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Verso la settimana sociale cattolica di Reggio Calabria: il modernismo, convitato di pietra

di Pierluigi Sorti

Alla presenza di numerosi rappresentanti politici e operatori sociali cattolici ( Bindi, Marini, Castagnetti, Ghiotti, Patriarca e numerosi altri, con parola finale a Pierluigi Bersani ) l’ assemblea romana del 7 settembre scorso, preparatoria alla 46esima settimana sociale cattolica di Reggio Calabria dell’ ottobre prossimo, era chiamata, specificamente, a definire il rapporto fra Pd e dottrina sociale nella Chiesa.

Nel dibattito, ricco e composto, durato quasi 4 ore la parola modernismo non è stato evocata da alcuno e non è anzi nemmeno facilmente ravvisabile nel documento distribuito all’ ingresso, quale contributo all’ assise di Reggio Calabria.

Ma il riferimento storico a quel grande movimento internazionale cattolico del primo novecento, poi condannato da Pio X nel 1907 , propugnatore di un adeguamento continuo alla tendenze politiche e sociali della modernità, poi condannato da Pio X nel 1907, si è imposto nell’ interpretazione di tale documento, illustrato, con sorprendente spregiudicatezza, dal giovane intellettuale cattolico Luca Diotallevi.

Per memoria storica o per diretto ricordo personale, più d’ uno dei presenti che ripercorresse a ritroso il vissuto di quelle prime settimane sociali può rammentare come la semplice presenza di figure come il cardinale Siri o l’ arcivescovo Montini, poi Paolo VI, bastava a ricondurre ogni proposta politico sociale nel naturale alveo del corpo dottrinale della Chiesa.

Orbene il giovane Diotallevi, con concisione non priva di coerenza, ha esposto i suoi temi suscitando sobbalzi emotivi ai numerosi e attenti ascoltatori.

Sulla base di un positivo superamento del concetto del partito monolitico di rappresentanza cattolica, imboccava disinvoltamente la piena libertà di ogni scelta ideologica,nel variegato arco delle opzioni politiche nazionali, legittimando pienamente i comportamenti già consumati da tutti i cattolici, a prescindere dalla loro vasta eterogeneità.

Ma la sorpresa avveniva, in misura crescente, nella teorizzazione collaterale ( in tal caso contraddittoria ) della superiorità del bipartitismo vista sia come rifiuto della contaminazione opportunista inevitabile nel centrismo, sia come garanzia di governabilità che , se sorretta essenzialmente da buona amministrazione, è condizione giudicata ben più importante di una predeterminata e sempre opinabile scala di valori .

Ma l’ apice della eterodossa allocuzione lo si coglieva nel concetto di nazionalità, che, almeno relativamente al paese Italia, non è un bene assoluto potendosi concepire il bene comune, o meglio,

“i beni comuni “ , così Diotallevi preferisce chiamarli, perché più efficacemente perseguibili in

eventuali altri contesti geografici e istituzionali.

La riemersione della concezione eterodossa modernista ha, in queste proposizioni, una evidente cartina di tornasole per una parallela, ampia obliterazione del magistero di S. Tommaso e con connotati , molto dibattuti, incidentalmente o meno, nella piena attualità politica italiana.

E’ corretto sottolineare che la nutrita e ricca sequenza degli interventi successivi del dibattito, ha lumeggiato non poche critiche e sottolineato chiose, a singoli aspetti dell’ allocuzione introduttiva sottacendo tuttavia, salvo una eccezione, il suo innegabile e dirompente carattere dottrinale.

Infatti l’ intenso applauso, di chiaro carattere psicologicamente liberatorio, suscitato dall’ elegante

e pungente ironia dell’ on. Giovanni Bachelet che, intervenendo e paragonando il testo della relazione di Diotallevi al rapporto di denuncia antistalinista di N. Kruscev allo storico XX Congresso del Pcus ( A. D. 1956 ) , stava a significare la controprova evidente della sorprendente fase cattolica di travaglio dottrinale.

E forse lo stesso atteso intervento conclusivo di Pierluigi Bersani , da non pochi giudicato deludente, ha una sua notevolissima attenuante nell’ irrisolvibile groviglio delle tematiche in campo.

Limitandosi all’ anodina elencazione di alcuni dei tanti temi sociali dell’ attualità, il segretario

del Pd, con inusitata mossa volpina, sceglieva infatti di eludere la policromia dei tanti cristalli che relazione introduttiva e dibattito successivo avevano imprevedibilmente posto sul tappeto.


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