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Urge un sussulto etico per ridare slancio all’Italia unita

Dopo due mesi di dibattito in cui la politica italiana ha conosciuto uno dei punti più bassi dal Dopoguerra, il Governo si è presentato finalmente il 28 e il 29 settembre al Parlamento per chiedere la fiducia. L'ha ottenuta, ma con i voti determinanti degli “eretici” del partito di maggioranza che daranno vita a un'altra formazione politica. Questo significherà per il Governo navigare a vista giacché ogni provvedimento dovrà essere contrattato con i dissidenti che si sono affrettati a dichiarare di essere disposti ad approvare solo ciò che è stato stabilito dal patto con gli elettori.
L'estate appena trascorsa ha mostrato la crisi violenta che attraversano il PdL e la destra nel suo complesso, facendoci capire che difficilmente il Governo guidato da Berlusconi potrà arrivare alla fine della legislatura.
Abbiamo assistito a polemiche incessanti, all'esplosione di manifestazioni rancorose, al disconoscimento del ruolo dell'avversario che hanno portato in secondo piano le urgenze reali dell'Italia ed aumentato l'angustia dei cittadini che vedono tradite le loro aspettative da una classe politica che dovrebbe pensare al bene comune e ad operare riforme condivise capaci di dare al paese un'architettura istituzionale consona ad affrontare le nuove sfide che si delineano all'orizzonte.
In realtà in questi giorni in Parlamento si è visto il consumarsi della stagione berlusconiana, segnata anche dalla stanchezza del leader come si è visto al Senato. Comunque, il Governo ha promesso di arrivare al termine della legislatura ma è indubbio che il logoramento cui lo sottoporranno gli eredi del lascito berlusconiano, la Lega e Fini, probabilmente renderanno tutto ciò solo una pia intenzione.
Infatti, è già iniziata la corsa alla successione nel PdL, che vede la Lega pronta a risucchiarne l'elettorato nel Nord e lo schieramento di Gianfranco Fini a calamitare il consenso che va dall'Emilia Romagna in giù. Se questo gioco prevarrà sulla volontà di governare il Paese in un momento così difficile, è sicuro che i problemi dell'Italia, prostrata dalla crisi economica e dalla disoccupazione, si acuiranno e il divario tra il paese reale e quello legale si allargherà ancora di più.
I sentimenti di frustrazione per le riforme strutturali che non si riescono a fare, a fronte dell'Europa che ci sta chiedendo comportamenti virtuosi in termini sempre più urgenti, potrebbero spingere la Lega a soffiare sul vento del separatismo con inevitabili conseguenze sul piano sociale e dell'ordine pubblico. Si dovrà trovare rapidamente il modo, attraverso un equo federalismo fiscale, perché la parte più produttiva del Paese, il Nord, trovi il modo di convivere pacificamente in una realtà nazionale della quale pure non può prescindere.
A chi gioverebbe infatti un'Italia nuovamente divisa proprio nel momento in cui si accinge a celebrare i 150 anni della sua unificazione? È vero che i paesi contano per la loro valenza economica e che il Nord da solo sarebbe tra le regioni più prospere d'Europa. Ma non è solo il dato economico a fare lo spessore politico. In fondo anche l'Olanda e la Danimarca sono i paesi più prosperi del continente, ma incastrati come sono all'interno di grandi potenze, alla loro rilevanza economica non corrisponde un altro altrettanto peso specifico politico.
L'Italia è un paese, che oltre a essere importante economicamente e a detenere quattro quinti dei beni culturali presenti nel Mediterraneo, conta perché rappresenta l'estensione dell'Europa su una delle zone più “calde” del mondo: guarda i paesi arabi e quelli africani e si prepara ad accogliere le navi cariche di prodotti del prospero continente asiatico per smistarli in tutta Europa. Il suo ruolo strategico, dunque, è insostituibile. Esso, al pari di quello economico che è esercitato dal Nord, è reso possibile proprio dal Sud. Ecco perché il primo non ha senso senza l'altro e l'Italia ha un senso politico solo se è unita.
Di fronte “al grado zero” della politica che ha toccato il fondo con la pessima battuta di Umberto Bossi su Roma ed il significato di “S.P.Q.R.”, urge un nuovo slancio etico che deve necessariamente provenire dalla società civile per vivificare una politica ormai avvolta su se stessa e guardare con fiducia al futuro.
Intanto se il capo della Lega si lascia andare agli insulti contro Roma e i romani, il capo del Governo provoca lo sdegno dei tanti che guardano ancora con rispetto al senso religioso e dal mondo cattolico s'alza forte la voce di Famiglia Cristiana. «Per raccontare l'ennesima barzelletta volgare sulle donne, il cavalier Berlusconi si dà alla bestemmia. Il capo del Governo si concede ciò che non è permesso ai calciatori», scrive l'edizione online del settimanale dei paolini. Lui, Silvio Berlusconi, dice che «la barzelletta, costruita da chissà chi per insultare Rosy Bindi, comprensiva di bestemmia finale, circolava già in Parlamento e quindi raccontarla in pubblico non era peccato», ma «il rammendo è peggio del buco. Perché dimostra che, come sempre, il Cavaliere pretende di tenere il piede in tutte le scarpe possibili. Nel caso specifico, quello del signore galante e del sessista da bar. Dello statista e del teppistello di periferia. E, ancora peggio, del politico intriso di sentimenti cattolici quando si tratta di chiedere voti ma sostanzialmente estraneo al sentire cattolico in ogni altro momento della vita quotidiana».
E' l'atto finale di un governo arrivato al capolinea, siamo pronti a raccogliere la sfida del cambiamento.

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