare, ritengo di dover avvertire che chiunque abbia dichiarato o intenderà dichiarare che io abbia mentito in Parlamento verrà poi chiamato a rispondere in sede giudiziaria di queste affermazioni, proprio perché per me la verità viene prima di tutto e nel corso della mia storia politica l’ho dimostrato tante volte, pur sapendo di andare contro il mio interesse”.

Lo afferma il Ministro per la Semplificazione Normativa e Coordinatore delle Segreterie Nazionali della Lega Nord, sen. Roberto Calderoli .

Signor Presidente della Camera dei deputati,è stata mossa nei miei confronti un’accusa che ritengo gravissima: quella di avere mentito al Parlamento. Essa mi addolora più di tante altre accuse strumentali, che pure ci vengono mosse nel corso della nostra vita politica, poiché il Parlamento è l’Istituzione più rappresentativa in uno Stato democratico, un’Istituzione alla quale ho dedicato e dedico quotidianamente e rispettosamente gran parte delle mie energie, partecipando sempre con passione ai suoi lavori.Intendo difendermi da tale falsità in tutte le sedi, ma tengo sin d’ora a chiarirLe analiticamente l’effettivo svolgimento dei fatti relativi all’approvazione del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (recante il codice dell’ordinamento militare) che, tra le sue 1.085 abrogazioni espresse, ha disposto anche quella del decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43. Come è noto, il Codice dell’ordinamento militare è stato predisposto da una Commissione tecnica, istituita con decreto del Ministro della difesa del 29 novembre 2007, in attuazione della delega di cui all’articolo 14 della legge n. 246 del 2005. La Commissione, nominata dal precedente Governo e confermata senza modifiche da quello attuale, tra i suoi componenti non aveva (né poteva avere, vista la data della sua istituzione) alcun mio rappresentante.Lo schema di testo è sempre stato gestito e trattato, anche informaticamente, all’interno del Ministero della difesa e, alla fine dei lavori della Commissione, i competenti uffici di quel Ministero hanno provveduto all’avvio dell’iter ufficiale di approvazione, inviandolo – come di regola – al competente Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DAGL).Il 22 aprile del 2009 è stata diramata dal DAGL, con posta certificata delle ore 19.43, una prima bozza di testo, poi sottoposta a svariate riunioni di coordinamento tra le amministrazioni interessate. Tale prima bozza conteneva già, nell’elenco delle disposizioni legislative espressamente abrogate di cui all’articolo 2400, un riferimento espresso al d.lgs. n. 43 del 1948 (che in tale elenco figurava, all’epoca, al n. 305).Questo elenco è stato più volte modificato, in altre parti, nel corso del successivo iter, ma l’abrogazione del d.lgs. n. 43 del 1948 non è stata mai posta in discussione ed è rimasta una costante di tutte le successive versioni.Lo schema – nuovamente diramato dal DAGL a tutti i Ministeri il 25 novembre 2009 – è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri in data 11 dicembre 2009. Entrambi i testi (diramato e approvato) recavano l’abrogazione del d.lgs. n. 43 del 1948, contenuta al n. 297, rispettivamente dell’art. 2256 del testo diramato e dell’art. 2258 del testo approvato e inviato al Consiglio di Stato e alle Camere per i prescritti pareri.L’indicazione soppressiva del decreto n. 43 del 1948 non ha subìto modifiche neppure nel seguito dell’iter approvativo, né sul punto sono state formulate osservazioni di sorta nei pareri allo schema delle competenti Commissioni parlamentari (Commissione difesa del Senato, 27 gennaio 2010; Commissione bicamerale per la semplificazione, 24 febbraio 2010) e del Consiglio di Stato (Commissione speciale difesa, 10 febbraio 2010).Lo schema di decreto – previa un’ultima diramazione dell’8 marzo 2010 (nel cui testo l’abrogazione del d.lgs. n. 43 del 1948 risulta contenuta al n. 297 dell’art. 2270) – è stato finalmente approvato in via definitiva da parte del Consiglio dei Ministri il 12 marzo 2010 (in cui l’abrogazione del d.lgs. n. 43 del 1948 risulta definitivamente disposta dal n. 297 dell’art. 2268). È questo il fatto dirimente: quale che sia stata la ragione dell’originaria inclusione del d.lgs. n. 43 del 1948 tra le abrogazioni (volontà dei redattori, errore giuridico, errore materiale occorso nella redazione del documento), essa è stata effettuata all’interno del competente Ministero della difesa sin dal primo testo ufficialmente inviato al DAGL per la diramazione, ed è rimasta ininterrottamente presente, pur fra tante modifiche, in tutte le bozze circolate, cambiando soltanto nel riferimento al numero dell’articolo o al numero dell’elenco delle abrogazioni.In quasi un anno di iter approvativo ufficiale (da aprile 2009 a marzo 2010) questo errore, o presunto tale, non è mai stato segnalato né dalla Commissione tecnica né dagli altri uffici del Ministero che pure lo aveva inizialmente inserito. Forse qualche componente della Commissione – che pure considera l’inclusione un “evidente” errore materiale – durante questi mesi era distratto da altri componenti della stessa Commissione, magari dalla moglie. Ma, d’altronde, tutti tengono famiglia. Per contro, il diverso provvedimento che è stato adottato, nelle more dell’iter di perfezionamento del Codice militare, sotto la mia esclusiva competenza – ovvero il decreto legislativo 1° dicembre 2009 n. 179, che ha individuato le disposizioni legislative statali da mantenere in vigore e da sottrarre all’effetto c.d. “ghigliottina” previsto all’articolo 14, comma 14-ter della legge n. 246 del 2005 – soltanto pochi mesi fa aveva “salvato” espressamente il decreto legislativo n. 43 del 1948 (n. 1001 dell’Allegato 1 al suddetto decreto legislativo), ritenendolo una normativa ancora necessaria. Il testo predisposto dal Ministero della difesa operava un preciso ed espresso cambiamento di rotta rispetto alla conservazione della norma da me effettuata con il decreto del dicembre 2009, ma lo faceva dopo un iter lungo e accurato. Pertanto, continuo ad essere convinto che, dopo l’approvazione definitiva del Consiglio dei Ministri e addirittura dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il Governo non poteva salvare da abrogazione il d.lgs. n. 43 del 1948 con una semplice rettifica sulla stessa Gazzetta, trattandosi, nella specie, non della correzione di un errore materiale bensì di una modifica sostanziale del testo legislativo, che non soltanto sarebbe andata contro le ripetute determinazioni del Consiglio dei Ministri, ma avrebbe anche modificato nella sostanza un testo passato al vaglio del Parlamento e del Consiglio di Stato. Caro Presidente, a fronte delle istanze presentate, ritengo che ad aver mentito non sia stato il sottoscritto, ma quanti mi hanno accusato di aver fatto cose diverse da quelle descritte.Diversamente, sono pronto a rassegnare spontaneamente le mie dimissioni, senza bisogno di ricorrere a strumenti di sfiducia.Come Lei ben sa, quando io devo rassegnare le dimissioni le rassegno davvero, come ho già fatto in passato.È questa la semplice verità.Avrei potuto non riaffermarla in modo così dettagliato, ma ho talmente a cuore le Riforme che sono all’esame del Parlamento che ho ritenuto doveroso chiarire questi aspetti, soprattutto per ricostituire il clima necessario a realizzarle.Colgo l’occasione per ribadire l’urgenza di accelerare l’approvazione delle Riforme e mi impegno a non presentare denuncia, nei confronti di chi mi ha accusato di aver dichiarato il falso in Parlamento, se non dopo la loro approvazione.Con i sensi della mia più alta considerazione, verso di Lei e verso l’Istituzione che Lei rappresenta Roberto CalderoliMinistro per la semplificazione normativa
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