Governo a fine film. Bersani: "Non vorrei arrivasse un Chavez"

Un governo alle battute finali: per Pier Luigi Bersani “siamo al secondo tempo del film che non può essere protratto a lungo. La soluzione non spetta a noi ma non si può andare avanti così, con divisioni che non sono componibili. La maggioranza ha la responsabilità di prendere atto di una situazione che fa danni al paese”. Dopo essere intervenuto alla relazione dell'Authority delle Comunicazioni, il leader del Pd ha anche sottolineato, in merito ai rapporti tra il premier e Gianfranco Fini sempre più tesi, come forse sia “giusto che i vincoli di maggioranza comincino a traballare, altrimenti ci troviamo davanti all'unica democrazia che va avanti a fiducie, telefonate riparatrici e decreti. Non vorrei che dopo Berlusconi venisse fuori Chavez. Dobbiamo ripristinare i concetti base della democrazia parlamentare”.

Fiducia che, nelle intenzioni del governo, ci sarà con ogni probabilità anche sulla manovra: Bersani non usa mezzi termini per bocciare la scelta, mettendo in rilievo che “peggio non si poteva fare che la blindatura, dovuta in primo luogo alle fibrillazioni in seno al centrodestra: Berlusconi le conosce bene, ed agisce così per non avere grane”. Sempre sulla finanziaria il segretario bolla come “molto inelegante” la telefonata intercorsa tra il presidente del Consiglio e la leader di Confindustria, Emma Marcegaglia, con cui quest’ultima si è assicurata alcune modifiche alla manovra a partire dal ripristino degli eco-incentivi: “Capisco quando c'e' odore di pistola alla tempia, perché questo governo se concede qualcosa pretende immediato consenso. Si tratta di norme irrazionali, che noi avremmo voluto discutere. Non si tolgono così due miliardi, mentre insegnanti, poliziotti e disoccupati non sanno nulla di ciò che succede. Oggi l'Avvenire si chiede -aggiunge – dove sono i soldi per i disabili dopo che si danno i soldi alle imprese. E' un buon titolo. La situazione sta degenerando e stiamo al rito della telefonata”. Quindi Bersani fa un appello alla classe dirigente: “Mi rivolgo alla classe dirigente di questo Paese. Una classe dirigente è tale se non si comporta da corporazione, se non guarda solo ai propri interessi”.

Stessa musica per quanto riguarda il ddl intercettazioni, che, a giudizio del leader del Pd, contiene norme contro la legalità che sono state giudicate in modo totalmente negativo dall'Antimafia, dalla magistratura inquirente e dai procuratori della : “Abbiamo delle norme che sono contro la legalità, non solo dal lato della libertà d'informazione ma anche dal lato della lotta alla criminalità”.

In ultimo, Bersani ha parlato con i cronisti di legge elettorale, stigmatizzando che si tratta del “problema numero uno, perché impedisce ai cittadini di scegliere i propri parlamentari, e con questa legge sono arrivati un sacco di guai, perché un Parlamento costituito da persone nominate è l'origine dei 50 decreti e delle continue fiducie. Con questa legge si soffoca la discussione e si instaura un meccanismo di conformismo e ubbidienza. Non credo che Berlusconi abbia voglia di cambiare alcunché – ha concluso il segretario del Pd – la questione è un’ altra, cioè la maggioranza deve prendere atto che il Paese non è governato e che nessuno ha in mano la barra del timone”.

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