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L’IDV DALLA PARTE DEI LAVORATORI

Autore Maurizio Zipponi

E’ come se la Fiat e la Confindustria sulle vicende di Pomigliano, Melfi e del Contratto Nazionale di lavoro dei metalmeccanici, siano state colpite dalla sindrome del “Ghedinismo” e cioè di come si aggira la legge piegandola agli interessi di pochi precisi interessi senza però riuscirci perché, per ora, vale la Costituzione Repubblicana e non la Repubblica delle Banane.
Stiamo al punto di diritto, cioè alla legalità che determina i comportamenti delle imprese e dei lavoratori.
Il Contratto Nazionale di lavoro dei metalmeccanici è quello firmato nel 2008 dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (sommando il numero degli iscritti rispetto ai dipendenti) e votato a scrutinio segreto da tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato. Esso è esteso erga-omnes a tutte le aziende anche se non sono associate ed è punto di riferimento per le sentenze dei giudici.
In esso si afferma che vale fino al 31/12/2011, può essere disdettato tre mesi prima e nel caso di disdetta rimarrà in vigore fino a quando non sarà sostituito da un altro Contratto Nazionale.
E qui arriva il punto: chi ha diritto di firmare un nuovo Contratto Nazionale che sia estendibile a tutte le aziende e a tutti i lavoratori? Sicuramente coloro che hanno il consenso certificato dal voto dei lavoratori. Ma la questione è proprio quella di aggirare l’obbligo al voto democratico. Per ora i tentativi sono falliti, lo dimostra ciò che è accaduto nel 2009 quando, spinti dal Governo Berlusconi, alcuni sindacati minoritari e Federmeccanica firmarono un accordo separato che interveniva anche sulle materie previste dall’accordo del 2008.
Quell’intesa separata non venne sottoposta al voto dei lavoratori e quindi non può essere estesa, al massimo vale per i comportamenti contrattuali dei singoli sindacati firmatari ma non certo per tutti i lavoratori.
Infatti, per fortuna, le parti sociali, la Fiat, la Confindustria non possono fare le leggi per dare validità erga omnes ai loro accordi. Le leggi le fa il Parlamento e i giudici le applicano.
Quindi la ragione nel contenzioso giuridico contrattuale è chiara. Per l’Idv il filo della legalità e del diritto è quello da seguire e in questo caso siamo sereni nel dire da che parte stiamo, tanto è vero che abbiamo aderito alla manifestazione del 16 ottobre a Roma convocata dalla Fiom. Consideriamo la questione della democrazia dentro le fabbriche centrale nelle azioni parlamentari al punto che Idv promuoverà una legge per consegnare sempre ai lavoratori il diritto di voto sugli accordi .
C’è però da chiedersi perché sta accadendo tutto ciò. La risposta sta in quello che la Fiat chiede: di avere deroghe rispetto ai diritti contrattuali, in concreto la possibilità di pagare di meno i giovani e di aumentare l’orario di lavoro. Oggi un operaio alla catena in Fiat percepisce 1.200 euro al mese netti, un giovane apprendista prende meno di 800 euro al mese. Sono queste le cifre che si vogliono ridurre mentre Marchionne percepisce un reddito 430 volte superiore a quello di un operaio?
Siamo al punto di snodo del prossimo conflitto sociale: per affrontare la crisi il nostro sistema economico-finanziario decide di concorrere abbassando i salari, aumentando gli orari e la precarietà, esattamente il contrario di quanto avviene nelle grandi democrazie industriali a partire dalla Germania.
Questa vicenda, compreso l’incredibile ed illegale atteggiamento della Fiat a Melfi che si rifiuta di applicare integralmente la sentenza del giudice sul reintegro al lavoro dei 3 lavoratori licenziati, pone una precisa responsabilità alla politica: l’alternativa al Governo Berlusconi ci sarà smettendola di inseguire i “giochi di palazzo” e costruendo una nuova capacità di governare il conflitto sociale, con proposte precise che facciano capire da che parte stiamo. Con il Ministro della Disoccupazione Sacconi e con la Presidente della piccola lobby Confindustriale, o con il 99% delle imprese che devono arrabattarsi tra stretta creditizia, stress burocratico e calo del mercato e con i lavoratori ed i giovani precari? Non è retorica la domanda al Pd: da che parte sta? Noi la risposta, da due anni a questa parte l’abbiamo data in ogni occasione, sia in Parlamento che nel Paese reale, davanti alle fabbriche, con i precari della scuola, con le partite Iva, gli artigiani.
Il lavoro in una sana economia di mercato deve essere il primo punto del programma di Governo per decidere di conseguenza il perimetro dell’alleanza da costruire, che deve essere composta da chi ha come obbiettivo un sereno e determinato governo del Paese teso a favorire un nuovo accordo tra capitale e lavoro, tale da coniugare i diritti dei lavoratori con un’impresa che investe, innova, efficiente ed in grado di crescere. Da oggi e fino al 19 settembre, a Vasto, renderemo chiare le nostre proposte.

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