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CIAD. PER SVILUPPARE L’AGRICOLTURA E GESTIRE LE PROPRIE RISORSE, I VILLAGGI SI UNISCONO IN ASSOCIAZIONI

Con la nuova base di Marena operativa, Intersos in Ciad continua il suo grande impegno per il sostegno al ritorno degli sfollati nell’est del paese.

Gli sfollati dell’est del Ciad, stimati a oltre 100.000 nella regione del Dar Sila alla fine del 2006, provengono dai cantoni lungo la frontiera con il Darfur sudanese, da villaggi che hanno progressivamente dovuto abbandonare a diversi momenti, tra gli anni 2000 e 2007, quando in marzo l’ultimo grande scontro tra popolazioni arabe principalmente dedite all’allevamento e agricoltori ha causato un numero di vittime sconosciuto, ma da alcuni stimato intorno alle 800 persone.

Le cause dell’estrema instabilità della regione, del conflitto, e dei movimenti di popolazione sono ormai chiari; una pressione demografica superiore alle potenzialità in risorse del territorio, il conflitto tra autorità centrali e ribellione interna ciadiana e gli sconfinamenti del conflitto in Darfur.

Nonostante non si possa escludere il rischio di un riaccendersi della crisi, a partire dal 2008 i primi movimenti di ritorno sono stati evidenziati nelle zone più prossime alla presenza internazionale; tra queste, le aree di Lobotigue e Marena.

Con una corretta lettura della situazione, basata sui dati forniti dal progetto di Village Assessment, e grazie ad un finanziamento della Commissione Europea, Intersos conduce un programma biennale con l’obiettivo di sostenere la stabilizzazione, lo sviluppo economico e le relazioni intercomunitarie nelle zone di ritorno degli sfollati interni nei cantoni Bahr Azoum e Wadi Habile.

Coinvolgendo tutti i gruppi presenti nella zona, (sfollati di ritorno o rilocalizzati, comunità sedentarie e comunità nomadi che transitano sui corridoi di transumanza) il progetto sta creando una rete di associazioni di villaggio come base comunitaria per la gestione delle risorse naturali, concentrandosi in particolare sulle attività seguenti:

-miglioramento della produzione orticola di 1000 famiglie di sfollati rientrati nella zona, tramite formazioni, accesso all’acqua, sementi, strumenti di lavoro e gestione dei perimetri irrigui

-intensificazione delle colture di sopravvivenza pluviali e alluvionali tramite la fornitura di sementi migliorate, appoggio all’utilizzo della trazione animale, appoggio tecnico e formazione di associazioni che riuniscono 1500 famiglie agro-pastorali

-Riabilitazione di pozzi pastorali e costituzione di servizi veterinari per il miglioramento del sistema di produzione pastorale di 500 famiglie e l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse

-Miglioramento della capacità di trasformazione delle produzioni agro-pastorali

Il settore ambientale viene inoltre preso in considerazione, anche in un’ottica di migliorare la disponibilità energetica delle popolazioni nelle zone di ritorno, tramite l’utilizzo di focolari (ossia fornelli per cuocere i cibi) migliorati in argilla e la produzione e distribuzione di 80.000 unità di varie piante da frutto e non.

Tratti fondamentali del progetto sono il percorso di riconciliazione inter-comunitaria alla base di tutte le attività socio-economiche previste, insieme all’importanza di garantire una presenza umanitaria costante in una zona altrimenti fuori dalle grandi aree di intervento, i siti di sfollati e i campi di rifugiati dell’est del Chad.

La strategia è in linea, inoltre, con i recenti sviluppi della strategia del governo ciadiano in materia di sfollati, peraltro sempre più chiaramente condivisa dalla comunità umanitaria, secondo la quale a partire dal prossimo anno le condizioni dovrebbe permettere ad una buona parte degli sfollati di fare ritorno verso i loro villaggi di origine e le loro terre. Un sostegno in questa direzione è dunque allo studio in tutti i settori di intervento, per contribuire ad una graduale normalizzazione della vita delle popolazioni dell’est del Ciad.

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