CEFALONIA: UN PROCESSO CHE NON SI E’ MAI TENUTO

(Le responsabilità dei capitani A. Pampaloni e R. Apollonio ed il silenzio dell’Italia ufficiale)

di Massimo Filippini

E’ divenuta una moda “processare” taluni Ufficiali, dal gen. Gandin a tutti i comandanti di Corpo della Divisione ‘Acqui’, tacciandoli di un presunto ‘filo germanesimo’ per essersi pronunciati a favore degli ordini di cedere le armi che il Comando d’Armata di Atene in un primo momento emanò ed ai quali peraltro si adeguarono immediatamente le altre divisioni in Grecia i cui membri pur venendo internati –i cosiddetti IMI- nella stragrande maggioranza sopravvissero alla tragica esperienza mentre a Cefalonia dopo alcuni giorni di tentennamenti si giunse allo scontro armato –fomentato da alcuni incoscienti- al termine del quale la presunta “connivenza” con i tedeschi non impedì a Gandin ed ai suoi collaboratori di essere fucilati dai tedeschi, con i quali, al contrario, proprio i loro più feroci critici, non esitarono a “COLLABORARE” per salvare la ‘ghirba’, facendo poi passare per 'infiltrazione’ nelle fila del nemico la loro immonda collaborazione con lo stesso.
Questo fu il risultato di una congiura postuma contro dei Martiri che pagarono con la fucilazione da parte tedesca le conseguenze degli arbitrari comportamenti posti in essere a Cefalonia dagli ormai ben noti capitani del 33° rgt art Pampaloni ed Apollonio.
Al primo, se non altro, va riconosciuta una linearità di atteggiamenti che lo portò, dopo aver compiuto azioni integranti reati militari punibili con la pena di morte, qualora fosse stata istituita -come purtroppo non avvenne- una Corte Marziale, a collaborare con i suoi amici “naturali”, i “briganti” dell’ELAS, ovvero i famigerati “andartes” venerati dalla liturgia comunista, i quali non furono da meno dei tedeschi quanto ad efferatezza che si manifestò soprattutto nella loro specialità prediletta, quella dell’incaprettamento con conseguente “taglio della gola” o sgozzamento dei nemici caduti nelle loro mani, nessuno escluso.
Buona parte di quel che sappiamo in merito la dobbiamo proprio al Pampaloni cui addirittura l'Apollonio successivamente addebitò -ci limitiamo a riferirlo- la responsabilità dello sgozzamento di sei nostri soldati sbandati che, nella zona di Anfilokia, furono invitati a passare nelle fila dei partigiani greci da quelle tedesche, dietro promessa di aver salva la vita, ma vennero successivamente sottoposti a tale barbara pratica.
Anche se Pampaloni negò la propria responsabilità, il fatto, però, avvenne ed è questo ciò che conta ai fini di una giusta qualificazione della Resistenza comunista greca.
Di queste bande di assassini, dunque, il Pampaloni divenne una specie di Commissario Politico benedetto e riverito soprattutto per aver loro fornito armi e munizioni subito dopo l’8 settembre -come egli stesso si premurò di raccontare- malgrado fosse evidente che i partigiani greci erano e restavano, a prescindere da ogni altra considerazione, nostri nemici.
Ma queste, direbbe Totò, sono “quisquilie” a confronto di quanto fece il “Capo del movimento contro il generale Gandin” come lo definì il col. Mondini, Capo dell’Ufficio Storico del nostro Esercito nel 1947, che altri non fu che il futuro gen. CdA Apollonio il quale dopo la tragedia, scampato in circostanze ‘misteriose’ alle fucilazioni, passò ‘al servizio’ dei tedeschi divenendo addirittura il Comandante degli Artiglieri e altri nostri soldati rimasti ‘al servizio’ di costoro nell’isola e successivamente –partiti i tedeschi- spacciatisi per ribelli combattenti conro di essi: i famosi Banditi Acqui di cui senza vergogna si celebrano in una canzone le inesistenti imprese. Furono molti i testimoni che durante il processo – 'farsa' del 1956- 57 deposero di averlo visto circolare con al braccio una fascia con su scritto: “DEUTSCHE KOMMANDANTUR” ed è altresì certo che pochi giorni dopo il massacro “egli sedeva alla mensa degli ufficiali tedeschi”come risulta dalla Requisitoria del dr. P. Stellacci P. M. in detto processo.
Questa non è fantastoria, come si potrebbe pensare, ma pura verità testimoniata, tra l’altro, proprio dall’alter ego di costui, cioè da quello che, coerentemente, con il suo atteggiamento ho definito “il compagno – capitano” Pampaloni.
Il lettore, quindi, è pregato di non sgranare gli occhi e di non pensare, come fanno alcuni idioti, che io abbia una sorta di fissazione maniacale con tali personaggi, quasi si trattasse di elementi la cui azione fu ininfluente sui fatti mentre, invece, come è ben noto, ne fu la causa principale avendo determinato lo scontro e la tremenda rappresaglia tedesca.
Ciò premesso sono lieto di presentare un mio breve saggio storico-giuridico, suffragato da prove inoppugnabili, relativo ai comportamenti che videro PAMPALONI AMOS ED APOLLONIO RENZO consegnare -restando successivamente impuniti- armi ai partigiani greci, dal 9 all’11 settembre:

Nel CODICE PENALE MILITARE DI GUERRA al titolo “Dei reati contro la fedeltà e la difesa militare” si legge:

ART. 51 – (Aiuto al nemico) – Il militare che commette un fatto diretto a favorire le operazioni militari del nemico ovvero a nuocere altrimenti alle operazioni delle forze armate dello Stato italiano, è punito CON LA MORTE CON DEGRADAZIONE.

Brevi note esplicative: L’art. 51 è così lumeggiato nei lavori preparatori e finali dei Codici Militari:
“Quanto all’altra delle forme di favoreggiamento al nemico, cioè di prestare aiuto al nemico, senza partecipare direttamente alla guerra contro lo Stato nazionale, la natura stessa del reato determina una molteplicità di modi, e così un elemento materiale vario e complesso: ad esempio impedire il buon esito di una operazione miltare, togliere alle forze belliche qualche mezzo di agire contro il nemico, agevolare a questi la difesa o l’offesa, FORNIRE ARMI, VIVERI ECC. “

CONCLUSIONI: Se si fosse proceduto IMMEDIATAMENTE, a mezzo di una Corte Marziale nominata dal Comandante, i due sarebbero stati immediatamente passati per le armi.

A proposito dei rapporti con i partigiani greci prima, durante e dopo l’8 settembre, ad essi si attaglia perfettamente quanto previsto nell'articolo che segue:

Art. 56 ( Comunicazione illecita con il nemico, senza il fine di favorirlo) – Il militare che, senza il fine di favorire il nemico, ma senza autorizzazione o contro il divieto dei regolamenti o dei superiori, entra in comunicazione o corrispondenza con una o più persone delle forze armate nemiche è punito con la reclusione da uno a sette anni; e se trattasi di fatto abituale o, comunque, se ricorrono circostanze di particolare gravità, con la reclusione non inferiore a dieci anni.

Le due fattispecie criminose si rivelano, pertanto, pienamente adattabili ai reati posti in essere dai due su nominati.

Il primo, Pampaloni, è reo confesso: il secondo, l'Apollonio, che ricevette i complimenti di due “tenenti” greci dell’ELAS, Georgopoulos e Migliaresi, per la dazione di armi ai partigiani, fu perfino criticato dal suo apologeta, il ricercatore Paoletti, che nel suo libro ‘Il capitano Apollonio, l’Eroe’ di Cefalonia’, a pagina 286 scrive testualmente: “Il comportamento del cap. Apollonio fu sicuramente censurabile quando distribuì armi ai partigiani greci prima dell’ordine di considerare i tedeschi come nemici, quando, secondo alcuni fece puntare i cannoni della sua batteria contro il Comando Divisione (…) “.
Si noti come Paoletti, con spirito assai comprensivo e mettendosi sotto i piedi il Codice penale Militare, definisca appena “censurabile” un comportamento integrante un reato punibile con la pena di morte; ma ciò rientra nell’ambito delle mistificazioni di cui –su Cefalonia- egli è maestro anche se l’averne accennato va ascritto a suo merito.

Ed ecco le 'prove' a carico di Apollonio: due lettere di elogio da parte di due membri della resistenza comunista greca per la consegna di armi italiane ai ribelli greci, effettuata dal futuro generale di Corpo d’Armata Renzo Apollonio.
(La copia originale è leggibile nel sito Cefalonia.it e fu da me rinvenuta nel ‘Fondo Apollonio’ giacente all’Ufficio Storico EI da dove –guarda caso- venne poco dopo ritirato dai possessori).

1^ LETTERA:

Argostoli 12 ottobre 1944
Io sottoscritto Dionisio GEORGOPULOS Ten. dell'ELAS dichiaro che ho conosciuto il capitano antifascista Renzo Apollonio nel settembre 1943. Dal giorno 9 fino al 13 settembre 1943 prima di iniziare a combattere contro i tedeschi, il Cap. Apollonio ch'era il Comandante dei reparti antitedeschi della Divisione “Acqui”, aveva svolta collaborazione col Ten. Col. Kavadias e col Ten. MIGLIARESSI patrioti greci del comando dell'ELAS di Cefalonia.
Io ero presente l'11 settembre 1943 quando il cap. APOLLONIO consegnò armi e munizioni al Ten. Col. Kavadias e al Ten. MIGLIARESSI per gli Andartes dell'ELAS.
Durante la notte del 12 settembre ho accompagnato il Cap. Apollonio quando ha passato in rivista una compagnia di Andartes che volevano combattere con lui contro i tedeschi.
Questa compagnia ricevette viveri e munizioni dal comandante APOLLONIO.
Io rimasi fino agli ultimi giorni della guerra come collegamento fra il cap. APOLLONIO e il comando dell'ELAS.
Il giorno 13 settembre alle ore 7 del mattino mi trovavo presso la batteria del cap. APOLLONIO, quando ha dato l'ordine alla sua batteria e alle batterie di PAMPALONI e di AMBROSINI di sparare contro le zattere tedesche che portavano truppe per rinforzare il presidio di Argostoli.
Quando i tedeschi resero schiava Cefalonia, io sapevo che il cap. APOLLONIO era comandante delle forze italiane quali patrioti contro i tedeschi.
Sempre ho conosciuto l'idea del patriota italiano APOLLONIO, perchè non solo lo conoscevo da prima ma anche perchè sapendo che era stato fucilato due volte a Dilionata senza essere ucciso, non era possibile che stimasse o collaborasse con i tedeschi.
Per questo appunto avevo fiducia a collaborare con lui, il cap. APOLLONIO infatti mi riferiva sempre notizie politiche e militari ogni volta che ne veniva richiesto.
Molte volte ho messo in collegamento il cap. APOLLONIO con MIGLIARESSI per definire delle questioni molto segrete fra il cap. APOLLONIO e l' ELAS.
Posso ancora dichiarare che il MIGLIARESSI deve la sua vita ad APOLLONIO perchè subito per mezzo mio è stato avvertito di guardarsi perchè i tedeschi l'avevano condannato.
Ancora posso dichiarare che veramente la sera dell'8 settembre 1944 il cap. APOLLONIO ha dato l'ordine ai suoi soldati di sparare contro i soldati tedeschi ch'erano giunti per far saltare il porto e la zona limitrofa, e di tagliare i cavi di 120 mine, il che ha salvato metà città da completa distruzione.
Il cap. APOLLONIO che è conosciuto da tutti in Cefalonia come patriota italiano, è stato un nemico dei tedeschi ed ha preferito, per non abbandonare i patrioti italiani soli nelle mani dei tedeschi, di subìre i tedeschi e di essere un padre per i figli della sua Patria che son venuti a trovarsi nelle mani dei tedeschi, dove solo la morte li aspettava.
Sempre col pericolo della sua vita aiutava i patrioti Andartes di Grecia e si trovava sempre al nostro fianco come commilitone.
F.to Il Sottotenente dell' ELAS
Giorgio Gheorgopulo

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2^ LETTERA:

ESERCITO NAZIONALE E.L.A.S.
VII^ Brigata
Comando Isole Ionie
N° di prot. D.Y.
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Cefalonia – Argostoli – 12 ottobre 1944
Numero Alfa

D I C H I A R A Z I O N E

Io sottoscritto Tenente dell'ELAS MIGLIARESSI AGESILAO, nella qualità di appartenente al Comando dell'ELAS di Cefalonia, affermo che in seguito alle referenze fornitemi dal Capitano d'artiglieria Amos PAMPALONI, ho avuto rapporti col capitano Renzo APOLLONIO il quale ha acconsentito di collaborare con l'ELAS per la lotta comune contro i tedeschi nei primi giorni del settembre 1943.= La collaborazione è stata completa e sincera.= Gli ufficiali antifascisti Capitano Amos PAMPALONI, Capitano BIANCHI, Capitano GASCO e il Capitano APOLLONIO hanno dimostrato di essere dei valorosi combattenti.=
In seguito al tradimento del Generale GANDIN e del Tenente Colonnello SEBASTIANI i tedeschi sono diventati padroni dell'isola e gli ufficiali e i soldati italiani sono stati fucilati in massa.= Per conseguenza il Capitano Amos PAMPALONI e il Capitano BIANCHI sono passati nelle file dell'ELAS ed hanno combattuto a fianco dei compagni di lotta fino ad oggi, mentre il Capitano Apollonio, preso prigioniero dai tedeschi, nell'evidente intento di non abbandonare i suoi soldati e di forgiare i loro animi per il giorno della riscossa, assumeva il comando degli italiani che avevano acconsentito di collaborare con i tedeschi.= Anche in questo nuovo posto mettendo più volte in pericolo la vita il Capitano Renzo APOLLONIO ha continuato a collaborare con me personalmente e mi ha dato tutte le informazioni di carattere militare e politico che gli ho chiesto.=
Il giorno 11 luglio, circa 24 ore prima di una grande azione militare tedesca contro gli Andartes dell'isola, il Capitano APOLLONIO si recava da un mio intermediario a PESADES e gli comunicava il piano d'operazioni che avrebbero adottato i tedeschi nell'azione contro gli Andartes.= (Tale informazione, per ragioni ancora da appurare, non mi pervenne).
Nel periodo successivo, in seguito alla mia partenza dall'isola non ebbi più alcun rapporto col Capitano Renzo APOLLONIO.
F/to Tenente Migliaressi Agesilao

Le due lettere si commentano da sole e mi limito solo a rilevare, lasciando il giudizio al lettore, come l'amico di Apollonio cioè il miserabile autore della seconda scriva senza mezzi termini di “tradimento del gen. Gandin e del t. col. Sebastiani”(suo aiutante di campo ndA) : due Martiri di cui il primo fucilato alla Casetta Rossa e il secondo ucciso a bruciapelo non appena catturato dalle belve tedesche.
Questi dunque furono gli ‘amici’ di Pampaloni ed Apollonio ai quali lo Stato italiano durante e dopo il processo – burletta del 1956-57 conferì rispettivamente la medaglia d’Argento e l’ avanzamento ‘per merito di guerra’ da capitano a maggiore con carriera proseguita fino al grado di gen. di Corpo d’Armata.
Non aggiungo altro e constato solo che con chi assassinò i due “traditori” Gandin e Sebastiani ‘andava a pranzo’ l'Eroe Apollonio “ammesso –poco tempo la strage- alla mensa degli ufficiali tedeschi” come si legge nella Requisitoria del P. M. Stellacci.
Per finire una notazione: nel settembre 2003 partecipai ad Argostoli ad un Convegno sui fatti di Cefalonia i cui Atti furono riportati in un volume edito dall’ANRP dove a pag. 83 si legge il testo di un intervento del prof. Gerasimos Apostolatos nativo di Cefalonia dove da bambino assistette ai fatti e prof. Ordinario di Storia all’Università di Atene-
Ne stralcio un brano “… Chiede (l’Apostolatos, ndr) ai Relatori italiani di esprimere la propria opinione sul perché Apollonio sia sempre stato considerato un Eroe mentre tutti qui a Cefalonia lo videro collaborare con i Tedeschi…”.
Mi fermo qui: credo che basti.

Massimo Filippini

NB: Tutti i documenti richiamati nell’articolo sono visibili nel sito web www.cefalonia.it e comunque fanno parte dell’Archivio dell’autore.

MF

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