Comuni sempre più nel caos derivati In corso.21 indagini su 53 enti locali

di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

Alla riapertura di settembre del cantiere Italia, il rischio derivati dei comuni italiani torna a fare capolino.
Dopo un anno di indagine, l'inchiesta della procura sui contratti derivati stipulati dal comune di Roma tra il 2003 e il 2007 entra nel vivo. Si ipotizza il reato di truffa aggravata. Gli attori coinvolti, oltre ai funzionari ed esperti finanziari del comune, sono sette banche internazionali, tra cui l'Ubs, con cui l'amministrazione capitolina ha sottoscritto oltre il 45% di tutti i suoi derivati e la JP Morgan, che è da sempre in cima alla lista mondiale per i derivati speculativi Otc con 80 mila miliardi di dollari. Si indaga su eventuali irregolarità e per verificare se le banche coinvolte abbiano incassato esagerate commissioni, magari occulte.
Il comune di Roma avrebbe sottoscritto derivati obbligazionari per 1,4 miliardi di euro con scadenza 2048 e altri relativi ai mutui per 1,5 miliardi. In tutto vi sarebbero 9 contratti. Essi sono stati realizzati nella forma di swaps, solitamente utilizzati per le ristrutturazioni di debiti obbligazionari. Il comune sottoscrisse un'obbligazione «bullet», il cui rimborso prevede il pagamento in un'unica soluzione alla scadenza. Con un accordo di «amortizing swap», la banca si impegnò a versare all'ente l'ammontare annuale degli interessi da pagare, in cambio di una quota di ammortamento del debito e degli interessi passivi.
Queste quote, nella forma di titoli di varia natura, sono spesso di entità variabile definita da complicati calcoli matematici. Esse vengono raccolte e conservate in un fondo, «sinking fund», fino al pagamento finale. La banca però si riservò il diritto di gestirlo, lasciando il rischio a carico dell'ente. Se il fondo dovesse perdere, alla scadenza del derivato originale, il comune dovrebbe ovviamente coprire il buco. Sono accordi capestro!
Il 24 settembre poi il tribunale di Milano terrà la prima udienza per truffa aggravata relativa al noto scandalo dei derivati del capoluogo lombardo che coinvolge amministratori e grandi banche internazionali. Come sempre l'Ubs, la JP Morgan e anche la Deutsche Bank, per 1,7 miliardi di euro. In passato la Corte dei conti ha stigmatizzato simili irresponsabili comportamenti, sostenendo giustamente che i derivati degli enti locali sono delle scommesse ad alto rischio.
Gli enti locali nel loro insieme hanno debiti per 107 miliardi di euro, di cui 35 miliardi in derivati. La Guardia di finanza sta indagando su contratti per un totale di 9,54 miliardi di euro. Sono in corso 21 indagini che coinvolgono 53 enti locali, tra cui le città più grandi come Roma, Milano, Torino, Firenze, Napoli e ben 8 regioni, da Nord a Sud. Molti amministratori, se in buona fede, hanno creduto di comprare delle polizze di assicurazione per proteggersi da improvvise variazioni dei tassi di interesse, ma, invece, hanno sottoscritto prodotti speculativi, opachi ed ad alto rischio.
Non vi è stata differenza di colore politico degli enti locali coinvolti. Ecco perché, mentre si litiga su tutto per addossare le responsabilità agli avversari, sulla questione derivati è steso un velo di silenzio. Forse è l'effetto della mano lunga e pesante delle banche? Il ministero del tesoro fa sapere di avere la situazione sotto controllo. Ne dubitiamo, e comunque non è sufficiente. Il fatto che molti dei succitati derivati siano stati fatti rispettando le leggi non è un argomento convincente. Sappiamo che simili leggi hanno permesso comportamenti azzardati e spesso consegnato la finanza nelle mani di alcuni avventurieri. Sembra però che il governo intenda consentire agli enti locali di continuare a sottoscrivere derivati, anche se sottoposti a maggiori controlli, in quanto permetterebbero una efficiente gestione del debito.
Noi crediamo che questa non sia la strada giusta da seguire per enti che hanno la responsabilità della cosa pubblica. Il loro compito è quello di amministrare le entrate e le spese per il bene della collettività. Non la gestione del rischio. Se necessario, possono anche attingere a crediti pubblici e privati nei modi già sperimentati. Ci si concentri su questo invece di cimentarsi con meccanismi finanziari complicati. Il gioco ne vale la candela?

* Sottosegretario all'economia nel governo Prodi ** Economista

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