PDL: REGOLE E TRASPARENZA

Difficile non sentirsi in difficoltà nell’affrontare con la consueta schiettezza e rispetto verso i lettori l’indubbia crisi che scuote il PDL. Credo vengano al pettine due aspetti che vanno affrontati e che non si possono più rinviare: la struttura del partito e la trasparenza.

Un partito può essere “leggero” e fatto più o meno solo di comitati elettorali in occasione delle elezioni (è sostanzialmente il caso americano) o avere una sua gerarchia, delle regole di democrazia interna, delle persone elette ad ogni suo livello, così come per decenni è stato per i partiti “storici” italiani, ma per il PDL è ora di deciderlo o rischia la frammentazione in gruppi e gruppuscoli, “fondazioni” e correnti.

Il PDL non può essere solo un giocattolo nelle mani di Berlusconi che faccia e decida quello che vuole, ma servono regole certe o il giocattolo prima o poi si rompe, qualsiasi sia la buona volontà e il valore del fondatore. Berlusconi non può vedere, conoscere e sapere tutto, occuparsi di governo, riforme, rapporti internazionali e anche di un grande partito composto da persone, sensibilità, provenienze diverse. Servono quindi delle regole, uno statuto vero ed osservato, dei dirigenti eletti (e non sempre nominati) ad ogni livello per permettere il dibattito, la crescita, la nascita di strutture correttamente rappresentative.

Un partito dove ogni iscritto possa legittimamente dire la sua rispettando quella degli altri ed adeguandosi poi al volere della maggioranza. Un partito dove i candidati possano godere di opportunità e non siano nominati dall’altro con il rischio che più del valore personale contino sempre la vicinanza e la sintonia con chi comanda ad ogni livello.

Non si cresce senza regole e – anche se il partito fosse “leggero” – bisogna permettere che la scelta dei candidati avvenga con metodi trasparenti e corretti o – alla lunga – il partito si frantuma.

Secondo aspetto importante quello della trasparenza e debbo ribadire quello che già altre volte ho sostenuto: bisogna avere il coraggio di imporre un approccio corretto a chi fa politica. Il PDL non deve essere un partito dove arriva gente a volte solo spinta dalla voglia di fare affari perché si sta vicini al (presunto) potere. Occorrono anche qui regole chiare e verifiche serie, un “filtro” effettivo nelle iscrizioni, per le candidature e nelle nomine soprattutto là dove è storicamente più facile la contiguità tra gestione del potere e politica, in aree grigie dove poi prospera il torbido. E chi non si comporta bene va espulso per indegnità, non si può sempre assolvere tutti, non si è credibili.

Siamo d’accordo sulla necessità di regolare le intercettazioni e impedirne alcuni tipi di diffusione, ma non si può e non si deve nascondere il fatto che tra di noi c’è evidentemente chi non si comporta bene. Se alcune volte c’è il rischio concreto di un intervento volutamente “politico” di certi Magistrati, occorre però una attenta azione preventiva e immediata di bonifica su intrallazzatori vari che tra di noi non devono starci o il singolo pesce marcio fa puzzare tutti e su questo aspetto bisogna essere sereni, concreti, intransigenti. Non dimentichiamoci che queste cose e questi episodi fanno soprattutto cadere la tensione ideale della gente, la loro voglia di far politica, la credibilità di tutti. Da Berlusconi in giù, insomma, dobbiamo con umiltà darci su queste questioni una chiara ed inequivocabile linea di comportamento.

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