Ci vuole un altro Pertini. E forse c’è

Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare…

Cinquant'anni fa di questi tempi avevamo il governo più fascista che ci sia stato fra Mussolini e Berlusconi, un centrodestra Dc-Msi che per prima cosa provvide a “revisionare” – come si dice ora – la storia italiana facendo occupare Genova dagli ex repubblichini di Salò.

Genova insorse e anche nel resto d'Italia ci furono manifestazioni contro il governo. Nel sud si mescolarono con quelle per l'acqua e per l'occupazione.

La polizia, in perfetto stile sovietico (ma i “comunisti” qui erano gli sparati) , sparò sulla folla in diverse città: a Reggio Emilia uccise cinque operai, a Licata (Agrigento) restarono per terra venticinque manifestanti (uno morto), a Palermo furono uccisi un anziano sindacalista, un precario diciottenne e una donna che stava alla finestra. A Catania massacrarono un ragazzo a manganellate (Salvatore Novembre, 19 anni) e lo lasciarono a morire in piazza Stesicoro, dove ora la gente passeggia senza sapere.

Nei giorni successivi il governo crollò, travolto dalle proteste (allora la gente si ribellava). Ma al sud e specialmente in Sicilia la vita rimase quelle di prima, cioè disoccupazione e miseria e mafia per i contadini: mancava ancora un sacco di tempo per il Sessantotto.

* * *

Da allora molte cose sono cambiat e alcune sono rimaste le stesse. La polizia, dopo Falcone e gli altri, non sparerebbe più sulla folla. Ci sono più telefonini, ma meno allegria. Lavoro continua a non essercene, e ora non solo al sud. Invece c'è sempre la mafia, che ha ancora più amici nei partiti di governo.

E proprio a questo proposito, c'è una differenza importantissima: adesso,della mafia, nessuno fra i politici si accorge più. Allora i partiti di sinistra (i “socialcomunisti” che poi si scissero, uno al governo l'altro all'opposizione: ma sempre restando di sinistra fino a tutti gli anni'70), se una cosa sapevano, è che con la mafia non si discute e che la mafia sempre si combatte. Persero pià di cento compagni (un'altra cosa che ora non vi raccontano) combattendo i mafiosi, fra il '43 e gli anni Sessanta). Avevano mille difetti, ma non di fare compromessi coi mafiosi.

E ora? Adesso lo vedete: condannano un politico fondamentale (un fondatore di Forza Italia, un braccio destro di Berlusconi) per mafia, e una settimana dopo tutti se lo sono già dimenticato. Non è che non protestino, non facciano begli articoli, non siano – per alcuni giorni – virtuosamente indignati: ma tutto si ferma lì. Poi arriva la “politica” dei politici, e tutto ritorna normale.

Per ora, nella sinistra “normale”, fervono le trattative e le avances (allearsi con Fini? con Micciché in Sicilia? con Calderoli e Bossi?), con strategie complessissime, degne di Sun Tzu o Napoleone. Peccato che falliscano sempre. E quanto agli assetti interni: chi sarà il candidato finale, alle elezioni? Bersani, Vendola? Di Pietro? Oppure – tocchiamo ferro – un D'Alema o un Veltroni? O l'abilissimo Letta? E chi appoggiato da chi, che schieramenti interni, che alleati? Manovre complicatissime, degne di Giulio Cesare o Machiavelli.

E anche queste regolarmente finiscono col pugno di mosche in mano. Finirà che dalla crisi verrà fuori un governo Tremonti (che in effetti c'è già) o un Tremonti-Fini, o un Fini-Calderoli-allargato (tutto è possibile) o… E tutto, in nome dell'emergenza, con l'appoggio pià o meno esplicito della sinistra.

Da un canto è divertentissimo vedere gli schieramenti che si compongono, le congiure reciproche, i tradimenti dei ras (non a caso fra poco è venticinque luglio…), dall'altro noi popolo di ogni giorno in tutto ciò ci guadagniamo proprio niente. Rischiamo un governo Berlusconi senza di lui, che duri altri vent'anni e che sia sempre e altrettanto padronale. Un otto settembre che non finisce mai.

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Quanto a noi, che di “politica” non ne mastichiamo, abbiamo poche idee e tutte fuori moda. Primo, coi mafiosi non si tratta, neanche per un istante. Secondo, se governo di emergenza ha da esserci, che sia di emergenza vera, e cioè in primissimo luogo antimafioso. Abbiamo un candidato, persino, – a sua insaputa, ovviamente… – ed è un giudice antimafioso.

Volete un governo unitario, che gestisca il dopo-Berlusconi e prepari (diciamo, nel giro di un anno) le elezioni? Benissimo. Eccolo qua. Caselli.

A Berlusconi (e a Dell'Utri) non va bene, ovviamente. Ma a tutti gli altri? E' democratico. E' settentrionale. E' anche siciliano, in un certo senso. Non è di destra. Non è di sinistra. E' più istituzionale della carta bollata. Non si è mai immischiato di politica (a volte la politica se l'è presa con lui) e sempre fatto seriamente ed efficacemente quel che l'Italia gli chiedeva, combattere i terroristi o stangare i mafiosi.

E' giovane e pimpante, soprattutto, almeno quanto Pertini. E infatti rischierebbe d'essere proprio un altro Pertini.

Chi ha paura di un altro Pertini? Chi ce lo farebbe, un pensierino?

La Catena di San Libero n. 387

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