Como, Varese e la Valle d’Aosta non saranno i prossimi Cantoni svizzeri

In diverse epoche, movimenti irredentisti italiani hanno rivendicato il Ticino fino al San Gottardo per il completamento del territorio nazionale. Nei 150 anni di storia delle relazioni italo-svizzere, non credo invece che si sia mai posta seriamente per la Svizzera la questione di poter integrare nel suo territorio regioni appartenenti al Regno d’Italia prima e alla Repubblica Italiana dopo, … fino a qualche mese fa. Sì, fino a qualche mese fa, quando una tale possibilità è stata invocata da alcuni parlamentari svizzeri. Con una mozione è stato infatti chiesto al Consiglio federale svizzero di proporre gli adeguamenti costituzionali e legislativi necessari in modo da poter integrare nel territorio nazionale, ovviamente a richiesta, alcune regioni di confine quali, ad esempio, le province di Como e di Varese, la Valle d’Aosta, Bolzano, l’Alsazia, il Voralberg, ecc.
Ipotesi balzana di qualche paranoico isolato, dirà forse qualcuno. E invece no, si tratta di una vera e propria mozione parlamentare depositata il 18 marzo 2010 dal deputato Dominique Baettig del partito di destra UDC (Unione democratica di centro) e sostenuta da altri 28 parlamentari.
La richiesta dei 29 fantasiosi rappresentanti del popolo svizzero era formulata in modo per così dire garbato, per non correre il rischio di indisporre la vicina Penisola e far accusare la Svizzera d’irredentismo: «il Consiglio federale è incaricato di proporre un quadro costituzionale e legale che permetta di integrare, quale nuovo Cantone svizzero, le regioni limitrofe, se auspicato dalla maggioranza della popolazione interessata».
Nel proporre alle Camere di respingere la mozione, il 19 maggio 2010 il Consiglio federale motivò il suo parere in questi termini: «Una revisione della Costituzione federale che permetta alle regioni limitrofe al nostro Paese di unirsi alla Confederazione svizzera costituirebbe un atto politico ostile, che gli Stati vicini potrebbero considerare, a giusto titolo, provocatorio e nuocerebbe gravemente alle relazioni con i Paesi in questione. Una tale revisione non sarebbe soltanto politicamente inopportuna, bensì anche problematica sul piano del diritto internazionale. Violerebbe infatti le regole fondamentali del diritto internazionale, che non riconosce un diritto generale alla secessione. Il diritto di secessione costituisce soltanto l'ultima ratio in circostanze eccezionali, che evidentemente non sono date nella fattispecie».
Quando durante il suo esordio in Parlamento (21 giugno 1921) Mussolini ebbe a sostenere, contraddicendo il primo ministro Giolitti, che l’Italia non era ancora completata, perché il suo confine naturale a nord arrivava al San Gottardo, provocò l’irritazione generale dei Ticinesi, tanto che il Governo federale dovette protestare energicamente con Giolitti, che si affrettò a smentire il neodeputato fascista e fornire le più ampie garanzie sull’integrità territoriale della Svizzera. Solo il quotidiano socialista «Libera Stampa» tentò di sdrammatizzare considerando le affermazioni di Mussolini «una ragliata sonora».
Lo stesso si potrebbe dire della recente mozione dell’UDC sull’integrazione nella Confederazione delle regioni limitrofe, con la differenza che stavolta la notizia è passata del tutto inosservata non solo in Italia ma anche in Svizzera.
Giovanni Longu
Berna, 24.6.2010

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy