Aiuto, il pericolo derivati non è scongiurato

Di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

La riforma di Wall Street è stata annacquata dalle lobby bancarie, mentre in Europa si sconta il peso di Londra

La recente approvazione della legge di riforma finanziaria di Wall Street, conosciuta come Dodd-Frank Act, contiene molte novità e aspetti importanti. È un documento di oltre 2300 pagine, che come le nostre leggi finanziarie, farà sentire i suoi effetti concreti sul mondo della finanza e delle banche via via che entrerà in vigore. Non subito, in quanto per i cambiamenti più importanti prevede due pericolosi lunghi anni di assestamento e transizione.
La riforma però non affronta in modo deciso la madre di tutte le bolle speculative, quella dei derivati Over the counter (Otc). Nei capitoli ad essi dedicati si riconosce che allo scoppio delle crisi finanziaria, «una parte consistente dei soldi pubblici è stata usata per coprire i pagamenti alle controparti in quanto le banche non avevano abbastanza capitali». A questo proposito si ricordi che la sola grande compagnia di assicurazioni AIG ottenne dal governo 180 miliardi di dollari per coprire i buchi neri dei derivati.
Si sottolinea anche che i derivati hanno aumentato drasticamente la capacità di leverage, cioè la capacità di operare su grandi cifre con un piccolissimo capitale di partenza e quindi con grandi rischi. Essendo contrattati in modo bilaterale, non vengono valutati per il loro effetto sistemico e mancano di trasparenza sia per gli investitori che per le agenzie di controllo dei mercati.
Il testo della riforma, inoltre, svela la loro pericolosità indicando che gli Otc sono passati dai 98 trilioni di dollari di valore nozionale del 1998 ai 592 trilioni a fine 2008. In verità occorre aggiungere che il loro picco massimo alla vigilia della crisi era arrivato a quasi 700 trilioni per scendere a 550 nel mezzo dell'ondata dei fallimenti bancari. Poi la bolla è ritornata a gonfiarsi: a fine giugno 2010 la loro quantificazione era stimata intorno ai 650 trilioni di dollari.
Sotto la pressione delle potenti lobby bancarie, il testo di legge iniziale è stato annacquato. Esso prevede che le banche, che vogliono continuare a operare con questi derivati ad alto rischio, potranno farlo solo con delle affiliate preposte che non potranno godere degli aiuti pubblici. Ma come sempre sono le eccezioni che aggirano le leggi. Infatti le banche potranno continuare a operare sui mercati dei derivati relativi ai tassi di interesse, ai cambi esteri, all'oro e all'argento e a certi tipi di Cds, credit default swaps, diventati noti nella crisi del debito pubblico greco.
L'interesse del mondo bancario americano ad evitare qualsiasi regolamentazione sugli Otc è provato dai 23 miliardi di dollari di profitti fatti in derivati dalle maggiori banche commerciali nel 2009. Tra queste primeggia la Goldman Sachs, la stessa che, pagando alla SEC americana una multa di 550 milioni di dollari, ha convenientemente superato indagini e condanne per una serie di malversazioni finanziarie a danno degli investitori e del mercato. Questo non è un buon inizio per le potenziate agenzie di controllo, ne un segnale positivo per la riforma della finanza appena approvata.
Noi riteniamo che la bolla dei derivati Otc debba essere sgonfiata attraverso misure e interventi più stringenti. Essi, come riconosce anche il testo della legge Dodd-Frank, possono essere di interesse per certi singoli operatori privati ma sono certamente pericolosi per il sistema.
Per i debiti pubblici degli stati, che a causa della crisi sono aumentati di circa il 20% in poco più di due anni, le varie istituzioni internazionali, a cominciare dal FMI, chiedono un veloce rientro sotto i livelli precrisi. Inoltre esse, in primis Maastricht, mirano a medio termine ad abbassare il debito pubblico al 60% del Pil dei vari paesi. Va da sé che queste operazioni comportano rigore e sacrifici. Perciò è più importante e razionale imporre globalmente tetti sempre più bassi e limiti alle operazioni speculative in derivati Otc.
Se negli Stati Uniti resta ancora molto da fare, in Europa la discussione sulle nuove regole della finanza è più tormentata che mai. Se si parla di controlli centralizzati sui mercati e sugli attori finanziari e bancari, subito viene contrapposta la centralità delle istituzioni nazionali e della loro sovranità. La giusta decisione della Merkel di bandire tutte le operazioni speculative a breve è stata ed è oggetto di continue e defaticanti controversie all'interno dell'UE.
Le nuove regole in Europa dovrebbero essere condivise da tutti i paesi. Ma c'è lo scoglio inglese. L'Inghilterra da anni beneficia dei contributi Ue ma non partecipa all'euro e non è interessata a normative più stringenti sulla finanza e sulla speculazione. Infatti nella City viaggiano i due terzi della finanza globale e opera l'80% di tutti gli hedge fund. Le lobby della City sono forse più efficaci di quelle di Wall Street. Se l'Unione Europea resta sotto lo scacco di Londra, il suo futuro è a rischio. E si potranno verificare nuove crisi finanziarie.
*Sottosegretario all'Economia nel governo Prodi **Economista

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