Nelle ultime settimane Gianframco Fini ha fatto una serie di dichiarazioni che trovo interessanti. Il 1° luglio scorso, alla presentazione della nuova “Rivista di politica” diretta da Alessandro Campi, tutt’ora direttore della Fondazione finiana “FareFuturo”, nel corso di un dibattito con Sandro Bondi, ha detto, tra l’altro:
«Dimmi il nome di una democrazia del mondo in cui rimane segretario regionale di partito e sottosegretario un signore nei confronti del quale la magistratura ha emesso un mandato di cattura», con chiaro riferimento a Nicola Cosentino. E sulle intercettazioni: «Sono contrari i sindacati di polizia e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha detto che il ddl archivia il concetto di criminalità organizzata». Sul federalismo: «Sono tre mesi che chiedo una commissione per discutere dei costi nel mio partito, ma ancora non ricevo nessuna risposta. Non ne può discutere il Consiglio dei ministri. E dire questo non è fare solo il controcanto ». Sulla mancanza di moralità in politica: «Prima si rubava per il partito, oggi si ruba per sé»; «di malfattori in politica ce ne sono tantissimi»;«un partito liberale non può prescindere dal congresso come momento di verifica delle classi dirigenti»; «resta il diritto al dissenso che non si può sanare»; «la democrazia è tale perché non c’è pensiero unico »; «non ho nostalgia per i partiti della Prima Repubblica ma ho nostalgia per la capacità che avevano i partiti di selezionare la classe dirigente». Ieri dopo che uno degli uomini a lui più vicini, Italo Bocchino, ha attaccato Verdini, per le vicende che lo vedono indagato per associazione segreta e Cosentino, di cui ha chiesto le dimissioni, Filippo Rossi, direttore di Ffwebmagazine, il periodico online della Fondazione Farefuturo, voluta da Gianfranco Fini, ha scritto: “Il giustizialismo non c’entra nulla. E nemmeno lo strapotere dei magistrati. È solo voglia di normalità. È solo voglia di giustizia. Voglia di cambiare, finalmente”. “Lo chiamano giustizialismo, con fare spregiativo. E hanno gioco facile, perché è cosa buona e giusta limitare lo strapotere inquisitorio dei magistrati, il vizio della condanna preventiva prima di qualsiasi giudizio e la caccia alle streghe senza prove, senza indizi, senza nulla. Lo chiamano giustizialismo, con fare spregiativo”. Ma, scrive Rossi, “troppe volte chiamano così anche tutt’altro, anche la sana, genuina, schietta voglia di giustizia del popolo italiano. Chiamano così anche il sano, genuino schietto desiderio di essere governati da persone al di sopra di ogni sospetto, da persone che possano camminare a testa alta. Da persone, insomma, che si possano definire in tutto e per tutto oneste e perbene. Che non hanno nulla da nascondere: interessi altri, frequentazioni altre, obiettivi altri”.
Sottoscrivo per intero ciò che scrive Filippo Rossi e quasi quasi mi verrebbe voglia di chiedere a Gianfranco Fini di iscriversi ad Italia dei Valori!