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Per un nuovo partito all’insegna di democrazia e rappresentanza

di Gavina Masala

Attualmente l’Italia sperimenta una crisi della democrazia rappresentativa: gli elettori non si sentono più rappresentati dai partiti da loro stessi votati ed il fenomeno dell’astensionismo è in forte crescita. La prima causa della scarsa rappresentanza del nostro sistema politico è da attribuirsi all’attuale legge elettorale e agli statuti interni dei partiti.
La vigente legge elettorale rovescia il principio di sovranità: in una democrazia, infatti, i rappresentati dovrebbero eleggere i rappresentanti, ma con l’attuale legge sono i capi-partito a nominare i loro rappresentanti, mentre il corpo elettorale non ha alcuna voce in capitolo.
Per quanto concerne gli statuti dei partiti italiani, con la parziale eccezione del PD, questi non danno ai tesserati la possibilità di partecipare attivamente alla vita politica del partito.
In tale contesto, Generazione Italia si vuole proporre come un movimento di pensiero e un futuro partito innovativi, ove la rivoluzione copernicana consiste nell’attuazione del principio di democrazia interna, sia a livello strutturale che contenutistico – tematico. Il nuovo partito già si presenta come democratico al suo interno, essendo espressione di sensibilità politiche differenti, la cui sintesi è affidata ad un processo dialettico.
Effettuando una semplice analisi di politica comparata, è possibile trarre degli utili spunti da modelli già sperimentati con successo in altri Paesi, da studiare ed attagliare alla nostra realtà nazionale.
Come può, dunque, un partito essere realmente democratico, in modo che i cittadini siano e si sentano in esso e da esso rappresentati?
Per sentirsi rappresentati, gli aderenti ad un partito devono essere messi nelle condizioni di influenzarne le politiche, di partecipare attivamente e passivamente alle elezioni a qualsiasi livello.
Il cuore della questione è la necessità di ripensare il concetto di iscrizione al partito: tale concetto potrebbe essere riveduto e riformulato sulla base dell’esperienza statunitense.
Negli Stati Uniti, Il corrispondente del nostro atto di iscrizione ad un partito è infatti una semplice dichiarazione di adesione chiamata registrazione. Parte integrante dell’atto di registrazione è l’adesione allo statuto del partito e al suo sistema di valori di riferimento.
Chiunque sia registrato ha il diritto di partecipare alle primarie del partito; Il vincitore delle primarie sarà il candidato prescelto, indipendentemente dalla volontà del vertice, che dovrà rispettare il risultato decretato dalla base. Se trasposta in Italia, questa esperienza contribuirebbe ad un cambiamento epocale nelle strutture di pensiero degli individui, coerente con l’epoca della fine delle ideologie che stiamo vivendo.
E’ importante evidenziare che la registrazione non è vincolante. Essa contempla infatti la possibilità di partecipare alla vita democratica di altri partiti e di votare liberamente; inoltre i candidati sono liberi di dissentire dalla linea del vertice del partito, qualora ritengano che essa si discosti anche parzialmente dallo statuto e dai valori citati. Infine, ogni persona che si registra può partecipare attivamente alla vita di partito e candidarsi alle elezioni.
Tali principi, se dovutamente applicati, andrebbero a smantellare quel processo di investitura del candidato che è, invece, costume politico peculiare del caso italiano.
La politica non sarebbe più, così, affidata ai massimi sistemi, ma si avvicinerebbe ai problemi reali delle persone. Il partito sarebbe un campo di gioco in cui tutti possono partecipare paritariamente alla sfida della rappresentanza. Risulterebbero “vincitori” coloro che riuscissero ad abbinare la qualità e la quantità dell’azione politica all’abilità di rappresentare gli elettori.
L’auspicio è che tali proposte possano essere un punto di partenza per una riflessione costruttiva che riguarderà il “nostro” nuovo soggetto politico.

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