Una legge speciale per L’Aquila senza voce. In Abruzzo con i terremotati

Siamo stati a L'Aquila, per dare voce a chi non ce l'ha. Di fronte all'ennesima fiducia, per di più sulla Finanziaria, i deputati del PD hanno lasciato l'Aula. Insieme a loro Bersani è tornato ancora una volta a L’Aquila, per richiamare l'attenzione dei giornalisti e degli italiani sulla ricostruzione che non c'è a un anno, tre mesi e ventuno giorni dal sisma, simbolo di tutte le promesse mancate del governo.
Abbiamo visto la zona rossa, parlato con i cittadini riuniti in assemblea accogliendo fischi ed applausi, proteste e proposte. Ripartiamo dall’appoggio alla proposta di legge popolare e dalla richiesta di una tassa di scopo per la ricostruzione.
Questo è il racconto della giornata

Uscendo dall’autostrada l’Aquila si presenta come ogni città d’Italia a fine luglio, semideserta. Da lontano le case della periferia hanno colori pastello, tenui. Costeggiandole in pullman però si vedono bene le crepe, i foratini messi a nudo, la cortina sbrecciata di appartamenti con le finestre aperte da oltre un anno. Ed i marciapiedi transennati, sfondati come da un bombardamento. I tornanti che ti accompagnano in salita verso il centro storico hanno ancora i cartelli pubblicitari e lungo la strada solo vecchie pubblicità ingiallite e cumuli di macerie alte mezzo metro davanti ai negozi. Il terremoto è così, un boato di un minuto che condanna ad anni di silenzio.
Eppure la propaganda governativa da oltre un anno macina il terremoto de l’Aquila e la ricostruzione come il miracolo berlusconiano. Ma il miracolo allora dov’è?
Bersani, Franceschini, Bindi e 140 deputati del PD arrivano in città il pomeriggio del 27 luglio per provare a smontare la bufala. Tutti e tre e parte dei deputati sono già stati qui, senza riflettori, spesso con le commissioni parlamentari, adesso arrivano tutti assieme. Lo fanno per rispondere all’invito che il sindaco aquilano, Massimo Cialente, ha fatto a tutti i partiti. Lo fanno per primi quelli del PD. Lo fanno in concomitanza con l’ennesima fiducia, la numero 35 del governo, che mortifica il Palmento abolendo la discussione, anche sugli emendamenti a favore degli aquilani.

Non vuole essere una passerella, si è deciso di vistare la zona rossa interdetta agli abitanti e poi di partecipare ad un’assemblea con i comitati. Sobriamente. Ed il programma viene rispettato, poche battute per i giornalisti durante i 90 minuti tra le macerie, e come spiega Pier Luigi Bersani “portiamo qui i riflettori adesso che se ne sono andati, perché non fa più comodo al governo. Ribadiamo quell’impegno, diciamo che così non va bene, dobbiamo aiutare gli aquilani con una legge speciale, altrimenti saranno terremotati di serie B rispetto agli umbri, ai marchigiani. Sono stati costretti a venire a Roma per strappare qualcosa, ma questo non è un terremoto di serie B. Il terremoto de L'Aquila è una delle chiavi del berlusconismo, prima il miracolo dell'emergenza raccontato nei tg, poi l'abbandono. Noi confermiamo nostri impegni alla gente che è rimasta nei guai”.

Rosy Bindi ha un proposito: “è la fiction di Berlusconi quella che andiamo a smontare oggi a L'Aquila” mentre Dario Franceschini parla della città come della “prova lampante di come sono stati gestiti due anni di governo, riflettori accesi in campagna elettorale per tornaconto, per poi spegnerli quando i nodi vengono al pettine”.
Poi c’è l’abbraccio con Cialente, i caschi di protezione distribuiti e si entra in quella che è la zona off limits. (una visita che Bersani ha raccontato anche su facebook con gli aggiornamenti sulla sua pagina durante il viaggio e l’assemblea).La porta della zona rossa è fatta da una serie di tubi Innocenti che puntellano vicoli stretti, dove altrimenti le case si sarebbero probabilmente già toccate. Cialente ci indica sulla destra “quello che era il mio municipio, lì c’è la torre civica” e poi dà le cifre: solo in centro storico vivevano 50.000 persone. 18.0000 sono quelle che abitano nelle nuove case, 30.000 sono ancora sfollati, 9.000 vivono ancora negli alberghi sul litorale abruzzese, a centinaia di chilometri da qui. 15.000 sono gli aquilani senza un lavoro dopo il sisma. Passiamo davanti a Palazzo Quinzi, uno dei pochi che ha resistito al sisma perché era stato ristrutturato contro il rischio sismico e che è rimasto in piedi. Palazzo Quinzi ospitava un liceo classico con oltre 300 iscritti. Oggi non c’è nessuno. Un cinema in città ha la locandina de gli amici del bar Margherita e chissà per quanto tempo non ci sarà una nuova proiezione..
Attorno edifici sbrecciati, un ragazzo ci dice: che “se il terremoto fosse avvenuto di giorno il disastro sarebbe stato ancora peggiore”. Sono decine i palazzi ancora senza transenne e anche quando ci sono i ponteggi questi si limitano alle facciate.I cani la fanno da padroni assieme alle erbacce. Una città popolata di fantasmi come si sentono gli stessi aquilani per l’Italia e la politica. È transennata anche la sede del Pd dove “feci al mia prima tessera del PCI – ci racconta la deputata Paola Concia – E c’è ancora la bandiera del PD fuori dalla finestra dietro le transenne”.
Come quinte teatrali tante case aquilane non hanno più i tetti e nelle stanze crescono piante selvatiche. I micro-crolli sono continui per via della pioggia e in inverno della neve e così aumenta il numero di palazzi che non potrà essere restaurato. Anche le chiese sono tutte senza tetto. Ci sono 10.000 case su cui si potrebbe intervenire con poco, ma sono accanto a palazzi pericolanti, transennati e in un domino malefico senza soldi e progetti tutto va in malora nel silenzio assordante di una città d’ossimori, che mostra le sue ferite.
Arriviamo a piazza San Pietro, Cialente ci racconta: “Era il centro della movida questo slargo, adesso invece…”. Adesso la piazza della movida è la piazza della vacaciones, che in spagnolo sta per abbandono, congedo. Un congedo fatto in fretta e furia alle 3 e mezza del mattino di un anno, tre mesi e ventun giorni fa che si vede nelle porte lasciate aperte di condomini in cui entrano i cani a noi indifferenti mentre camminiamo, che si vede in strane composizioni di calcinacci, foto, tessuti ed utensili che prima erano stanze. Una città abbandonata dal premier, la sua vacaciones c’è stata il 29 gennaio 2010 quando è venuto l’ultima volta a l’Aquila per il passaggio di competenze sulla ricostruzione con Cialente e il presidente della regione, Gianni Chiodi.

Deleghe sì e fondi no. Basta pensare alle “new town” del progetto c.a.s.e., i nuovi insediamenti antisismici in cui si sono voluti spostare subito gli abitanti del centro invece di puntare su alloggi temporanei e sulla ricostruzione veloce del centro. Ci spiega Cialente che sono “19 nuove microcittà per le quali dovremo pensare ai trasporti, alle scuole, ai servizi, alla raccolta di rifiuti quando già prima il bilancio era in una situazione critica adesso c’è anche la beffa della finanziaria che obbliga tutti i comuni a un taglio secco delle spese correnti. Abbiamo 100 ettari di centro storico con 14.000 edifici e ora la città si è allungata pazzescamente! Aspettiamo almeno lo stanziamento del fondo Cipe di 714 milioni di euro che Berlusconi ha sbloccato in qualità di ministro per lo Sviluppo subito dopo la manifestazione del 7 luglio scorso. Ora quel denaro è appena una boccata d’aria ma dobbiamo aspettare la richiesta di variazione di bilancio da sottoporre a Giulio Tremonti, e poi l’ok definitivo della Corte dei Conti” Bersani fa una stima veloce che ripeterà in assemblea con gli aquilani: “Servono almeno 1,5 miliardi l’anno per 7 anni da subito o l’Aquila non verrà mai ricostruita. Serve la certezza dei fondi e delle procedure, non si può andare avanti con ordinanze che fanno diventar matto chi le vuol comprendere o andando con il cappello in mano a Roma”.
Michele Fina, segretario provinciale del PD sintetizza i risultati di Berlusconi e Bertolaso: “Non c’è un progetto, non c’è una legge, non ci sono fondi e in certi giorni registriamo ancora 5 scosse”.
Uscendo dalla zona rossa c’è uno dei primi bar che ha riaperto ai margini del centro e l’unico albergo a 4 stelle del centro in attività. Il deputato aquilano Giovanni Lolli ci spiega che “parte del palazzo era stato ristrutturata secondo norme sismiche ed è in piedi. Parte no”. E quella parte è ancor transennata e pericolante. Furoi dal bar Bersani si ferma con gli aquilani a parlare. Lamentano come la misura “è stracolma. Non c’è progettualità, Chiodi non vuole incontrarci e ci sono solo iniziative estemporanee, magari buone per la stampa. Riaprono un teatro o un campo sportivo invece va ricostruito il tessuto edilizio assieme a a quello sociale. Perché non proponete a Renzo Piano di coordinare un pool di 100 architetti aquilani, che lavorerebbero gratis, alla rinascita della città?”
Bersani annuisce e prende appunti poi va all’assemblea con i comitati aquilani in piazza Duomo, sotto un tendone bianco.

L'ASSEMBLEA CON GLI AQUILANI.
Un’ora di interventi accorati, applausi e proteste per raccontare una città con più disoccupazione, più tasse, niente case e niente lavoro. Critiche che non lo preoccupano visto che come dirà iniziando il suo intervento “ho in testa un partito popolare, che non vive solo di applausi ma anche di critiche”.
Ci sono 400 persone sotto la tenda e da oltre un anno le istituzioni le hanno usate come la quinta di sfondo, si citerà il caso dei “ladri d’immagine” Gianni Letta e Guido Bertolaso che si sono fatti fotografare davanti la basilica di Collemaggio restaurata. Ma i restauri erano in corso da tre anni. Ettore Di Cesare ringrazia i deputati per la presenza gradita ma poi vuol sapere perché c’erano delle assenze in occasione della votazione sul dl39 che hanno ribattezzato il decreto ammazza Abruzzo, vuol sapere perché il PD ancora non denuncia come il piano case è stato usato per la speculazione edilizia mentre la protezione Civile ha militarizzato il terremoto bypassando le leggi ordinarie. Lo ha fatto impedendo volantinaggi e riunioni. Giusy Pitari, prorettore dell’università avrebbe voluto prima la nostra presenza: “ci siamo sentiti soli, in inverno al città era vuota e avremmo voluto lo stesso aiuto che Bersani ha dato alla città di Firenze”.
Giorgio Mancini ringrazia Lolli, Cialente, Stefania Pezzopane: “So che hanno lavorato con onestà, anche perché ci dicono che fanno solo il loro dovere. Lo fanno mentre oggi tutti rivendicano solo diritti. Io ero commosso dalla partecipazione dopo il sisma, ho pensato che serviva il ostro terremoto per rifare l’unità d’Italia. Sono sicuro che se all’epoca fosse stata votata la tassa di scopo nessuno avrebbe detto nulla e l’Aquila sarebbe piena di cantieri. Ora ci dobbiamo sentir dire da Berlusconi ‘non voglio mettere le tasche nelle mani degli italiani. Ci siamo sentiti lasciati alla deriva”.
Francesco Iritale è il segretario cittadino del PD de L’Aquila e interviene in modo accorato: “Non ve la dovete prendere con il PD noi non siamo al governo. Io ero contro il piano c.a.s.e. (le new town) e tutto il PD lo era, ma non ci hanno ascoltato, la Protezione Civile ha impedito di svolgere anche le assemblee di partito, gli assessori non potevano incontrare i cittadini. Allora aiutateci a rompere il racconto berlusconiano del terremoto, del governo efficiente che risolve i problemi. Noi del PD metteremo la ricostruzione al centro dell’agenda politica e del futuro dell’Italia”. Iritale chiede ai parlamentari di lavorare per impedire che dal primo gennaio 2011 ci sia la restituzione delle tasse sospese “altrimenti questa diventerà la città in cui si pagano più tasse in Italia. Come facciamo?”
Gli interventi si succedono al microfono, tocca a Luigi Fabiani: “Volevamo la detassazione come è successo per altri sismi e invece neanche il rinvio di 12 anni come in Umbria abbiamo avuto. Li hanno dati anche all’alluvione di Alessandria, a noi no! Poi vogliamo una legge organica e una tassa di scopo, non è vero che non serve come dice Bertolaso. Noi faremo una legge d’iniziativa popolare, la stiamo preparando da 15 mesi e vedremo se voi deputati l’appoggerete”. Giovanni Lolli prende la parola: il deputato democratico è sfollato, anche lui abitava in centro. Capisce la rabbia perché “finora non abbiamo fatto di questa battaglia quella più importante, probabilmente anche per colpa mia non si è capito che era una grande questione nazionale. Intanto Berlusconi ne ha fatto LA questione assieme all’immondizia a Napoli. Ma ora noi aquilani dobbiamo decidere che vogliamo: vogliamo continuare a parlare adesso che grazie alle manganellate che abbiamo preso gli italiani hanno capito come stanno le cose? Il 62% degli italiani è solidale con noi oggi e quindi può cambiare tutto. Cialente ha invitato tutti i partiti e finora siamo venuti solo noi, ne sono orgoglioso ma spero arrivi anche il PDL perché vogliamo farla rinascere questa città. Certo, oggi abbiamo fatto riprendere ai tg l’Aquila com’è, vogliamo vedere se la trasmetteranno. Noi ci prendiamo tre impegni su cui continuare a lavorare con voi. Il primo è sulle tasse. Non ci hanno dato niente e il PD sarà in prima linea. Il PD sposerà la proposta di legge popolare sulla ricostruzione perché la protezione civile la confonde con l’emergenza. Le ordinanze sono un casino e i cittadini non ci capiscono niente. E poi i soldi. Servono fondi in cassa ogni anno, soldi certi, e una tassa di scopo visto che si paga ancora l’accise sulla guerra in Abissinia. E ricordiamo alla Lega che il governo Berlusconi per l’alluvione di Alessandria la tassa di scopo la fece!”
E’ poi il turno di Patrizia Tocci che per la tassa di scopo ha raccolto 22.000 firme: “Ora le voglio dare a chi vuole farne una legge. E voglio dirvi che siamo stanchi di calma e speranza perché qui neanche ci diciamo più “come stai” ma ‘casa tua di che lettera è?’ perché ormai viviamo di sigle. Ci hanno detto ‘che volete? Con il G8 L’Aquila è passata alla storia’ ma non è con il G8 che si passa alla storia, ci passerete voi se riuscirete a risolvere i problemi. Signori della stampa e della tv l’ottavo comandamento dice non dire falsa testimonianza allora testimoniate come stiamo perché fino ad oggi nei tg ci avete confinato dopo la Nutella perché non si deve parlare di tasse. Venite alle 9 di sera e vedrete una città morta, nelle c.a.s.e non ci sono servizi, non c’ una fermata di autobus, un edicola. Anziani e ragazzi qui non hanno niente”.
E gli ultimi interventi prima di Bersani sono di ragazzi come Stefano Albano che racconta come la Protezione Civile qui “ha fatto politica. Non gli straordinari volontari mala burocrazia che ci ha impedito le assemblee. Non si deve parlare solo delle case, qui ci siamo sentiti traditi dallo stato. Cialente ha convocato il Consiglio Comunale in Piazza Palazzo per far vedere le macerie e il TG1 titolò: ‘Riaperto il centro, festa a l’Aquila’! Hanno un modello culturale che ci vuole grati a chi ci fa le regalie, invece noi rivendichiamo diritti. Mi vergogno del deputato Giorgio Stracquadanio del PDL, che ha detto che è il governo che dovrebbe manifestare a l’Aquila contro di noi. Democratici fate vostra questa battaglia”. L’ultimo a parlare è Francesco D’Orazio che invita tutti, parlamentari e cittadini ad impegnarsi: “Sappiamo quanto stiamo male ma noi non abbiamo mai mollato L’Aquila, anche quando sotto questa tenda ci sono poche persone Impegniamoci di più”.
Poi tocca a Bersani: “Cari aquilani, voglio che rimanga questo messaggio: oggi con tanti parlamentari facciamo un omaggio a questa tenda, alla voglia di partecipazione, e ci mettiamo a servizio. Ho in testa un partito popolare che non vive solo di applausi ma anche di critiche. Alcune di quelle che ho sentito oggi sono giuste altre no. Io ho provato a dire anche in tv che non reggeva la favola del va tutto bene, ma il messaggio veniva oscurato”. Poi a chi gli chiedeva conto della sua foto a Firenze a spalar fango ha ricordato come”in 40 anni quella foto non si era mai vista. Finché Bertolaso non mi ha chiesto chi avrebbe rimosso le macerie in città se lui si fosse dimesso dalla Protezione Civile, come ho chiesto dallo scorso inverno. E dopo il sisma che vi ha colpito ho chiesto a Rita Lorenzetti di mandare qui un funzionario tecnico della regione Umbria, che aveva affrontato già un disastro simile”. E sugli interventi da fare ricorda come “abbiamo chiesto subito una legge, ma siamo stati surclassati dalla propaganda, in tante assemblee che ho fatto ho incontrato gente che pensava che fosse tutto risolto. E in tv non ci vai se parli de L’Aquila”. E così stavolta è il PD ad andare a L’Aquila, non per fare le passerelle “ma perché siamo arrivati al 35° voto di fiducia cassando anche i nostri emendamenti per il sisma”. Poi elenca le linee su cui agirà il PD e arrivano gli applausi più sentiti: “Serve una legge. Ma fatela voi, legge d’iniziativa popolare, noi la appoggeremo raccogliendo le firme in tutta Italia. E se sarà già pronta la lanciamo dalla nostra festa democratica nazionale a Torino. Guardate che conosco i terremoti, ho guidato anche la delegazione dell’Emilia Romagna per gli aiuti ai terremotati in Basilicata. Per questo capisco che serve una tassa di scopo, senza egoismi: chi ha di più paghi di più e chi ha di meno paghi di meno. E diteci sempre cosa serve: lavoro, ricostruzione del tessuto sociale, industria, zona franca. Credo tutto questo e assieme a voi ci intestiamo la battaglia sugli ammortizzatori sociali.”. Conclude con un impegno: “Siamo qui, tanti deputati che rappresentano tutta l’Italia, alcuni per la prima volta. Prendiamo un impegno sentito come compito personale per tenere viva questa questione: lo facciamo perché non dobbiamo più sentire una critica come quella giusta di oggi. Impegniamoci assieme”.
Il PD a L’Aquila c’è e ci tornerà presto. Ma il miracolo berlusconiano dov’è?

Marco Laudonio

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