COSSIGA E NAPOLITANO. TALVOLTA ANCHE GLI ARBITRI SBAGLIANO A FISCHIARE

Autore Fabio Evangelisti

Altri diranno di più e meglio della controversa figura di Francesco Cossiga. Io l'ho conosciuto soltanto negli ultimi anni e non nego una certa qual simpatia nei confronti della sua lucida follia. A tratti era davvero geniale, nelle sue esternazioni e nei giudizi taglienti di chi gli capitava a tiro. Su di lui, però, il più giovane Capo di Stato che abbia avuto il nostro Paese, capace di dimettersi da Ministro dell'interno sul caso Moro, peserà sempre il ruolo di 'Picconatore' delle Istituzioni e la vicenda 'Gladio', la struttura paramilitare pronta al golpe e la conseguente richiesta di impeachement presentata all'epoca dal Pci.
La stessa procedura di 'imputazione' che proprio in questi giorni Giorgio Napolitano ha richiesto di attivare (contro se medesimo) da parte di coloro che credono stia andando fuori dal seminato costituzionale. Conosco meglio, of course, l'attuale Presidente della Repubblica che – in quanto arbitro e uomo – può anche commettere errori. Non mi sembra, tuttavia, che ciò sia accaduto in queste convulse giornate. Nessun dubbio, quindi, sulla correttezza con cui Napolitano affronta i problemi del suo mandato: il ruolo d’interprete e garante della Carta Costituzionale riserva a lui ogni valutazione e ogni potere in merito allo scioglimento delle Camere. E per lui è proprio fuori luogo parlare di impeachement.
Dunque, piuttosto che accapigliarsi in dispute accademiche e dottrinali, sarebbe utile analizzare la situazione di vera e propria crisi politica, prima che istituzionale, che investe il Paese. I fatti ci dicono che oggi Berlusconi non ha più una maggioranza autosufficiente alla Camera, mentre è ancora in grado di condizionare pesantemente il voto al Senato. In una simile situazione di stallo, saranno i prossimi mesi a dire quale sarà la vera tenuta del Governo. Oggi, a causa dei sondaggi non favorevoli, la sensazione è che Berlusconi abbia messo il piede sul freno, anziché sull’acceleratore, lungo la strada verso il voto anticipato.
È evidente, poi, che la maggioranza numerica del Parlamento non ha nessuna intenzione di andare alle urne, mentre se si ascoltano le voci che provengono dal Paese, da Confindustria a Luca Cordero di Montezemolo, ma anche nei bar e sotto l’ombrellone, si percepisce una crescente preoccupazione per l’ennesimo fallimento di quella che era una maggioranza fortissima, con un margine di oltre cento deputati, apparentemente in grado di riparare il Governo da qualsiasi scossone. All’opinione pubblica poco interessano le dispute di carattere politico, ma piuttosto una rapida soluzione dei problemi.
E, dunque, è meglio il voto anticipato o un governo di transizione? Una domanda alla quale Massimo Catalano, in Quelli della Notte, avrebbe risposto “meglio un buon governo che un cattivo governo”. Il buon governo di Berlusconi, evidentemente, non c’è mai stato, e oggi è in discussione la sua stessa esistenza. Di fronte a una lunga agonia dell’esecutivo è senza dubbio da preferire una sua interruzione, anche traumatica, una rapida eutanasia piuttosto che un trascinarsi lento verso una consunzione che investirebbe, con gravi conseguenze, tutto il Paese. Anche 'Kossiga', probabilmente, ragionerebbe così. Ma, oggi, al Quirinale siede un'altra figura. E la sensazione è che l'Uomo del Colle si stia dimostrando, ancora una volta, uomo di rigore e di raro scrupolo. Quel che succederà, dunque, dipenderà anche (ma non soltanto) dal Presidente della Repubblica e sarebbe ora che, sia da destra sia da sinistra, si smettesse di tirare la giacca a Napolitano e si restasse allo spirito e alla lettera della Carta Costituzionale, non alle sue interpretazioni interessate. L’Italia dei Valori, di fronte alle ventilate ipotesi di pasticci istituzionali, preferisce senza dubbio il ricorso alle urne, per dare al popolo italiano la possibilità di esprimersi democraticamente e mandare a casa Berlusconi. Questo non esclude che si possano trovare eventuali soluzioni di transizione, a patto che abbiano un mandato limitato nel tempo e obiettivi certi: la risoluzione del conflitto d’interessi (finalmente scoperto anche da una parte del centrodestra), la questione morale, ri-esplosa in maniera dirompente come ai tempi di Tangentopoli, e una riforma della legge elettorale che riconsegni lo scettro della scelta di Deputati e Senatori nelle mani dei cittadini.

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