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Pena di morte. Confusione tra sentimenti e ragione

Si fa l'abitudine a tutto, compresa l'uccisione fredda e programmata di esseri umani. Hitler aveva creato strutture idonee per uccidere moltitudini d'innocenti. Gli stati in cui vige la pena di morte, hanno creato strutture idonee per uccidere persone colpevoli, ed ogni tanto, magari per errore, qualche innocente. C'è un'enorme differenza; però ci sono anche innegabili analogie. Ciò che sconcerta in coloro che sostengono ancora oggi la pena di morte, è la confusione tra sentimenti e ragione, nonché la rinuncia totale a quest'ultima. Chiedono, per mettere in imbarazzo chi non è d'accordo: «Saresti dello stesso parere, se avessero ucciso un tuo familiare?». E cadono così nella confusione tra sentimento e ragione. Calpestano quest'ultima, invece, quando di un principio assoluto – la sacralità della vita – fanno un principio relativo: inviolabile la vita dell'innocente; violabile la vita del colpevole. Il colmo della stoltezza è quando tale assurdo concetto del valore della vita viene tranquillamente attribuito al dio in cui si crede. Vale la pena ricordare che l'unico caso in cui l'omicidio diventa lecito, pur restando oggettivamente azione non buona, è la legittima difesa; solo però, ed unicamente, se l'azione è rivolta verso l'ingiusto aggressore e non esiste altra possiblità per fermarlo. Diventa lecito perché è la scelta obbligata, necessaria, del male minore.

Francesca Ribeiro

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