di Giuseppe Valditara
La situazione politica italiana vista dall’estero è impressionante. Ciò che è avvenuto e sta avvenendo nel nostro Paese non sarebbe neppure lontanamente pensabile in una qualsiasi nazione europea. Quello che più rattrista è che in Italia abbiamo dilapidato e continuiamo a dilapidare miliardi di euro di risorse pubbliche per sostentare una classe dirigente corrotta che ha dato vita ad una oligarchia che dà l’impressione di considerare l’Italia una cosa propria. La Corte dei Conti ha stimato in 60 miliardi di euro il costo della corruzione sul contribuente. Se un politico prende una mazzetta, il costo viene infatti scaricato sul prezzo dell’appalto, in genere con il moltiplicatore, e dunque a pagare sono i cittadini italiani. Tutto ciò è avvenuto, va anche detto con altrettanta chiarezza, con la passiva accettazione di molti, che, per timore che possa vincere la parte avversa, per un malinteso senso della lealtà, o piuttosto per convenienza, per scarso senso dello Stato, menefreghismo, rassegnazione, complicità, continuano a legittimare questa deriva di illegalità diffusa.
Non meno disinvolti sono stati alcuni media che, anzichè denunciare con imparzialità il malaffare, lo hanno giustificato, ridimensionato o nascosto quando riguardava persone della stessa area politica.
Mentre una certa oligarchia continua con proterva arroganza a fare i propri affari, ai cittadini italiani si richiedono sacrifici crescenti. Questa situazione non è più tollerabile. Una politica pulita deve essere possibile anche in Italia. E deve essere possibile senza rincorrere il dipietrismo sguaiato, violento, amorale, sprovvisto di un radicamento chiaro nei valori del centrodestra liberale e democratico.
Lo spaccato di questi ultimi mesi ricorda derive di tipo sudamericano: un membro del governo e capo partito indagato per camorra; ministri e sottosegretari sospettati di aver ricevuto ingenti regalie da imprenditori poi arrestati e abitualmente vincitori di appalti pubblici; un ministro la cui nomina immotivata è stata spiegata da alcuni come il tentativo di sottrarlo alla giustizia, abusando della legge sul legittimo impedimento; un capo partito sospettato di complottare con personaggi dal passato inquietante per fare pressione sui giudici costituzionali affinchè dessero il via libera a leggi utili al Presidente del Consiglio; lo stesso capo partito coinvolto in varie inchieste penali per corruzione; potenti dirigenti politici sospettati di aver ricevuto voti dalla ‘ndrangheta; un amministratore regionale, politicamente legato a un capo partito nazionale, di cui avrebbe finanziato fra l’altro campagne elettorali, coinvolto in inchieste su traffici d’armi in cui affiorano persino terroristi islamici; intercettazioni che descrivono amministratori regionali e comunali agli ordini di boss della ‘ndrangheta; per finire con parenti e conviventi di ministri nominati in importanti enti pubblici senza titoli significativi o addirittura graziose veline nominate in Parlamento o in consigli regionali senza qualifica alcuna, ma con rapporti di amicizia personale con potenti leader di partito. Tutto ciò senza contare il processo per corruzione di testimone in cui, a torto o a ragione, è ancora coinvolto il premier.
Ora qualcuno, dal garantismo ad intermittenza, tira in ballo pure il presidente della Camera, che non è peraltro oggetto di indagine alcuna.
Credo debba ristabilirsi per tutti un principio fondamentale tipico di uno stato liberale: piena fiducia nella magistratura. I magistrati siano messi nelle condizioni per fare le loro indagini, poi si tireranno le conclusioni. In uno stato di diritto non vi è motivo di dubitare del corso della giustizia, che coinvolge comunque diversi gradi di giudizio e numerosi giudici. Chi sarà condannato dovrà farsi da parte, per sempre. Ma proprio perchè la magistratura possa fare fino in fondo il suo lavoro, occorre accantonare una volta per tutte leggi che possano in qualche modo costituire uno scudo ad personam. Dopo tutto quello che è successo in questi ultimi mesi, non è più il tempo di lodo Alfano, di processo breve, di legittimo impedimento, di immunità parlamentare, di leggi che rendano difficili le intercettazioni o di qualsiasi norma che possa impedire alla giustizia di andare fino in fondo e costituire per chiunque una qualsiasi forma di impunità. La gente vuole chiarezza e vuole che sia fatta luce su tutto quello che di penalmente rilevante tocca i vertici dello Stato, senza più immunità per qualcuno, senza più privilegi. Ne va del destino libero, democratico e civile del nostro Paese. Chi ha scheletri negli armadi ne porterà le conseguenze penali, chi non ha nulla da temere ha sempre tre gradi di giudizio per dimostrare la propria innocenza.
Come per qualsiasi cittadino.