Prima parte
Lo scorso 21 settembre il Consiglio regionale della Lombardia avrebbe dovuto riunirsi per parlare di Expo, l’esposizione universale del 2015 che durerà 6 mesi e che potrebbe richiamare fino a 30 milioni di visitatori da tutto il mondo. Bene, invece di darsi una mossa, il centrodestra ha deciso di rinviare la seduta ad ottobre, rimandando così la scottante discussione sull'acquisizione delle aree, sulle infrastrutture che rischiano di non essere realizzate in tempo, su ciò che dovrà rimanere patrimonio della città di Milano e della Regione, e sul destino delle aree dopo la chiusura della manifestazione.
Un percorso tormentato quello dell’Esposizione Universale meneghina.
Ai ritardi nei lavori per la realizzazione delle strutture, agli scontri sulla gestione tra Letizia Moratti, sindaco di Milano e Commissario straordinario del Governo per la manifestazione, e Roberto Formigoni, Governatore della regione Lombardia, si è aggiunta anche la querelle su un possibile passaggio dell’esposizione internazionale alla città turca di Smirne. Voci, subito smentite dalla Moratti, alimentate da una notizia apparsa su ‘Italia Oggi’. Secondo il quotidiano, da Ankara sarebbero giunte “offerte di disponibilità a subentrare a Milano”. La Turchia – è scritto nell’articolo -sarebbe non solo “disposta a rifondere i costi già sin qui sostenuti dagli organizzatori dell'Expo, ma anche a fornire una congrua somma a mo' di avviamento-risarcimento che potrebbe servire a coprire il baratro che Tremonti ha aperto nei conti degli enti locali milanesi e, in particolare, della Regione Lombardia”.
Una ipotesi che in realtà appare poco verosimile stanti le procedure del Bie (Bureau of International Expositions) ovvero l’Ufficio Internazionale delle Esposizioni, ma che la dice lunga sull’esempio di cattiva gestione e sulla dimostrazione di inefficienza che stanno dando al mondo il Governo, la Regione Lombardia e il Comune di Milano.
Dietro questa poco edificante vicenda si celano infatti gli interessi fin troppo chiari e contrapposti dei diversi rappresentanti all’interno dello stesso Popolo della libertà: Letizia Moratti e Roberto Formigoni, con i “gruppi di interesse” che ad essi fanno riferimento.
Tutto inizia nel 2007, quando viene decisa la “location” per l’esposizione universale del 2015. La scelta cade su una vasta area a nord di Milano, tra l’autostrada per Torino e quella dei Laghi, nei comuni di Pero e Baranzate. Un milione e 300mila metri quadrati di desolazione: terra battuta, rifiuti gettati qua e là, qualche albero. Un’area che non vale nulla, non è edificabile ed è qualificata come “agricola”. I proprietari sono, al 70%, la Fondazione Fiera Milano, controllata dalla Regione e tradizionalmente vicina ai vertici di Comunione e Liberazione, e la famiglia Cabassi, che ha acquistato il suo 30% nel 2002. All’epoca nessuno capì il motivo di quell’operazione. Nel 2007 tutto diventa più chiaro: il progetto Expo prevede aree verdi, linee metropolitane, strade, rete fognaria, opere pubbliche per oltre 3 miliardi di euro. Quei terreni diventerebbero, come d’incanto, irresistibilmente “appetibili”. Il piano che viene firmato da Comune di Milano, Fiera e Cabassi assegna la gestione delle aree in concessione alla società Expo dal 2010 al 2017, dopodiché le stesse tornerebbero ai legittimi proprietari, insieme alla possibilità per gli stessi di edificare su una superficie pari fino ad un milione di metri quadrati.
Un affare per tutti: Comune e Regione non avrebbero speso un euro per quei terreni, mentre i proprietari si sarebbero ritrovati fra le mani un vero e proprio tesoro: manna per la Fondazione Fiera di Milano che così avrebbe messo più di una toppa ai suoi bilanci disastrati.
Ma il diavolo, si sa, fa le pentole e non i coperchi. La crisi, in questo caso, ridimensiona la copertura finanziaria che doveva essere assicurata per la realizzazione delle opere, e per gli attori di questo psicodramma tutto diventa più rischioso; in breve il piano “perfetto” salta.
Letizia Moratti allora mette sul tavolo il suo progetto di riserva, che prevede la realizzazione di un grande parco botanico dedicato alla biodiversità. Formigoni però non ci sta a fare il comprimario, vuole il controllo dell’operazione; propone di acquistare (con i soldi della Regione) le aree che non valgono praticamente nulla, e per farlo è disposto a pagare più del loro valore di mercato. Passato l’Expo 2015 – nelle intenzioni del Governatore – il parco resterebbe alla città di Milano, mentre in una parte consistente di quel territorio verrebbe costruito un nuovo quartiere residenziale: un favore non da poco alla Fondazione Fiera Milano, ai ciellini e al vasto sistema di potere, politico, economico e finanziario, che ruota intorno al Presidente della Lombardia.
Non è tutto, sulle realizzazioni delle opere per la manifestazione, pesano forti sospetti di infiltrazioni mafiose… ma di questo parleremo la prossima settimana, nella seconda parte.
di Danilo Sinibaldi