“Il disastro è organizzato, i soccorsi no” diceva parecchi anni fa  Marcello Marchesi


“Il disastro è organizzato, i soccorsi no” diceva parecchi anni fa Marcello Marchesi. Leggo di uno sciopero della categoria Stampa e Media e l’invito a mettersi un segno distintivo di lutto: “Da domani in edicola i giornali saranno listati a lutto contro l’approvazione al Senato del ddl sulle intercettazioni. La Federazione Nazionale della Stampa sta organizzando anche manifestazioni davanti alle sedi istituzionali e ha indetto uno sciopero generale per il 9 luglio. I comitati di redazione del Tg5, del Tg4, di Studio Aperto, di News Mediaset, di Sport Mediaset e di Videonews hanno espresso pieno sostegno alle forme di lotta promosse dalla FNSI contro il ddl”. Il Manifesto incalza spaesato e desolatamente chiede ai lettori: “I parlamentari fedeli a Gianfranco Fini, infatti, hanno già preso le distanze dalla legge. E aspettano, come quelli dell’opposizione, il giudizio del capo dello stato e poi della corte costituzionale. Anche il manifesto lotterà fino all’ultimo perché la legge non passi alla Camera. Per questo vi invitiamo a mandarci idee e proposte: cosa si può fare secondo voi per fermare la legge bavaglio?”

Per una volta faccio la pubblicità io, ai giornalisti infami. Notizie raccolte nel mondo che è poi sempre Cosa nostra, mi sembra tutto uguale, anche lo scriverne: non gira male a me, gira male in assoluto. Quale Mora dovremmo pagare? Forse è il caso di fermarsi e riascoltare certe Marcette Musicali, come quella di Claudio Lolli, 1977 Disoccupate le strade dei Sogni, dove si cantava la Socialdemocrazia? “Ma una testa oggi che cos’è? E che cos’è un nemico? E una marcia oggi che cos’è? E che cos’è una guerra? Si marcia già in questa santa pace con la divisa della festa. Senza nemici né scarponi e soprattutto senza testa! La socialdemocrazia non va a caccia di farfalle. Il nemico marcia in testa a te ma anche alle tue spalle. Il nemico marcia con i piedi nelle tue stesse scarpe. Quindi anche se le tracce non le vedi è sempre dalla tua parte…Ma che nebbia, ma che confusione che vento di tempesta. La socialdemocrazia è quel nano che ti arresta.”

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Per ritornare all’inizio e alla citazione di Marcello Marchesi, dal momento che il Disastro è organizzato, andiamo ai soccorsi, meglio mutui e parto da una voce, una delle non poche ma assai poco conosciute in Italia, che dice Cittadini europei, unitevi! E’ di Boaventura de Sousa Santos , sociologo e professore dell’Università d’Economia di Coimbra. Di seguito news e comunicati a mio avviso degne di segno di lutto, a casaccio per certuni. L’Opa è sempre più cupa, in tutti i sensi.

‘Oyoyoyoy’

Doriana Goracci

http://www.reset-italia.net/2010/06/11/cosa-ci-mettiamo-in-segno-di-lutto/

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Nella Calabria dei giornalisti infami

È un problema di libertà, è un problema di democrazia, ma è anche il terrore che ingabbia le vite di chi, in Calabria, è in prima linea. Cronisti minacciati dalla ‘ndrangheta. La mafia più potente e sottovalutata del nostro Paese raccontata attraverso le storie di chi ogni giorno ne dà notizia. E ci sbatte il muso. Volti sconosciuti, firme e sigle in fondo alle pagine di quotidiani locali, col vizio di chiamare le cose col loro nome, animati dal desiderio di normalità. E tanto basta per esporsi al pericolo. Non ci sono eroi in Avamposto, solo persone a rischio per aver creduto nel diritto di cronaca. La loro colpa, quella di vivere troppo, troppo vicino alle ville dei mammasantissima. Storie di mafia, di faide sanguinose, di ragazzi uccisi e mai più ritrovati, di potentati locali, di cattiva politica, di imprenditoria marcia, di giudici nel mirino e magistrature compiacenti. Storie pericolose. Poco conosciute. Nonostante siano il miglior termometro per comprendere la realtà di una terra ostaggio della peggiore forma di sovranità. Calabria, Italia.

Messico, giovane immigrato ucciso dalle guardie di frontiera degli Stati Uniti. Un quindicenne, Sergio Guereca, ha tentato di passare illegalmente il confine a Ciudad Juarez WASHINGTON (USA) – Il Messico chiede giustizia e il presidente Felipe Calderon critica il comportamento delle guardie di frontiera Usa. Una protesta veemente dopo l’uccisione di un ragazzo di 15 anni, Sergio Guereca, da parte di un agente della Border Patrol. Il giovane, insieme ad un gruppo di persone, ha cercato di attraversare illegalmente il confine che divide Ciudad Juarez dalla cittadina americana di El Paso. Ma i clandestini sono stati sorpresi in un canale artificiale da un agente americano arrivato in bicicletta. Secondo la versione della Border Patrol il poliziotto avrebbe sparato in risposta ad un fitto lancio di pietre.LA RICOSTRUZIONE – Un video, diffuso dalla tv messicana Univision, mostra una ricostruzione diversa: si vede l’agente trascinare un fermato e poi aprire il fuoco verso gli immigrati che si disperdono. Alcuni corrono verso il lato Usa, altri rientrano in Messico. Si sentono altri colpi e insulti rivolti da chi assiste alla scena. Quindi arrivano i militari messicani che – secondo l’Fbi – avrebbero costretto armi in pugno la Border Patrol a ritirarsi. La mamma di Sergio Guereca ha sostenuto che il figlio è stato centrato da un proiettile alla testa quando si trovava nel versante messicano del confine. Il presidente Calderon ha chiesto alle autorità Usa di far chiarezza e ha condannato la reazione spropositata del poliziotto. Da parte americana si è risposto con la vittima aveva precedenti, nonostante la giovane età, di trafficante di clandestini. E si è ricordato il gran numero di incidenti – diverse centinaia – con lanci di sassi da parte di immigrati clandestini messicani. Associazioni per i diritti civili, a loro volta, sottolineano come negli ultimi giorni si siano avuti tre casi di immigrati morti durante le fasi di arresto da parte della Border Patrol. Il nome di Guereca andrà ad aggiungersi alla lunga lista di morti ammazzati a Ciudad Juarez. Definita la città più pericolosa del mondo ha visto uccidere, solo quest’anno, oltre 1100 persone. Vittime dei narcos, persone assassinate da killer «comuni», desaparecidos. Nella zona infuria da tempo una faida spaventosa che oppone il cartello di Juarez ai rivali di Sinaloa. Battaglia legata al controllo dei corridoi attraverso i quali viene fatta passare la droga destinata al mercato statunitense. Guido Olimpio

BRINDISI – Un operaio e’ morto e altri quattro sono rimasti ustionati in un’esplosione avvenuta mentre erano in corso lavori di manutenzione in un serbatoio dell’azienda farmaceutica Sanofi Aventis, alla zona industriale di Brindisi. Vittima, Cosimo Manfreda, e feriti sono dipendenti di una ditta esterna, la Cof di Brindisi. Si sono appresi i nomi di tre dei quattro feriti, tutti ricoverato nell’ospedale Perrino del capoluogo: Antonio Colella, Gianfranco Branca e Antonio Mangione. A quanto si e’ appreso, lo scoppio e’ avvenuto all’interno di un serbatoio di trattamento delle acque reflue contenente anche solventi. La cisterna, secondo notizie non confermate, sarebbe andata in pressione forse a causa dell’alta temperatura, causando l’esplosione che ha investito i cinque operai. Sul posto sono intervenuti vigili del fuoco, carabinieri, polizia e funzionari dell’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente), questi ultimi per accertare l’eventuale emissione di sostanze nocive.

Comunicato di un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria

A tutte le persone che vivono in questo paese A tutti coloro che credono ai giornali e alla televisione
Qui dentro ci danno da mangiare il cibo scaduto, le celle dove dormiamo hanno materassi vecchi e quindi scegliamo di dormire per terra, tanti tra di noi hanno la scabbia e la doccia e i bagni non funzionano. La carta igenica viene distribuita solo 2 giorni a settimana, chi fa le pulizie non fa nulla e lascia sporchi i posti dove ci costrigono a vivere. Il fiume vicino il parcheggio qui fuori è pieno di rane e zanzare che danno molto fastidio tutto il giorno, ci promettono di risolvere questo problema ma continua ogni giorno. Ci sono detenuti che vengono dai CIE e anche dal carcere che sono stati abituati a prendere la loro terapia ma qui ci danno sonniferi e tranquillanti per farci dormire tutto il giorno. Quando chiediamo di andare in infermeria perchè stiamo male, l’Auxilium ci costringe ad aspettare e se insistiamo una banda di 8-9 poliziotti ci chiude in una stanza con le manette, s’infilano i guanti per non lasciare traccia e ci picchiano forte. Per fare la barba devi fare una domandina e devi aspettare, 1 giorno a settimana la barba e 1 i capelli. Non possiamo avere la lametta. Ci chiamano ospiti ma siamo detenuti. Quello che ci domandiamo è perchè dopo il carcere dobbiamo andare in questi centri e dopo che abbiamo scontato una pena dobbiamo stare 6 mesi in questi posti senza capire il perchè. Non ci hanno identificato in carcere? Perchè un’altra condanna di 6 mesi? Tutti noi non siamo daccordo per questa legge, 6 mesi sono tanti e non siamo mica animali per questo hanno fatto lo sciopero della fame tutti quelli che stanno dentro il centro e allora, la sera del 3 giugno, è cominciata così: ci hanno detto: “se non mangi non prendi terapie” ma qui ci sono persone con malattie gravi come il diabete e se non mangiano e si curano muoiono. Uno di noi è andato a parlare con loro e l’hanno portato dentro una stanza davanti l’infermeria dove non ci sono telecamere e l’hanno picchiato. Così la gente ha iniziato ad urlare di lasciarlo stare. In quel momento sono entrati quasi 50 poliziotti con il loro materiale e con un oggetto elettrico che quando tocca la gente, la gente cade per terra. Le guardie si sono tutte spostate sopra il tetto vicino la caserma dei carabinieri qui dentro, dove sta il campo da calcio. Dalla parte sinistra sono entrati altri 50 poliziotti. Quando abbiamo visto poliziotti, militari, carabinieri, polizia, finanza e squadra mobile ufficio stranieri (che sono i più infami) sui tetti, uno di noi ha cercato di capire perchè stavano picchiando il ragazzo nella stanza. «Vattene via sporco » un poliziotto ha risposto così. In quel momento siamo saliti tutti sopra le sbarre e qualcuno ha bruciato un materasso e quindi i poliziotti si sono spavenati e sono andati fuori le mura per prendere qualcuno che scappava. Da quella notte non ci hanno fatto mangiare nè prendere medicine per due giorni. Abbiamo preso un rubinetto vecchio e abbiamo spaccato la porta per uscire e quando la polizia ha visto che la porta era aperta hanno preso caschi e manganelli e hanno picchiato il più giovane del centro, uno egiziano. L’hanno fatto cadere per terra e ci hanno picchiati tutti anche con il gas, hanno rotto la gamba di un algerino e hanno portato via un vecchio che la sua famiglia e i sui figli sono cresciuti qui a Roma, hanno lanciato lacrimogeni e hanno detto che noi abbiamo fatto quel fumo per non far vedere niente alle telecamere. Così hanno scritto sui giornali. Eravamo 25 persone e alcune uscivano dalla moschea lontano dal casino, ma i giornali sabato hanno scritto che era stato organizzato tutto dentro la moschea e ora vogliono chiuderla. La moschea non si può chiudere perchè altrimenti succederebbe un altro casino. Veniamo da paesi poveri, paesi dove c’è la guerra e ad alcuni di noi hanno ammazzato le famiglie davanti gli occhi. Alcuni sono scappati per vedere il mondo e dimenticare tutto e hanno visto solo sbarre e cancelli. Vogliamo lavorare per aiutare le nostre famiglie solo che la legge è un po’ dura e ci portano dentro questi centri. Quando arriviamo per la prima volta non abbiamo neanche idea di come è l’Europa. Alcuni di noi dal mare sono stati portati direttamente qui e non hanno mai visto l’Italia. La peggiore cosa è uscire dal carcere e finire nei centri per altri 6 mesi. Non siamo venuti per creare problemi, soltanto per lavorare e avere una vita diversa, perchè non possiamo avere una vita come tutti? Senza soldi non possiamo vivere e non abbiamo studiato perchè la povertà è il primo grande problema. Ci sono persone che hanno paura delle pene e dei problemi nel proprio paese. Per questi motivi veniamo in Europa. La legge che hanno fatto non è giusta perchè sono queste cose che ti fanno odiare veramente l’Italia. Se uno non ha mai fatto la galera nel paese suo, ha fatto la galera qua in Italia. Vogliamo mettere apposto la nostra vita e aiutare le famiglie che ci aspettano. Speriamo che potete capire queste cose che sono veramente una vergogna.
Un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria (Roma)
(AGI) – Milano, 11 giu. – I giudici della Seconda Sezione Civile del Tribunale fallimentare di Milano hanno dichiarato il fallimento della Lele Mora Management, accogliendo la richiesta in tal senso del pm Eugenio Fusco. La societa’ e’ gravata da un debito di circa 18 milioni e mezzo di euro, di cui 15 milioni e mezzo per debiti erariali e previdenziali e due milioni e mezzo verso i fornitori.

I dadi sono tratti. Il gioco è chiaro e quanto più tardi identificheremo le nuove regole più alto sarà il costo per i cittadini europei. La lotta di classe è ritornata in Europa. Lo ha fatto in termini così nuovi che i settori sociali sono perplessi e paralizzati. Come pratica politica, la lotta di classe tra il lavoro ed il capitale è nato in Europa, e, dopo molti anni di confronti violenti, è stato in Europa dove si verificata in modo più equilibrata e dove ha dato i suoi migliori frutti.
Gli avversari hanno verificato che l’istituzionalizzazione della lotta sarà mutuamente benefica: il capitale permetterà alti livelli di contributi e l’intervento dello Stato a cambio di non veder minacciata la sua prosperità; i lavoratori conquisteranno importanti diritti sociali a cambio di rinunciare ad un’alternativa socialista. Così è sorta la concentrazione sociale ed i suoi risultati sono invidiabili: alti livelli di competitività associati ad alti livelli di protezione sociale; il modello sociale europeo e lo Stato del benessere; la possibilità, senza precedenti nella storia, che i lavoratori e le loro famiglie potessero pianificare a medio termine- educazione dei figli, acquisto delle case- la pace sociale; il continente coi livelli più basso di disparità sociale.
Tutto il sistema è sull’orlo del collasso ed i risultati sono imprevedibili. Il rapporto che il FMI ha pubblicato sull’economia spagnola è una dichiarazione di guerra: l’accumulazione storica delle lotte sociali, di tante e tante faticose negoziazioni e di equilibri così duramente ottenuti, si buttano per terra con un’inaudita arroganza e fanno retrocedere la Spagna di decenni: ridurre drasticamente gli stipendi, distruggere il sistema di pensioni, eliminare i diritti lavorativi- per facilitare i licenziamenti, ridurre gli indennizzi- La stessa ricetta sarà imposta al Portogallo, come si è imposto alla Grecia ed ad altri paesi non solo dell’Europa del sud.
L’Europa è vittima di un’OPA da parte del FMI, cucinata dai neoliberali che dominano l’UE, dalla Merkel a Barroso, nascosti dietro il FMI per non pagare i costi politici della devastazione sociale. Il senso comune neoliberale ci dice che la colpa è della crisi, che stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità e che non c’è denaro per tanto benessere.
Ma qualsiasi cittadino medio capisce questo: se l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione (FAO) calcola che 30.000 milioni di dollari sarebbero sufficienti per risolvere il problema della fame nel mondo ed i governi insistono che non c’è denaro per questo, come si spiega,che, di pronto, siano spuntatii 900.000 milioni per riscattare il sistema finanziario europeo?

La lotta di classe ritorna sotto una nuova forma, anche se con la violenza di un secolo fa: questa volta il capitale finanziario è chi dichiara la guerra al lavoro. Cosa fare? Ci sarà resistenza, ma per essere efficace deve tenere conto di due nuovi fattori. In primo luogo, la frammentazione del lavoro e della società del consumo detteranno la crisi dei sindacati. Mai quelli che hanno lavorato hanno fatto tanto e mai è risultato così difficile identificarsi come lavoratori. La resistenza dovrà essere un pilastro nei sindacati, ma la lotta sarà molto fragile se non è condivisa, con uguaglianza, dai movimenti femministi, ambientalisti, consumatori, diritti umani, immigranti, contro il razzismo, la xenofobia e l’omofobia. La crisi colpisce tutti perché tutti sono lavoratori.
In secondo luogo non ci sono economie nazionali in Europa, e quindi, la resistenza o è europea o non esiste. Le lotte nazionali saranno un bianco facile di quelli che chiedono governabilità allo stesso tempo che non governano. I movimenti e le organizzazioni di tutta l’Europa devono articolarsi per mostrare ai governi che la stabilità dei mercati non si può costruire sulla rovina della stabilità delle vite dei cittadini e della loro famiglia. Non si tratta di socialismo; è la dimostrazione che o l’UE crea le condizioni perché il capitale produttivo si svincoli relativamente dal capitale finanziario o il futuro è il fascismo, che dovrà essere combattuto con tutti i mezzi.
Boaventura de Sousa Santos è sociologo e professore dell’Università d’Economia di Coimbra(Portogallo), Distinguished Legal Scholare dell’Università del Winsconsin-Madison e Global Legal Scholar dell’Università di Warwick.
Traduzione italiana di Vanesa Volpe

http://www.rebelion.org/noticia.php?id=107593

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