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Tremonti, Bertone e Draghi. Lo scontro sullo Ior

di Gianluigi Nuzzi, autore di VATICANO S.p.A. (Chiarelettere)

Il sequestro dei 23 milioni di euro che lo Ior stava facendo arrivare a JP Morgan e alla banca del Fucino svela molte notizie che ancora una volta e purtroppo riusciamo ad apprendere solo per l'intervento della magistratura. Non può innanzitutto sfuggire che la Banca d'Italia tramite l'Uif sta monitorando come non mai l'attività dello Ior che non opera in Italia direttamente ma soltanto tramite conti correnti di transito accesi in banche sul nostro territorio.

L'attività di Bankitalia segna quindi una svolta dopo che per decenni con il governatore precedente, Antonio Fazio, era silente dinnanzi alle anomale dinamiche della banca del Papa. E' infatti la seconda inchiesta che viene avviata dalla procura di Roma su sollecitazione della Banca d'Italia e questo grazie alla riforma dell'ufficio ispettivo portata avanti da Mario Draghi con determinazione diremmo “calvinista”.

In questo quadro bisogna sottolineare anche i rapporti. Quello che lega il presidente dello Ior Gotti Tedeschi con il ministro delle Finanze Giulio Tremonti è tanto forte quanto quello che lega entrambi al segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Non bisogna dimenticare che fu proprio Tremonti a introdurre l'8 per mille e che lo stesso Tremonti da commercialista negli anni '90 ha assistito la Santa Sede in diverse vicende.

Non si può esprimere considerazione analoga per Draghi che è assai lontano da entrambi. Insomma i periodi del cavaliere di Gran Croce Fazio, amico dei Legionari di Cristo, ultraconservatore di via Nazionale, sono messi da parte con iniziative che ancora oggi determinano choc in Vaticano. Eppure la nota della Santa Sede sulla vicenda di “stupore” non esprime la ruvidezza e la durezza di precedenti comunicazioni in analoghi momenti delicati, anche perchè la delega a Gotti Tedeschi è ampia e non si ha nessuna intenzione di interrompere un processo di riforma avviato nell'autunno scorso. Così Bertone conferma la fiducia nel presidente dello Ior (ancora una volta, dopo che non aveva ad esempio nominato un nuovo prelato proprio per lasciargli carta bianca), non la esprime per l'azione della magistratura straniera e cerca di relativizzare la portata delle accuse.

E in effetti questa storia, sebbene abbia fatto il giro del mondo dei media, si spegnerà rapidamente. E' una iniziativa giudiziaria spot su una segnalazione sospetta, non è una indagine strutturale su un fenomeno come invece appare quella precedente sui conti in Unicredit.

Il problema rimane invece sempre quello: fintanto che la banca del Papa sarà una banca offshore, fintanto che tra Italia e Vaticano non ci sarà un accordo di reciproco aiuto giudiziario, ogni inchiesta finirà in nulla e, soprattutto, gli scandali alla Marcinkus si riproporranno. Senza Fine.

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