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Approvata legge sul diritto allo studio per dislessici e disgrafici

Dopo aver letto l'articolo della Senatrice Pd Vittoria Franco, in cui dichiara che è stata approvata una legge sui disturbi dell'apprendimento, che prevede il diritto all'istruzione e al successo formativo, quindi ad avere pari opportunità per i soggetti dislessici e disgrafici, ho provato una serie di emozioni che vanno dalla contentezza (per l'approvazione della legge), all'ansia (verrà poi realmente applicata?), fino alla tristezza profonda, perchè mi ha costretta a ripensare al percorso doloroso che ho vissuto, e che non è finito, con mio figlio che è disgrafico.
Dopo un primo momento di entropia cerebrale, causata da questi sentimenti, ho deciso di raccontare la nostra esperienza, perchè è bene rendersi conto che la necessità di una legge in materia di dislessia e disgrafia, non è una velleità, ma un cambiamento importante, una presa di coscienza di un problema molto diffuso in ambito scolastico, tanto quanto sottovalutato.
Ma voglio partire dalla storia di mio figlio, oggi ha sedici anni e frequenta la terza superiore,
fin dalla prima elementare ha avuto un atteggiamento di rifiuto nei confronti della scuola, pur dando dimostrazione di essere intelligente e perspicace, non riusciva ad adeguarsi agli “standard” scolastici. Premetto che ci siamo resi conto tardi che non era semplice “svogliatezza”, in terza elementare, innanzitutto perchè non sapevamo (come genitori) nemmeno cosa fosse la disgrafia, poi la sua scrittura non era peggiore di altre, vista la tenera età, non pareva affatto un problema.
Poi i dolori sono cominciati quando a scuola hanno iniziato a farlo scrivere sotto dettatura (cosa che è una vera tortura per un disgrafico), e quando doveva mettere i numeri in colonna. A quel punto il bambino cominciava a dare segni di forte malessere, con una tendenza alla depressione, a quel punto ci siamo messi in contatto con un neuropsichiatra infantile, che è primario del più quotato ospedale infantile in Piemonte, e abbiamo iniziato un percorso di approfondimento.
Nel frattempo che tale procedura veniva messa in atto, abbiamo avuto non pochi problemi con le maestre, che hanno tenuto nei confronti del bambino un comportamento di totale incompetenza, un giorno una delle maestre, ha addirittura dato del ritardato mentale al piccolo, che sottoposto ad un notevole sforzo era ormai in totale conflitto con la maestra.
La nostra angoscia e confusione erano totali, il senso di inadeguatezza durante i colloqui con gli insegnanti, era devastante, ci è stato detto che avrebbe avuto bisogno di scuola “differenziata”.
Di fronte alla nostra reazione piuttosto adirata, io in quel contesto dissi che sarei andata a parlare al dirigente e al provveditorato per segnalare il comportamento assurdo dell'insegnante, e nel frattempo avevamo iniziato il percorso medico per avere delucidazioni sul problema.
Il dirigente scolastico, ha rifiutato di riceverci, e ha segnalato agli assistenti sociali che secondo loro il bambino era problematico perchè aveva problemi in famiglia. E' inimmaginabile lo sconforto in cui siamo piombati come famiglia.
In seguito a tale segnalazione al tribunale dei minori, i servizi sociali ci hanno mandato una lettera, con la quale ci comunicavano una convocazione a distanza di 40 giorni.
Ora, se vi è il sospetto di maltrattamenti in famiglia, si aspettano 40 giorni a vedere i genitori?
Nel frattempo gli approfondimenti procedevano, e quando siamo andati a parlare con l'assistente sociale, abbiamo portato la documentazione, e lei stessa è rimasta basita dall'assurdità della situazione. Ovviamente dopo la discussione avuta con la maestra, il bimbo non l'abbiamo più mandato in quella scuola, cioè ad anno inoltrato, l'abbiamo inserito altrove.
A mio figlio è stata diagnosticata, dopo vari accertamenti piuttosto lunghi, una disgrafia di una gravità media, e i test hanno evidenziato un QI di 150.
Purtroppo però il danno era fatto, il bambino ha vissuto la scuola come un incubo, le elementari le ha terminate presso la scuola steineriana, conseguendo l'abilitazione alla scuola media con un esame di stato in cui ha ottenuto un ottimo risultato. Poi però alle medie è ricominciato tutto da capo.
Impossibile avere il computer, nelle condizioni in cui versa la scuola pubblica, e del resto non potevamo continuare a sostenere una retta di 600 euro al mese, quanto pagavamo alla privata. La rigidità e i tempi della didattica, la totale inesistenza di insegnanti formati ad affrontare metodologie didattiche adeguate a dislessici e disgrafici, che hanno quel problema specifico, ma che avendo tutti un quoziente intellettivo alto, hanno delle aspettative nei confronti di risultati, che poi però non ottengono a causa dell'emarginazione a cui sono condannati.
Per fare un esempio pratico, nemmeno dietro certificazione del primario di neuropsichiatria infantile, si riusciva ad ottenere di prediligere l'interrogazione orale anziché le verifiche scritte; di non fargli fare verifiche di matematica con dieci esercizi, ma con due o tre, magari facendo qualche elaborato in più, per suddividere il lavoro.
E' da tener presente che un soggetto disgrafico, fa un tale sforzo nel movimento fine, quindi nella stesura dell'elaborato, che la concentrazione richiesta nella fase della scrittura, va a inficiare i contenuti del compito, che oltre a risultare disordinato, sarà incompleto.
Infatti sullo stesso argomento (anche in matematica) se interrogato oralmente, le prestazioni sono eccellenti, e di conseguenza anche le valutazioni. Ma ci è sempre stato risposto: “con tutti gli alunni che abbiamo, non possiamo interrogare oralmente”.
Finiscono le medie, e si presenta il problema della scuola secondaria, panico, ci siamo detti, optiamo per la privata, sarà forse più seguito.
Peggio che girare a fari spenti in piena notte, per lo meno alla statale quando si portava una relazione del neuropsichiatra, o venivano convocati dallo psicologo, rinunciavano all'idea di bocciarlo “perchè era disordinato” (sic), nella scuola privata, nonostante a inizio anno avessimo portato tutta la documentazione, e avessimo parlato con insegnanti, preside e tutti i santi, non leggevano il materiale medico, e lo emarginavano (un'insegnante dopo che abbiamo contestata la totale mancanza dell'aspetto psico pedagogico, ci ha detto che tale questione non è compito della scuola!) si, perchè farlo lavorare allo stesso ritmo degli altri alunni (mi riferisco sempre alle verifiche), vuol dire emarginarlo.
Ora in terza superiore, stufi di continuare a pagare rette salate senza ottenere in cambio un minimo di “competenza”, abbiamo nuovamente optato per la statale, e l'anno è appena iniziato, se fossi cattolica potrei dire, che Dio ce la mandi buona, ma tale non sono, e posso solo continuare a sostenere mio figlio, che ci ha avuti sempre al suo fianco in questa fatica di Sisifo per scongiurare l'abbandono scolastico di un ragazzo intelligente.
Ma io spesso mi sono domandata, è mai possibile che si taglino risorse alla scuola quando invece bisognerebbe aumentarle, fare formazione continua agli insegnanti, rendere la scuola un luogo dove veramente si formano futuri cittadini, anziché dei frustrati?
Bene, Senatrice Franco, sono contenta di questa legge, speriamo che venga poi fatta rispettare, e che magari le diagnosi non le debbano fare le famiglie, quelle che hanno le competenze per poterlo fare.
A fronte di tutti gli ostacoli che abbiamo dovuto, e che dovremo ancora superare, e le inutili sofferenze del ragazzo, mi chiedo e quei bambini i cui genitori hanno meno strumenti o risorse, che fine fanno?
Il livello di abbandono scolastico è la risposta, sono stata recentemente in Svezia, lì “non esiste” abbandono scolastico, ovviamente nemmeno i tagli all'istruzione.

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