In tanti parlano di etica laica e tutti, o quasi, concordano come il problema fondamentale sia la sua fondazione. Già, come potrebbe un'etica laica avere fondamenta salde, se paragonata a quella religiosa in cui ogni risposta poggia niente meno che sull'essere per antonomasia, su quel dio che tappa la bocca ad ogni domanda o sentore (e ce ne sono, oh se ce ne sono) di contraddizione? Del resto, anche Dostoevskij diceva che se dio non c'è, allora tutto è permesso.
Bé, non sono d'accordo. Prima di tutto perché non c'è alcun bisogno di paragoni. In secondo luogo, l'etica religiosa non è affatto così salda come sembra, si basa infatti su di un assunto indimostrabile: l'esistenza di dio. Ora, non dico che tutti debbano essere atei come me, ma se pure accettiamo semplicemente questa evidenza (la non dimostrabilità dell'esistenza di dio), ecco che l'etica cattolica si polverizza. L'errore dei non credenti e degli agnostici di sempre è quello di cercare di dimostrare di essere nel giusto nel credere nella non esistenza di dio. No, sono le religioni che, per esser prese in considerazione in materia di etica, dovrebbero dimostrarne l'esistenza e finora non ci sono riuscite.
In terzo luogo, ciò che dice Dostoevskij, scrittore che per altri versi apprezzo, è una sciocchezza. Può andar bene per chi abbia orizzonti ristretti e viva un eterno complesso d'Edipo o un complesso fallico, per chi, insomma, abbia la vocazione del gregge bisognoso di un punto di riferimento che, con il suo sguardo, attribuisca senso.
Se dio non c'è tutto è permesso? Ovviamente no. Perché no? Semplicemente perché noi viventi non lo vogliamo. E noi viventi siamo tutto ciò che conta, radicando in noi stessi l'etica le diamo basi ben più salde che radicandole in un qualsiasi dio, perché noi siamo, senza alcun ombra di dubbio.
Radicare l'etica in noi non vuol dire, però, basarla sul nostro sentire, per vivere non ci è di alcuna utilità un'etica relativistica. Il sentire è fluttuante ed individuale ed il mio vicino potrebbe “sentire” in antitesi con me ed ecco allora lo scontro.
L'unica base certa di un etica è, a mio avviso, ancorarla a ciò che tutti gli esseri viventi hanno incontrovertibilmente in comune: la vita individuale e il desiderio/necessità di mantenerla. Una vita non intesa come qualcosa di sacro e inviolabile in quanto tale, non una vita che venga prima dell'individuo (come dicono i cattolici relativamente alla polemica sull'embrione), ma una vita che acquisisca senso solo in quanto espressione unica ed irripetibile di quell'individuo, animale umano o no che sia. Dunque un'etica il cui fine sia la massima espressione della vita di ognuno, la sua realizzazione e felicità. Questo il punto da cui partire per stabilire diritti e doveri. Un'etica che si implementi su di una rete di rapporti tra individui e, per questo, tenendo conto della sua finalità, il suo modus operandi può essere uno soltanto: la solidarietà tra i viventi.
La solidarietà, parola abusata e snaturata, è, invece, empatia e rispetto, desiderio della felicità e dignità altrui anche per salvaguardare la propria, aiuto reciproco che garantisce l'altro e noi stessi. E, naturalmente, comporta il superamento dell'odiosa visione, avallata dalle religioni, per cui noi saremmo i padroni del pianeta con il “diritto” di “utilizzare” la vita di altri individui come noi. L'uomo non è l'essere più evoluto (e anche se lo fosse non cambierebbe nulla), è semplicemente diversamente evoluto. La mia vita non vale più di quella del mio cane, né più di quella di un maiale. Noi ci siamo co-evoluti con le altre specie, influenzandoci a vicenda con molte di esse, poi la nostra evoluzione ha preso un'altra strada, è comparso il linguaggio, ma le capacità cognitive non sono nostra prerogativa, in maniera maggiore o minore, sono presenti a macchia anche tra gli altri animali non umani. Ma, anche se ciò non fosse (ma è), nessuno potrebbe negare la capacità di sentire che condividiamo con gli altri animali.
Dunque, è da qui che dobbiamo partire, se alle generazioni future, vogliamo lasciare un mondo da cui in ogni momento non si levino assordanti urla di dolore, umane e non.
Sabrina Martinelli
Membro del Direttivo nazionale di Libertà ed Eguaglianza