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CAMBIARE IL SISTEMA

Certamente l’estate è stata politicamente diversa che per gli anni passati. Come da copione, anche il PdL si è trovato a fronteggiare le “correnti” interne e non sempre con buona riuscita. Tra tanti veleni, ci si continua a dimenticare delle riforme istituzionali. Intanto, anche per non essere fraintesi, desideriamo rammentare che quelle che ci premono andrebbero a modificare, nel merito, la nostra Costituzione. Non neghiamo, quindi, che la questione sia assai complessa perché si andrebbe ad incuneare nel cuore dello Stato. E’, però, anche vero che alcuni articoli della Costituzione dovrebbero essere rivisti alla luce di una differente realtà politica che già a segnato, indelebilmente, la Seconda Repubblica. La revisione più urgente dovrebbe interessare il nostro Potere Legislativo. Il Parlamento potrebbe essere eletto con un meccanismo uninominale a doppio turno e con sostanziali modifiche operative. Noi saremmo per una Camera dei Deputati con rappresentanza nazionale, mentre l’attuale Senato potrebbe evolversi nella Camera delle Regioni con elementi elette in sede locale. In tal modo, proprio per non tralasciare il concetto di federalismo, si potrebbe ottenere una maggioranza parlamentare meno eterogenea che garantirebbe, tra l’altro, una maggiore stabilità di Governo. Quella stabilità della quale il Popolo italiano sente la prepotente necessità. Il Presidente del Consiglio, eletto dalla Camera dei Deputati e dalla Camera delle Regioni, avrebbe una funzione di coordinamento primario ben più ampia dell’attuale e sarebbe soggetto, per la prima volta nel nostro Paese, ad eventuali mozioni di sfiducia da parte del Potere Legislativo. In questo modo, il proposto sistema elettorale maggioritario consentirebbe all’opposizione un ruolo contributivo, più che limitativo. Punto e basta. Il tutto con la partecipazione politica diretta dei Connazionali residenti all’estero. Riteniamo, ancora una volta, che l’Italia non sia tagliata per un sistema unicamerale. Volendolo, basterebbe adeguare le proposte esigenze ad un aggiornamento costituzionale. Invece, ci si continua a perdere nelle diatribe e nelle correnti che indeboliscono e non risolvono. Secondo noi, manca, però, la volontà per un radicale mutamento dei rapporti politico/parlamentari. La Coalizione di Centro/Destra non ha modificato, nella sostanza, ciò di cui si sentirebbe l’opportunità. Così, alle porte dell’autunno, l’Esecutivo è assai meno monolitico che alla fine dell’inverno. Intanto, intorno agli aspetti politici del contendere, premono i problemi economici e di bilancio dello Stato. Trovato, come auspichiamo, un accordo per i cinque punti di programma evidenziati dal Cavaliere, ci sembrano maturati i tempi per le riforme istituzionali delle quali abbiamo scritto. Il 2011 potrebbe, se non altro, essere l’anno di nascita della nuova Repubblica italiana; ma con razionalità e chiarezza da parte di tutti.

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