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SPAZIO POLITICO CATTOLICI DAL LIBERAL

On. Rocco Buttiglione

De Rita mette subito in evidenza il punto decisivo della questione cattolica in Italia. Esso non riguarda tanto il che cosa vada fatto ma il come.
Dopo la fine della Democrazia Cristiana il cattolicesimo italiano ha vissuto, vogliamo dirlo, una lunga stagione felice. Era un po’ come se fosse saltato un tappo che, nel momento in cui rappresentava in modo praticamente monopolistico la presenza politica dei cattolici, contemporaneamente la mortificava, non dava alle tante realtà che compongono quella presenza uno spazio vivo e attivo di protagonismo. È stato il cardinal Ruini a cogliere nella crisi della Democrazia Cristiana anche una opportunità, liberando questa creatività di base e richiamandola non ad una unità politica ma ad una coerenza sui valori e ad un progetto culturale. Negli anni Novanta e nei primi anni del nuovo millennio la presenza cattolica è cresciuta in tutti gli ambiti della società italiana. Esiste una dimensione di popolo del cattolicesimo italiano ed esiste un popolo cristiano, attivo nelle parrocchie, nei movimenti, nel volontariato… È una straordinaria riserva di energie cui attingere per rinnovare il Paese, che di questo rinnovamento ha bisogno.
La situazione inizia a cambiare quando le questioni della bioetica entrano nel terreno della politica. Prima viene la Legge 40 sulla fecondazione assistita che verrà elaborata in Parlamento da una inedita alleanza trasversale di forze di maggioranza e di opposizione e che sarà poi difesa in un referendum che segna certamente un punto di svolta nella coscienza civile del Paese (forse è iniziata la fine dell’epoca della secolarizzazione).
Poi viene la resistenza contro lo stravolgimento del matrimonio fondato sull’unione di un uomo e di una donna. È una resistenza parlamentare che avrà anch’essa una grande conferma popolare con il Family Day che porta in piazza 1,5 milioni di persone a Roma a favore della famiglia.
Infine viene la grande crisi economica con la domanda di una nuova politica di solidarietà nell’economia e nella società. Vedremo cosa esprimerà su questo terreno la prossima Settimana Sociale dei cattolici italiani. Credo si possa dire già da adesso che sarà forte la domanda di una nuova assunzione di responsabilità.
A tutto questo bisogna aggiungere il progressivo degrado morale della politica italiana e gli appelli ripetuti di Benedetto XVI perché una nuova generazione di cattolici entrino in politica per rinnovarla e purificarla.
Questi avvenimenti segnano il punto di arrivo della esperienza di Ruini e la necessità di andare oltre. Il rafforzamento della presenza nella società è stato protetto, sul versante della politica, da un modello teologico-politico che potremmo chiamare di Ciro il Grande. Ciro il Grande fu un grande sovrano amico del popolo di Israele che lo liberò dalla deportazione in Babilonia e li consentì di ricostruire il Tempio di Gerusalemme. Il popolo cristiano ha creduto in Ciro-Prodi ed è rimasto deluso. Ha poi creduto in Ciro-Berlusconi ed è rimato, se possibile, ancora più deluso. Serve un nuovo modello, che io chiamerò il modello di Giuda Maccabeo. Giuda non attese un pagano che proteggesse il popolo. Invitò il popolo a prendere nelle proprie mani il proprio destino. In questo Giuda Maccabeo somiglia a don Sturzo, che rivolse a suo tempo un invito analogo ai cattolici italiani con il suo Appello ai liberi e forti.
Qui si tocca il nodo sollevato da De Rita: come? Serve un laicato adulto. C’è però una grande difficoltà. Laici adulti ha significato per molto tempo in Italia laici che si muovono nella società mettendo fra parentesi la loro appartenenza al popolo cristiano. Abbiamo bisogno di un altro tipo di laici adulti. Laici che vivano l’appartenenza al popolo cristiano in modo così profondo ed originario da saperlo rappresentare sul terreno scivoloso della politica senza che i vescovi debbano continuamente dir loro quello che devono fare. C’è da superare una duplice difficoltà: l’idea che il laico adulto debba essere dissenziente, non legato o meno legato dal vincolo dell’appartenenza ecclesiale, portatore addirittura di un progetto alternativo di Chiesa e di una visione individualistica del cristianesimo; l’altra difficoltà è la diffidenza clericale che in parte non vuole perdere potere, e in parte, non fidandosi di quel tipo di laico, ostacola globalmente la crescita di una leadership laica. Il laicato rimane quindi frammentato, confuso nella dimensione sociale, nella condizione così ben descritta da De Rita. Le emergenze dell’ultima fase dell’epoca Ruini hanno però imposto alcuni passi avanti. Le battaglie sulla bioetica non si sarebbero vinte senza quel coordinamento efficace che è stato Scienza e Vita. E Rete in Opera è (potrebbe essere) l’embrione di un coordinamento di una presenza sociale e civile. Come è noto io sono convinto che sia necessario anche un partito politico che rappresenti laicamente il popolo cristiano. Sia chiaro: senza un mandato dei vescovi, come il Partito Popolare di Sturzo, giocando fino in fondo la propria responsabilità e senza pretese di monopolio. Un partito così non può crescere, però, se non c’è una rete intermedia, espressione di un cattolicesimo che vive nel popolo ed anche lo guida. Il partito che io auspico è la risposta ad uno stimolo, ad una provocazione che viene dalla base cristiana. Più forte sarà lo stimolo, più forte sarà il partito. Più i cattolici saranno incarnati nella vita del Paese, più facile sarà la loro rappresentanza. Oggi essi non sono rappresentati, ma insieme a loro non è rappresentata una gran parte del Paese. È da qui che nasce l’occasione di essere protagonisti nella costruzione di una nuova rappresentanza politica. Penso adesso ad una realtà come Rete Imprese Italia che vuole dare rappresentanza ai commercianti, agli artigiani, agli altri ceti medi produttivi. Non a caso De Rita è stato un protagonista anche nella costruzione di quel raccordo. Se i piccoli non si mettono insieme comanderanno sempre i potenti. Questo vale per la rappresentanza sociale come per la presenza politica dei cattolici, ed i due processi sono in qualche modo legati: l’uno senza l’altro è difficile che possa andare molto lontano.
Infine una ultima considerazione sul tema della cristianità del popolo italiano, su cui si sono soffermati sia Cardini che Messori nel grande servizio pubblicato ieri da Liberal. Io credo che il confine tra fede e incredulità passi nel cuore di ogni italiano. Non è possibile sapere esattamente quanti siamo e forse non è neppure importante. È più importante avere qualcosa da dire, una testimonianza da rendere anche sul terreno sociale e politico. Talvolta saremo maggioranza, talvolta saremo minoranza, come è normale in una democrazia. In ogni caso saremo cittadini di pieno diritto e contribuiremo alla crescita complessiva del nostro popolo.
Rocco Buttiglione

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