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Afghanistan: Stop alla missione di guerra

Autore Stefano Pedica

Signora Presidente, onorevoli colleghi, non è una tragica fatalità parlare di missioni internazionali oggi, dopo soltanto cinque giorni dalla morte del maresciallo Mauro Gigli e del caporalmaggiore Pierdavide De Cillis del Genio, rimasti uccisi a nord di Herat. (Brusìo) Non è una fatalità, perché le fatalità si possono prevedere, mentre è ormai un dato quasi statistico che fra un decreto di proroga delle missioni e l'altro il nostro Paese deve piangere uno o più caduti. (Brusìo).

Signora Presidente, sto parlando di caduti del nostro Paese, e mi interrompo, in questo saloon, con questa gente incapace di ascoltare o almeno di rispettare i morti: o vanno fuori o ascoltano in silenzio.

Non è una fatalità, perché le fatalità avvengono in tempi di pace, mentre le nostre Forze armate vivono in situazioni di guerra, dove i caduti sono una costante, una costante inaccettabile… (Brusìo).

…una costante inaccettabile, tanto che il nostro Paese sessant'anni fa decise, nel redigere l'articolo 11 della Costituzione, di non volerne mai più mettere in conto. È quello che il Ministro non ha capito e lo invito sempre a leggere questo articolo 11 che, per quello che riguarda il ministro La Russa, non è da approfondire. (Commenti del Gruppo PdL).

Pertanto, ritrovarci oggi a discutere di rifinanziamento delle missioni mentre le famiglie dei due soldati ancora portano un lutto al braccio dovrebbe far riflettere tutti sulle continue responsabilità che ci assumiamo. Ma sappiamo, ed abbiamo visto, che così non è e non sarà: voi le responsabilità le scaricate sulla casualità e sui morti. Per questo l'Italia dei Valori partecipa a questo dibattito con assoluta intransigenza nel dire no alle morti per colpa della vostra distorta concezione della parola pace.

Non voglio tediare nessuno con argomentazioni, frasi prolisse o paroloni che richiamino al nostro, ma soprattutto vostro, senso dello Stato, della Patria, del bene comune; ma non commentare l'operato inconsistente del Governo in questo campo è impossibile! Dibattiamo oggi di un decreto-legge licenziato dal Consiglio dei ministri meno di venti giorni fa, già approvato dall'altro ramo del Parlamento, con modificazioni flebili, ma con aggiunte di “marchette” non indifferenti. (Commenti dal Gruppo PdL).

Mi chiedo e vi chiedo: è sempre e solo tramite la conversione dei decreti-legge che ci dobbiamo occupare di questo importante settore della politica estera? Tutto ciò a pochi giorni dalla Conferenza di Kabul del 20 luglio, alla quale hanno partecipato Ministri e rappresentanti di settanta Paesi e organismi internazionali regionali; conferenza dalla quale il Governo italiano è uscito con un magro comunicato: «Il processo di transizione in Afghanistan deve essere accompagnato dalla comunità internazionale, non sulla base di tappe fissate dal calendario, ma dalle reali condizioni esistenti», ricordando che bisogna usare prudenza e che «la presenza militare è ancora necessaria». Cari colleghi, per fare questo comunicato il ministro Frattini doveva andare fino a Kabul?

L'Italia sembra aver perso ogni coscienza della situazione geopolitica internazionale e soprattutto sembra aver rinunciato ad ogni pretesa di influenzarla. Infatti, cari colleghi, mentre gli Stati Uniti premono per una fase nuova per non parlare di ritiro dal 2011, e vogliono lasciare la sicurezza dal 2014 in mano agli afgani (che sono, ricordiamocelo sempre, gli stessi che non solo non riescono a garantire la sicurezza della popolazione, ma sono anche gli stessi responsabili dell'aumento esponenziale delle piantagioni di papavero da oppio o dell'allontanamento di meritorie organizzazioni quali Emergency), l'Italia non riesce ad esprimersi sul senso, sullo scopo e sui risultati della missione.

Ricordando che l'Italia partecipa a 33 missioni internazionali fuori dai confini nazionali, bisogna tener presente che nel corso dei decenni si è passati da semplici operazioni di ingerenza umanitaria, attraverso l'invio di osservatori, a missioni di mantenimento della pace (peacekeeping), di formazione della pace e prevenzione dei conflitti (peacemaking), di costruzione della pace (peacebuilding), fino ad arrivare a missioni di imposizione della pace (peaceenforcing). In questo ultimo anno è stato fatto il passo definitivo: siamo arrivati, stante la radicalizzazione della polveriera afgana, alla missione di guerra vera e propria.

L'Italia dei Valori, come tutti sapete, a riguardo dell'Afghanistan, da tempo oramai discute e propone exit strategy, ritenendo di dover portare via da quel Paese i nostri soldati. Oggi, dopo un anno abbondante dalle nostre prime richieste, nessuna strategia di uscita è stata ipotizzata, ma neppure alcuna strategia alternativa che converta le energie militari in sforzi civili. La Conferenza di Londra del gennaio scorso ha istituito, infatti, un Fondo fiduciario per la pace e la reintegrazione, il quale avrebbe dovuto raccogliere donazioni per 500 milioni di dollari. A quanto mi risulta, non riesce ancora a raggiungere quota 150 milioni. L'Italia quanto ha dato? Noi come Italia dei Valori esigiamo una precisa risposta dal Governo. Ma so che una risposta non potranno averla da voi, perché non avete ancora capito che cosa avete fatto. I nostri soldati in Afghanistan non sanno per quanto tempo dovranno stare lì e forse non sanno nemmeno perché stanno lì, per fare cosa. Ma intanto muoiono saltando in aria sulle strade di qualche regione in cui dovrebbero mantenere la sicurezza e interessarsi dell'istruzione e della sanità.

Chiudo, signora Presidente, ricordando all'Assemblea che l'Italia dei Valori, qui in Senato come alla Camera, ha presentato solo pochissimi emendamenti, tutti volti all'aumento dei fondi per la cooperazione allo sviluppo. Sul resto del provvedimento non abbiamo inteso proporre ulteriori emendamenti, perché faceva schifo così come l'avete presentato. Non abbiamo condiviso in passato, e non condividiamo adesso, la posizione del Governo. Non la riteniamo meritevole di modificazioni in senso migliorativo, anche per il rispetto che dobbiamo – ricordatevelo sempre – ai nostri ragazzi fuori dai confini nazionali.

A fronte di una responsabilità del nostro partito, si riscontra una totale cialtroneria del Governo, della maggioranza e, a volte, anche di altre parti. La verità – colleghi – è che in questo Parlamento, da più di un anno, sull'Afghanistan si celebrano minuti dì silenzio e semestri di ipocrisie. Oggi si ripeterà quanto è avvenuto alla Camera dei deputati. Il decreto di rifìnanziamento verrà approvato col voto unanime di tutti i Gruppi parlamentari, ad eccezione dell'Italia dei Valori. Le due tragiche morti dei nostri soldati non avranno smosso alcuna riflessione o ripensamento. Da 18 mesi l'Italia dei Valori chiede di prendere atto della trasformazione della missione afgana, passata da intervento di ricostruzione a guerra violenta, e di conseguenza di programmare una exit strategy. Ma siamo rimasti come cassandre inascoltate.

Al posto di una riflessione seria sulla nostra politica estera, il ministro La Russa, intervenendo in quest'Aula giovedì scorso, ha liquidato il problema afgano promettendo l'invio di 17 blindati “Freccia” in più. Come se 17 carri armati potessero cambiare l'esito di una guerra persa. Come se 17 blindati potessero assicurare la sicurezza di soldati che i talebani vedono come aggressori da uccidere con ordigni rudimentali. Come se 17 “Freccia”, oltretutto già promessi mesi fa ma mai inviati, potessero rendere costituzionale una missione all'estero che confligge con l'articolo 11 della Costituzione, quello che il ministro La Russa non sa, non capisce e non vuole capire fino ad oggi (Commenti dal Gruppo PdL).

Ecco perché piangiamo i morti ancora (Applausi dal Gruppo IdV). L'Italia dei Valori non seguirà le altre forze nell'ipocrisia di dedicare minuti di silenzio, che sono doverosi e profondamente sentiti, e poi di votare sì alla missione di guerra. Ribadendo ancora una volta la necessità di uscire dal pantano afgano, voterà contro il rifìnanziamento, convinta e responsabile. Questo è amor di Patria, e non quello che versa lacrime ai funerali e poi manda a combattere – e purtroppo anche a morire – ragazzi che non sanno quale democrazia stanno esportando, visto che anche in Italia di democratico ormai c'è rimasto ben poco da esportare! (Applausi dal Gruppo IdV e del senatore Peterlini. Congratulazioni).

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