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Fallimenti “Romani”: un altro Ministro con il “legittimo sospetto”. Dimissioni anticipate!

Sembra proprio che per Berlusconi gli uomini e le donne con un passato di privo di macchie siano poco meritevoli di occuparsi del governo della cosa pubblica.
L’altro giorno ho ripetuto al Ministro della Giustizia Alfano, durante il question time sul Sottosegretario Caliendo, che etica e codice penale sono cose diverse e che interessano piani diversi (ne avevo già parlato in questo blog (http://www.antonioborghesi.it/index.php?option=com_content&task=view&id=206&Itemid=1 ). A Berlusconi non sono bastate le vicende Scajola (dimesso), Brancher (dimesso), Cosentino (dimesso), Caliendo (dimissioni richieste). Non gli basta avere un Ministro rinviato a giudizio per corruzione (Fitto), il Sottosegretario alla Protezione civile Bertolaso indagato nell’ambito dell’inchiesta sulla “cricca”. Ora vuole innalzare al rango di Ministro allo Sviluppo Economico il Sottosegretario con delega alla Comunicazione, Paolo Romani. Riporto ciò che scriveva “L’Eco di Bergamo” il 17 agosto 2003: “Una storiaccia di movimenti illeciti avvenuti tra il ‘96 e il 2001. Le inchieste nascono da Lombardia7, emittente che fallì nel ‘99 con un buco di 12 miliardi di lire. Un crac che vide sotto inchiesta anche Paolo Romani, responsabile comunicazioni di Forza Italia e ora presidente della commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera, relatore a Montecitorio della Legge Gasparri. L’accusa era di «falso fallimentare», l’indagine va avanti a Monza ma il reato è cancellato dalla “nuova” legge sul falso in bilancio, guardacaso ispirata da un altro parlamentare forzista, Gianantonio Arnoldi, coinvolto nell’inchiesta della procura di Bergamo per la bancarotta della Gipielle Italia, società di pubblicità fallita nel 2000. Inchiesta che va avanti su una decina di indagati (fra i quali Alvisini). «Travolti dai debiti e dai guai giudiziari », si legge nell’articolo del Corsera, «alla fine del 2000 i responsabili Gipielle hanno venduto le loro quote di Telegestioni (con le frequenze di Lombardia7) e Telenord (con TvSet) a Giuseppe Ruffoni», ora presidente del Cda di entrambe le tv. Nell’inchiesta di Monza sul fallimento di Lombardia7 ci sono fatture false, frodi fiscali e fondi neri per gli inserzionisti. Questo signore tentò di vendere alla Rai (direttore generale Flavio Cattaneo) per 30 milioni di euro le frequenze di proprietà di quelle TV e la vendita fu bloccata dalla allora Presidente, Lucia Annunziata, proprio per la scarsa trasparenza ed i coinvolgimenti politici dell’operazione. A rovinare tutto fu Paolo Biondani, che sul Corriere della sera («Nasce indagata la tv del futuro») raccontò che dietro TvSet c’era un’allegra compagnia inseguita da tre procure d’Italia per bancarotta, associazione a delinquere, false fatture, riciclaggio, falso in bilancio.
Romani, come detto, era il proprietario di Lombardia 7: abbandonò la tv al suo destino e, almeno formalmente, nel 1996 la cedette. Ma ha venduto davvero? Nel mondo delle Tv private c'è chi ne dubitò, chi sussurrò trattarsi di finta vendita, di accordi con prestanome, ecc.. Un giovane giornalista che aveva lavorato a Lombardia 7 raccontò che almeno fino al 1997 Romani veniva in visita alla tv ed era ancora considerato il “padrone” a tutti gli effetti. E certamente resta, almeno fino al 12 gennaio 1998, legale rappresentante di Lombardia Pubblicità. Nel 1999 Lombardia 7 fallisce, lasciando debiti per oltre 12 miliardi di lire. Indagando sul giro delle false fatture di tale Sarti, le Fiamme gialle bolognesi risalgono a Lombardia Pubblicità srl, un’azienda che raccoglie pubblicità, ma fa anche la «cartiera» di fatture gonfiate. È la concessionaria di una tv locale: appunto Lombardia 7. Paolo Romani viene indagato per bancarotta fraudolenta e false fatture. Ma il pubblico ministero di Monza chiede il suo proscioglimento, perché Romani è uscito dalla società prima che questa precipitasse nel crac. Il giudice preliminare impone però l'imputazione coatta per bancarotta preferenziale: anche lui avrebbe infatti contribuito a mandare in malora la sua Tv, anzi sarebbe stato proprio lui ad iniziare la valanga, perché prima di lasciare agli amici la patata bollente, tra il 1994 e il 1996 avrebbe prelevato dalle casse della sua Tv circa un miliardo di lire, condannandola al fallimento. Scrive il giudice: “Già nel marzo 1994 Lombardia 7 Tv Srl ha accumulato un debito imponente e lotta sostanzialmente per sopravvivere, ricorrendo ai tipici espedienti della società in stato di predecozione, quali il mancato pagamento di tasse e contributi allo scopo di tirare comunque avanti. Pacifica è l'impossibilità per la società di fronteggiare le proprie obbligazioni attraverso gli ordinari strumenti di pagamento. Nonostante ciò, proprio da quel periodo in poi, Romani si fa versare dalla fallita azienda somme tali da consentirgli non solo di recuperare i propri conferimenti, ma anzi da determinare un credito in favore di Lombardia 7 Tv Srl“. Si salva, come detto, grazie alla nuova legge sul falso in bilancio. Ma qualche responsabilità resta: deve infatti pagare circa 400 mila euro come risarcimento al curatore fallimentare di Lombardia 7. Forse è per questo che il nome di Paolo Romani sta anche nell'elenco dei politici che in quel periodo ricevevano generosi finanziamenti dalla Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani. Come detto, Romani si è salvato dalla condanna grazie alla depenalizzazione del falso in bilancio: a dimostrazione, direbbe Berlusconi, che non era una legge ad personam (bensì per lui e gli amici suoi). Dopo l’ultima porcata di questi giorni “sui reati fallimentari” forse oggi ci sarebbero stati ancora menoi problemi a salvarsi dai giudici.
Berlusconi, come è noto è molto generoso verso gli amici: da Sottosegretario alla Comunicazione Romani ha gestito vicende legislative che si sono risolte in grandi vantaggi per Mediaset: in particolare il Decreto Legislativo 169 che obbliga di fatto Sky TV a cedere rilevanti quote di pubblicità appunto a Mediaset.

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