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La manovra va. àˆ questo che conta

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La manovra va. È questo che conta

Ma quante chiacchiere a vuoto, quanti “retroscena” inventati, quanti sondaggi taroccati per dipingere il quadro – del tutto falso – di un governo in difficoltà sulla manovra economica, e di “contrasti” tra il premier e Giulio Tremonti.

Oggi tra Repubblica e Corriere della Sera si legge tutto e il contrario di tutto. Il governo e Silvio Berlusconi sarebbero in calo nei sondaggi, secondo il quotidiano di Ezio Mauro. No, il premier sarebbe invece galvanizzato dal crescere della sua popolarità, secondo il Corriere. Per Repubblica il capo del governo avrebbe telefonato l’altra sera a Ballarò “per scavalcare Tremonti”, scrive Repubblica, salvo poi smentirsi subito dopo parlando di telefonate e pranzi (vero, questo) tra il primo ministro ed il responsabile dell’Economia all’insegna della concordia.

Un tempo, quando c’era l’Urss, questa si chiamava disinformatia. Oggi la sinistra e la sua stampa, viste le difficoltà e la nullità sulla scena politica del Pd e dei suoi alleati, si ingegnano nel far credere che i problemi siano da questa parte. Semplicemente ridicolo, ed a confermarlo non sono le chiacchiere, ma i fatti.

· La manovra si farà, sarà esattamente dell’entità decisa dal governo e garantita da Tremonti, e cioè di circa 25 miliardi.

· Si tratta della correzione più lieve tra tutti i paesi dell’euro: 65 miliardi la Spagna, 100 annunciati dalla Francia, 60 dalla Germania, per dire.

· Ma non c’è solo l’Europa: Usa e Giappone si trovano in crisi di leadership, tra un Obama indebolito ed un nuovo primo ministro nipponico già saltato.

· Berlusconi ha garantito personalmente della manovra assieme a Tremonti; può darsi che decida di illustrarla in Parlamento, ma notate: all’inizio certa stampa accusava il premier di “essersi defilato” dai tagli alla spesa pubblica; oggi di eccessivo presenzialismo. Sarebbe questa la correttezza dell’informazione?

· Certo, il capo del governo è intervenuto a Ballarò. Talk show della sinistra dove il vicedirettore del quotidiano di punta dell’opposizione lo aveva tranquillamente accusato di difendere l’evasione fiscale, concetto ripreso dal sito del segretario del Pd. Siccome non solo l’affermazione era falsa, ma l’intera operazione palesemente prefabbricata, poteva Berlusconi non intervenire? Oppure il servizio pubblico è libero di mistificare la realtà e prefabbricare le sue tesi a carico di abbonati e contribuenti? E cosa c’entra Tremonti in tutto ciò?

· Andiamo avanti. Paesi più grandi di noi, come Francia e Germania, hanno attraversato e stanno attraversando ben altre burrasche politiche intorno all’aggiustamento dei conti. Angela Merkel ha perso un’elezione fondamentale a causa delle incertezze sulla crisi dell’euro, è attaccata dai socialdemocratici ma anche all’interno del suo partito, si è attirata addosso le critiche di costituzionalisti e della Bundesbank. Ed adesso deve fronteggiare le dimissioni del presidente federale.

· Da noi, la manovra ha avuto il consenso del sindacato riformista, della Confindustria e della Banca d’Italia. Il capo dello Stato ha invitato tutti a contribuire con senso di responsabilità. Vogliamo fare dei paragoni?

· Ieri il Fondo monetario ha aggiornato un proprio comunicato di inizio mese sulle prospettive dell’Italia, proprio alla luce della manovra. E ha sottolineato che tenendo conto di ciò che ha deciso il governo italiano, le nostre prospettive di finanza pubblica sono stabili e quelle sull’uscita dalla crisi sono positive. Ma alcuni giornali e qualche tg ha preferito ignorare tutto questo, parlando incredibilmente di “critiche” del Fmi.

· Ripetiamo: quante chiacchiere sprecate. Si mettano l’animo in pace questi retroscenisti e questi professionisti della disinformazione. Il governo è perfettamente in grado di gestire la situazione, ha individuato la formula più equa per riallineare i conti pubblici, e la porterà avanti sia con il presidente del Consiglio sia con il ministro dell’Economia.

· Insomma, il governo è centrale come sempre nell’azione economica. Un contributo responsabile dell’opposizione sarebbe anche benvenuto: ma se questi sono i presupposti, qualche contributo dobbiamo attenderci?

· Conclusione: dal governo solo fatti; da loro solo chiacchiere e falsità. Qualcosa di nuovo rispetto al teatro cui abbiamo assistito da due anni a questa parte? In fondo no. Ma, appunto, in fondo.

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La ripresa c’è. Ecco le cifre

L’opposizione ha ben poco da rivendicare il solito “noi l’avevamo detto, la crisi c’è”. E ha ben poco da accusare il Governo di averla negata e di avere assicurato che era in atto la ripresa.

Bisogna infatti distinguere. La prima ondata della crisi finanziaria internazionale (non nazionale e non nata in Italia!) è stata affrontata con tempestività dal Governo, garantendo un bene primario degli italiani, i loro risparmi. Inevitabilmente, ad essa è seguita la crisi economica: meno produzione, meno consumi e aumento della disoccupazione (ma in Italia meno che rispetto alla media europea).

All’intermo di questo scenario, dopo la fase recessiva, il sistema-Italia ha cominciato a dare segnali di ripresa, come in alcuni altri Paesi e come registrato dagli organismi internazionali. Poi è esplosa la questione della Grecia con l’attacco all’euro e alle obbligazioni degli Stati con pesanti deficit e debiti pubblici (ma l’Italia non è stata toccata). È questa la crisi che il Governo ha riconosciuto, ma come crisi europea e dell’Europa, alla quale Bruxelles ha dato, con il contributo italiano, una prima risposta, cercando faticosamente – una risposta che fosse comune. L’economia reale, che pure subisce pesantemente la crisi dell’economia finanziaria, va comunque avanti ed è da questa che sono arrivati segnali oggettivi di natura positiva:

· in maggio, la produzione industriale è cresciuta del 2,4% rispetto al mese di aprile, secondo i dati del Centro studi di Confindustria;

· l’indice di fiducia delle imprese manifatturiere ha registrato quota 95,9, la più alta da giugno 2008;

· balzo degli ordinativi dell’industria del 13,1% a marzo rispetto allo stesso mese del 2009; si tratta del dato tendenziale più alto dal giugno 2007;

· balzo delle esportazioni del 17,1% a marzo rispetto allo stesso mese dell’anno precedente;

· incremento del 6,3% a marzo del giro d’affari del settore industriale;

· aumento del 2,9% delle vendite al dettaglio, cioè dei consumi, su base annua. Per trovare un incremento analogo bisogna risalire a febbraio 2008.

Quindi: ordinativi, produzione, giro d’affari e consumi in crescita. A ciò si aggiunge che la pubblicità delle grandi marche è cresciuta del 12% negli ultimi tre mesi e si sa che le spese pubblicitarie, quando aumentano, anticipano la ripresa e, quando diminuiscono, anticipano la contrazione economica. Si tratta quindi non di impressioni ma di dati oggettivi. Certo, la ripresa non è veloce né verticale, ma c’è ed è diffusa.

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La bufala smentita. Il Fondo ci approva

Manovra insufficiente con conseguente necessità di misure aggiuntive? La notizia-bomba sui contenuti di un report del Fondo monetario internazionale si sgonfia e nel giro di mezz’ora, tra un lancio di agenzia e l’altro, diventando una notizia-bufala. Appena sufficiente a dare un po’ di fiato ad un’opposizione in debito di ossigeno e a corto di argomenti, però sostenuta dall’onda lunga di un tam tam mediatico che ha fatto sì che ancora questa mattina il notiziario di Sky si sia distinto nel dare per buona la notizia-bufala e censurare la secca quanto tempestiva smentita del Fondo Monetario.

Tutto nasce poco dopo le 18 di ieri, quando sul sito del Fmi appare il testo del rapporto denominato “Article IV” dove si dà conto dell’impegno del governo italiano di portare il deficit sotto il 3% entro il 2012 e si ritrovano poi le seguenti parole, all’origine dell’equivoco: se la crescita del paese non fosse in linea con le previsioni “potrebbero essere decise altre misure correttive, se necessario”. Altri sacrifici dopo la manovra da 24,9 miliardi? Apriti cielo.

Primi lanci di agenzie, la notizia rimbalza su siti web, alla radio, in tv. Anche se nel giro di mezz’ora fioccano le smentite. Il ministero dell’Economia per primo ma, quel che più conta, lo stesso Fondo monetario. Il Rapporto porta la data dell’11 maggio, data in cui è stato chiuso: non tiene conto, perché non può tenerlo, della manovra approvata dal Consiglio dei Ministri due settimane dopo, cioè il 25 maggio, e peraltro già commentata con parole di apprezzamento dallo stesso Fondo monetario.

Non lasciano spazio a dubbi le parole del direttore esecutivo italiano del Fmi, Arrigo Sadun: “Il testo fa riferimento all’aggiornamento del Programma di stabilità di gennaio, si tratta di un documento obsoleto che non tiene conto delle misure già prese dal governo. L’Italia non ha bisogno di alcuna manovra-bis”.

Il Rapporto non poteva né può essere modificato, in quanto discusso e sottoscritto dal board dei direttori esecutivi del Fmi. E’ stata perciò inserita una nota di aggiornamento che riconosce la validità delle misure decise dal governo e sufficienti ad assicurare il rientro del deficit sotto il 3%. Le ultime proiezioni sulla crescita nel biennio sono allineate con le previsioni del Fmi e della Commissione europea.

Dunque, una tempesta in un bicchier d’acqua. La ritrosia e il malcelato disappunto con i quali L’Unità e Repubblica danno conto della smentita del Fondo monetario sono la riprova della difficoltà dell’opposizione a trovare motivazioni plausibili per contrastare il governo su una manovra chiesta dall’Europa e da tutti, Quirinale in testa, ritenuta necessaria per mettere l’Italia e l’euro al riparo dalla speculazione finanziaria. Ogni appiglio è buono per la sinistra, anche il più precario. E se regge non più di mezz’ora alla prova della verità, la regola è comunque una: tenere il punto. Tipico di chi è a corto di solidi argomenti.

Crisi/Papoulias: il comportamento dell’Italia è stato impeccabile

Il presidente della repubblica greca Karolos Papoulias ha ringraziato l'Italia per ''il comportamento impeccabile'' tenuto dal governo di Silvio Berlusconi in relazione alla difficile crisi economico-finanziaria che attraversa il paese. In un lungo e cordiale colloquio con l'ambasciatore d'Italia Gianpaolo Scarante, al termine della sua missione nella repubblica Ellenica, Papoulias ha voluto ringraziare l'Italia per la costante coerenza e disponibilita con cui ha sempre sostenuto la Grecia in ambito europeo e internazionale.

''Il comportamento del governo italiano e' stato impeccabile. – ha detto il presidente – Un comportamento coerentemente europeo e di vera e sincera amicizia verso la Grecia''. Papoulias ha voluto infine ricordare i significativi progressi registrati dai rapporti bilaterali fra i due paesi, propiziati dalle numerose manifestazioni di alto livello culturale ed economico promosse dall'ambasciata, ricordando fra l'altro la felice tournee del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano.

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Intercettazioni, confronto positivo

Il disegno di legge sulle intercettazioni – Repubblica lo definisce una legge-bavaglio, mentre si tratta di un passo avanti verso la civiltà giuridica – tornerà in aula al Senato martedì pomeriggio, e per quella stessa giornata, alle nove del mattino, è stato convocato l’ufficio di presidenza del Pdl per votare il testo sulle intercettazioni per dargli il visto formale del partito. Una decisione a cui tutti dovranno attenersi, come è previsto dallo statuto del partito.

Correzioni sono ancora possibili, ci mancherebbe altro, ma senza arrivare a stravolgere un provvedimento che fa parte integrante del programma di governo. Nel governo e nei vertici del Pdl c'è piena disponibilità ad andare incontro agli auspici del Capo dello Stato, il quale si è augurato – a margine delle cerimonie del 2 giugno – che dal confronto ancora in corso possano uscire soluzioni, se non condivise da tutti, almeno le più accettabili per tutti. Lo stesso presidente del Senato, Schifani, confida in un “avvicinamento delle parti”, e per questo ha rispedito il provvedimento in commissione giustizia.

Sul tavolo ci sono le richieste del superamento del limite dei 75 giorni di durata massima delle intercettazioni, l'allentamento dei vincoli della legge per i cosiddetti reati-spia (di altri più gravi) e la cancellazione della norma transitoria che imporrebbe l'applicazione della legge anche ai procedimenti in corso. Mentre infuria ancora una polemica del tutto speciosa sulla limitazione delle intercettazioni alle telefonate di servizio degli 007. Addirittura, il procuratore aggiunto di Palermo, Ingroia, ha detto che se viene approvato l'emendamento in questione “avremo un'opportunità investigativa in meno anche per quanto riguarda la stagione delle stragi di mafia del '92-'93”.

In realtà, l'emendamento sul segreto di Stato presentato dal governo al ddl intercettazioni non amplia i poteri dell'esecutivo in tale materia, ma nasce esclusivamente dall'esigenza di conformarsi alla decisione della Corte Costituzionale sul caso Abu Omar. Si tratta quindi di un emendamento che non allarga, ma anzi circoscrive, riducendone la portata, il testo già approvato dalla Camera. Opposizioni, magistratura e gran parte della stampa, insomma, continuano a manovrare propagandisticamente la legge sulle intercettazioni, facendone un'impropria bandiera di libertà, e ignorando sistematicamente le aperture della maggioranza. Che presentando undici emendamenti hanno già apportato significative correzioni al testo.

La prima proposta di modifica prevede la pubblicazione per riassunto degli atti di indagine, così come è stata ritoccata la parte relativa alle sanzioni per gli editori che pubblicheranno gli atti giudiziari prima dell'udienza preliminare. Le quote da pagare andranno dalle 100 alle 200 e non – come prevedeva il testo licenziato dalla Camera – dalle 250 alle 300. In concreto gli editori che decideranno di pubblicare atti non ancora pubblicabili rischieranno dai 25.800 euro ai 309.800 euro di multa.

Altre proposte di modifica sottoscritte da Pdl e Lega hanno recepito numerose richieste delle opposizioni: non ci saranno, ad esempio, limiti di tempo per intercettare i latitanti. Sarà consentito l'uso delle registrazioni, effettuate senza il consenso degli interessati, da parte di tutti i giornalisti sia professionisti sia pubblicisti.

Sarà possibile pubblicare il contenuto delle ordinanze di custodia cautelare, dopo che la persona sottoposta alle indagini abbia avuto conoscenza dell'ordinanza del giudice. Rimane invece vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto delle intercettazioni – anche se non più coperte da segreto – fino alla conclusione delle indagini preliminari. L'atteggiamento costruttivo della maggioranza, insomma, è fuori discussione. Quello che non si può ipotizzare è uno stravolgimento della legge.

Intercettazioni: circoscritto il segreto di Stato

“L'emendamento proposto alle comunicazioni dei servizi specifica che il segreto di Stato e' opponibile nei soli casi in cui siano state intercettate comunicazioni di servizio degli appartenenti al dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza ovvero comunicazioni che contengano notizie relative all'assetto o all'attivita' funzionale del dipartimento e dei servizi o che a tali attivita' siano direttamente riconducibili”. Lo afferma in una nota il ministero della Giustizia.

“L'opponibilita' del segreto – si legge nella nota – e', cosi', circoscritta all'attivita' funzionale dei servizi e non puo' esser fatta valere al di fuori di questo ristretto ambito. Cio' e' in linea con quanto chiesto dal senatore Casson e da altri senatori con la questione pregiudiziale presentata al Senato e con i principi generali in materia di segreto di Stato affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 106/2009, sul caso 'Abu Omar'”.

“E' proprio dall'esigenza di conformarsi alla decisione della Corte – conclude la nota – che nasce questo emendamento che – lungi dall'allargare – circoscrive, riducendone la portata, il testo gia' approvato dalla Camera”.

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Noi/Scoraggiamo la speculazione. Perché

Ogni intervento speculativo contro l’Italia è ingiustificato. A spiegarlo è il Wall Street Journal. Il quotidiano americano ricorda che Roma “ha superato bene la crisi”, “il costo pubblico a sostegno delle banche è stato minimo” e “il governo ha approvato misure concrete per contenere il deficit nei prossimi due anni”. Tutti interventi che sono orientati a scoraggiare la speculazione; che, infatti, non aggredisce l’Italia, nonostante il nostro debito pubblico sia tra i più alti dell’area euro.

Il motivo per il quale difficilmente la speculazione aggredirà l’Italia è spiegata in una serie di tabelle che gli operatori di mercato conoscono a memoria. Come quella sulla crescita del debito tra i vari paesi europei.

E’ vero che l’Italia ha uno dei debiti più alti di tutto il Continente, ma è anche vero che il nostro Paese è sempre stato un ottimo pagatore. Per di più la Repubblica italiana è quella che ha visto il più basso tasso di crescita del debito dall’inizio della crisi.

Tra il 2007 ed il prossimo anno, il nostro debito pubblico crescerà del 14,6%. Quello spagnolo è raddoppiato, quello irlandese e lussemburghese sono cresciuti del 250%, quello lettone si è quintuplicato. Tra i Grandi paesi europei, il debito tedesco è aumentato del 25%, quello francese del 38,8%, l’inglese del 94,4%. Infine, quello greco è salito di quasi il 40%. Ma è passato dal 95,7 al 134% del Pil interno.

Fuori Europa le condizioni non sono molto più rosse. Fra il 2007 ed il 2011 il debito pubblico americano crescerà del 66%, con un deficit annuo al 10%. Meglio va il Giappone. Il deficit di bilancio è intorno al 6,6% del Pil; mentre l’aumento del debito è stato appena del 7%.

Questi numeri gli operatori che guidano la speculazione li conoscono a memoria. Per queste ragioni, questa non si accanirà sull’Italia, come scrive il Wall Street Journal.

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Noi/Rispettiamo il Colle. Come

Se c’è un’accusa che non regge nei confronti del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è quella di usare le date storiche, le cerimonie e i simboli per fare della retorica. Non si può dire lo stesso di alcuni dei suoi predecessori al Quirinale.

Per Napolitano contano il presente e soprattutto il futuro. Il passato viene riletto in questa prospettiva. Nel suo videomessaggio per il 2 giugno, festa della Repubblica, dice infatti all’inizio: “In questo momento…”. L’esatto opposto della retorica che, per definizione, è atemporale e nasconde le difficoltà presenti nei fasti di un passato senza tempo.

Napolitano non ha nemmeno paura di usare un termine da molti aborrito o dimenticato: “nazione”. Perché questo fu il concetto che ispirò e sostenne le lotte per l’unificazione dell’Italia come “unificazione nazionale”. È un patrimonio di valori da non disperdere, specialmente oggi che – parole del Presidente – “stiamo attraversando, nel mondo e in particolar modo in Europa, una crisi difficile”. Non c’è un’eccezione italiana. La crisi sta colpendo tutti e, per uscirne, occorre fare sacrifici, ma “l'Italia deve crescere tutta, al Nord e al Sud”.

Per ogni problema, come diceva un suo vecchio compagno di partito, ci sono sempre due soluzioni. Ma Napolitano, giustamente, non segue una logica di partito: la Costituzione gli consente di svolgere un ruolo ampio che, fin dalla sua elezione al Quirinale, ha interpretato in una sola direzione: dialogo e collaborazione tra le forze politiche pur nella distinzione dei ruoli.

Tutto si può discutere e tutto si può migliorare: il percorso della manovra da 24 miliardi di euro lo dimostra con i ritocchi già decisi in questi ultimi giorni. Ora dovrà pronunziarsi il Parlamento senza perdere di vista l’origine e la natura della manovra stessa: un ridimensionamento della spesa pubblica ad ogni livello, non solo per obiettivi contabili contingenti e giusto posizionamento sui mercati, ma per cominciare a dare un fondamento quantitativo ai progetti di riforma dello Stato anche in senso federale.

Pertanto, il dibatto che sta per iniziare alle Camere dovrà ispirarsi alle parole con cui il Capo dello Stato ha concluso il suo messaggio: far prevalere “un forte senso delle responsabilità… perché l'Italia consolidi la sua unità, si rinnovi, divenga più moderna e più giusta”. A questi principi si ispira l’azione del Governo nell’ambito dei suoi poteri costituzionali.

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Noi/Respingiamo i veleni. Tutti

La confusione che regnerebbe nella maggioranza, secondo la descrizione propagandata dai “media” in queste ore, è frutto di fantasia ma risponde ad un preciso calcolo. Proprio perché governo, maggioranza e Presidente del Consiglio – anche a fronte di una manovra finanziaria richiesta dall’Europa e che interessa da vicino milioni di italiani – mantengono un profilo di equilibrio e di consenso ben oltre la media continentale, si tenta di creare malessere, incidenti e contrapposizioni artificiose usando ogni mezzo a disposizione, per cui organi di informazione a noi ostili e persino quelli meno lontani straparlano su liti furibonde tra questo e quel rappresentante di governo, tra il Presidente del Consiglio e qualche ministro.

Che ci siano confronti, discussioni e anche contrasti nel merito dei provvedimenti e nel metodo talvolta che si sceglie per attuarli, è qualcosa di fisiologico in qualunque maggioranza democratica. Se poi parliamo, come nei casi di attualità, di un intervento chiesto dall’Europa di 25/26 miliardi di euro in due anni, o della legge contro l’abuso delle intercettazioni che rimane una priorità del programma di governo, certe contrapposizioni sono più che normali. Semmai è l’enfasi che se ne fa e il protagonismo che si riconosce ai diversi attori del “Teatrino”, a falsare la realtà delle cose.

E’ più facile, anche se alla lunga distorce i fatti e crea una disaffezione patologica nella popolazione, creare un litigio al giorno tra i big della politica, quelli delle istituzioni, fino a tentare la più spericolata delle manovre propagandistiche che è quella di tirare la giacca all’inquilino del Colle. Ma di che parliamo? Quasi a imitare al ribasso i tabloid scandalisti inglesi, la nostra stampa paludata riporta una smorfia di Tremonti o una battuta di Fini come un rullo di tamburi che scuote il Palazzo e che annuncia tempi duri per il governo…

Ci si dimentica la realtà, quella fatta dai numeri e dai provvedimenti concreti che l’Aula approverà entro l’estate, mentre si cerca di delegittimare il gioco di squadra di una maggioranza che discute, si confronta ma alla fine risulta coesa e dunque determinante.

Finché questo giochetto al massacro è un espediente dei nostri avversari, lo si può denunciare, e compatirlo per la loro mancanza di argomenti e di serie controproposte. Ma il vezzo in uso da qualche settimana di enfatizzare nella nostra metà campo i difetti della squadra piuttosto che le caratteristiche dei nostri “campioni”, può creare alla lunga quello scoramento che anche i migliori tifosi sentono quando giocatori e allenatore si intendono poco, litigano o sembra che usino la maggior parte delle loro energie per contrastarsi l’un l’altro.

Non è tempo di melina e anche se l’opposizione appare inesistente e comincia a dover coprire i propri panni sporchi (Di Pietro e le nuove case), è ora di attaccare. Abbiamo i giocatori, il miglior allenatore che gioca anche nel ruolo di capitano.

Camera: Aula approva ratifiche di trattati internazionali

L'Aula della Camera ha approvato la ratifica di due trattati internazionali. E' definitivamente approvata la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani. Passa, invece, al Senato la Convenzione con il Qatar per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale.

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Loro/Snaturano il garantismo. Da sempre

È davvero commovente l’indignazione con la quale Antonio Di Pietro e altri esponenti della sinistra reagiscono tutte le volte che nelle pieghe di un’inchiesta i testimoni citano i loro nomi. Come d’incanto, non si sentono più tintinnare le manette, non si sentono più proclami e richiami alla trasparenza, alla pulizia, alla responsabilità politica. E soprattutto, non si avverte più il sacro furore della difesa a oltranza di un giornalismo che, d’un tratto, non è più il “cane da guardia” del potere, ma lo strumento d’un complotto, il megafono di qualche innominato burattinaio-calunniatore. E i testimoni, poi, a quel punto non sono più “pentiti”, ma “nunzi” di oscure manovre, ovviamente “piduiste” (la P2 fu sciolta trentaquattro anni fa).

Così per esempio Antonio Di Pietro intervistato oggi da Repubblica, che la butta in caciara (per usare il suo linguaggio). Titolo: “Temo rivelazioni a orologeria, voglio scoprire chi è il mandante”. Quando anche lui entra nel tritacarne giudiziario-mediatico, a dispetto del seguito che ha nelle Procure per via della sua battaglia giustizialista e pro-toghe rosse, eccolo dimenarsi come un ossesso. E minacciare: “Non mi fermeranno, so delle cose e le dirò ai magistrati”.

Il ruolo di Zampolini che lo accusa sarebbe quello del “nuncius”, colui che riporta per conto di un altro soggetto una dichiarazione. “Si sta cercando di gettare fango anche su Veltroni, Prodi, Rutelli…”. Naturalmente, tutti o quasi tutti minacciano di sporgere querela contro i giornali e le persone che hanno osato lanciare accuse. Lo scandalo ovviamente non è che reagiscano dichiarando la propria illibatezza o protestando per la calunnia o anche per la pubblicazione di notizie che considerano o dichiarano infondate.

C’è un solo aspetto politicamente imbarazzante in tutto questo. Il linguaggio e il comportamento utilizzato dagli esponenti della sinistra, in primo luogo da Di Pietro come indiscusso capofila dei giustizialisti, è esattamente quello che fino al giorno prima hanno denigrato come una inaccettabile censura e assoluta ipocrisia. Di Pietro, infatti, grida al “complotto”, alla “calunnia”, dice che si “getta fango”, brandisce con i suoi collaboratori (vedi la Mura) l’arma peraltro sacrosanta e giuridicamente impeccabile della querela per diffamazione.

Di più. Dice Di Pietro che il teste Zampolini “parla ispirato da qualcuno”. Paventa che ci si voglia vendicare di lui per quello che ha fatto di buono da ministro.

Dice che questa vicenda è “più pericolosa di Tangentopoli”, perché il sistema si sarebbe “ingegnerizzato e strutturato sul modello piduista mentre prima era più guascone”. Infine, le allusioni non troppo sottili, gli avvertimenti: “Forse io e Idv facciamo paura, certo qualcosa posso sapere e da tempo mi sto recando presso le varie autorità giudiziarie. Posso capire e sapere e vado avanti”. Ma con una credibilità sempre più ridotta. E con più evidenti e nervose guasconate.

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Toghe agitate, motivi solo materiali

Le toghe non ci vogliono stare. Sono pronte allo sciopero. Non accadeva da cinque anni. I magistrati giudicano la manovra “inutile e punitiva”. Strano, siamo proprio in un altro mondo, pensavamo che i magistrati dovessero giudicare solo in nome del popolo italiano e nel rispetto delle Leggi. Quelle norme, per intenderci, fatte dai governi e legittimate dal voto parlamentare.

Il Capo dello Stato ha firmato la manovra, i giudici contestano anche Napolitano?

Il governatore Draghi ha avallato con le sue considerazioni finali le scelte del governo Berlusconi. I giudici contestano anche Bankitalia?

Cascini, segretario dell’Anm che pare sempre più la Cgil togata, ha parlato di manovra “punitiva”.

L’unica punizione per i magistrati dovrebbe essere quella della responsabilità civile dei loro errori, sancita da plebiscitario referendum degli italiani dopo il caso Tortora e sempre disatteso, anche e soprattutto per l’opposizione corporativa di molte toghe.

Svela lo stesso Cascini: “E’ assurdo che un magistrato che guadagna 150 mila euro se ne veda decurtate solo 2000 e uno che ne incassa 70 mila debba contribuire con 20 mila”. E bene ha fatto il Sottosegretario Bonaiuti, nel corso di Porta a Porta, a ricordare a Cascini le parole di Borrelli, ex Procuratore capo a Milano, che in un’intervista rilasciata a il Giornale, ha affermato: “siamo di fronte a una situazione economica drammatica e in questa situazione bisogna rassegnarsi ai sacrifici. La reazione dei giudici dovrebbe essere diversa da quella del comune cittadino”.

Sarebbe allora utile pubblicare tutti gli emolumenti dei magistrati, così come è stato chiesto di farlo per i conduttori, giornalisti, autori e registi della Rai.

Soprattutto, è proprio il caso di continuare sul cammino già intrapreso, per monitorare l’efficienza dei Tribunali e il reale impegno di non poche toghe.

Altrimenti, vorrà dire che rimarremo fermi ai tempi di Mani pulite, quando l’allora pm Antonio Di Pietro girava per i corridoi deserti nel pomeriggio milanese del Palazzo di Giustizia e invocava ironicamente un blitz dei Carabinieri nei circoli tennistici della zona!

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Politica estera, amicizia e coerenza

Una politica estera accorta, equilibrata, ma anche coraggiosa nel momento in cui si prendono le decisioni importanti. È la politica estera del governo Berlusconi, quale si è confermata nella vicenda del blitz israeliano contro il convoglio di navi “pacifiste”. Il virgolettato è d’obbligo, se è vero che i soldati israeliani sono stati accolti sulla Mari Marmara, l’ammiraglia della flottiglia filo-Hamas, a colpi di spranghe, coltelli e con un tentativo di linciaggio. Tuttavia, gli osservatori anche israeliani hanno sottolineato la gravità e la sproporzione della risposta israeliana e l’errore dei comandanti militari nel pianificare un blitz sfociato in un bagno di sangue che si è politicamente ritorto contro Tel Aviv (e, quindi, contro gli amici di Israele impegnati in una querelle diplomatica difficile).

L’Italia, in virtù della sua amicizia con Israele da un lato e con i Paesi arabi e musulmani dall’altro, si è trovata in una posizione doppiamente scomoda. La gestione non era affatto semplice. Tanto più se si considerano i risvolti di politica interna: sul convoglio infatti erano presenti sei italiani (due dei quali di origine palestinese). Il governo ha dovuto affrontare alcuni rompicapo, ma il bilancio dell’azione politico-diplomatica è stato positivo.

1. Il governo ha ribadito in concreto la sua vicinanza a Israele, che è uno degli elementi qualificanti della politica estera dell’esecutivo di centrodestra (e di Berlusconi in particolare) rispetto ai governi di centrosinistra passati. Lo ha fatto sia con una reazione equilibrata nel momento di massimo impatto anche mediatico degli esiti tragici del blitz. Ha deplorato l’uccisione di civili, ma invitato a procedere nella ripresa del negoziato. Ha chiesto spiegazioni all’ambasciatore d’Israele senza però convocarlo formalmente come hanno fatto invece Spagna, Svezia e Grecia. Non ha avuto fretta a intervenire prima di capire che cosa realmente fosse successo sulle navi. Ha reclamato un’inchiesta accurata, coinvolgendo la Ue e i Paesi europei, ma senza pretendere l’inchiesta internazionale (Nazioni Unite) che si sarebbe trasformata nell’ennesimo processo politico contro Israele condotto da Paesi che calpestano ogni giorno i diritti umani e vedrebbero molto bene una mappa del Medio Oriente senza lo Stato ebraico.

2. Come logica conseguenza di questa posizione, l’Italia è stata uno dei tre Paesi che a Ginevra hanno votato contro la proposta di istituire una Commissione d’inchiesta sull’assalto alla Mavi Marmara davanti al Comitato diritti umani dell’Onu. Gli altri due Paesi sono gli Stati Uniti e l’Olanda. Gli altri europei hanno preferito astenersi.

3. Il voto di Ginevra ci mette nella condizione non solo di mediare tra la Turchia e Israele (il rapporto tra Berlusconi e Erdogan, nonostante la diversità di posizioni su Israele resta saldissimo), ma dimostra ancora una volta che nel momento in cui finiscono le chiacchiere e si tratta di prendere decisioni concrete, l’Italia si conferma alleato convinto e leale degli Stati Uniti d’America, che ci sia Bush o Obama alla Casa Bianca (mentre la sinistra anche questa volta non ha perso occasione di marcare la distanza dalla più grande democrazia del mondo).

4. Gli italiani sono stati liberati prima di altri “pacifisti” arrestati dagli israeliani e sono potuti tornare a casa. Al di là di qualsiasi diversità d’opinione.

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Finanziamenti alla cultura, si cambia

''Questa manovra e' un'occasione e un'opportunita' per riformare l'intero meccanismo dei finanziamenti alla cultura''. Lo afferma il ministro per i Beni e le Attivita' culturali, Sandro Bondi.

Il ministro pensa a un sistema di tagli condivisi coinvolgendo nella discussione sul metodo da seguire per attuarli ''i colleghi coinvolti'' e i ''parlamentari interessati''. ''Vorrei studiare -spiega- un meccanismo di finanziamenti degli enti pubblici fondato su criteri obiettivi''.

Da dove iniziare allora per rispondere alla richiesta del Tesoro di tagliare dieci milioni sui venti che ogni anno il Mibac destina agli istituti di cultura e ai comitati nazionali?

''Cominciamo ad abolire tutti i comitati esistenti – afferma Bondi – tranne i tre-quattro assolutamente indispensabili per le grandi celebrazioni''. E ipotizza una ''commissione di esperti, formata da un filosofo, un economista, un uomo di cultura, per un parere sulle tabelle da sfrondare''.

L'obiettivo del ministro e' ''fare molti risparmi senza colpire i centri di eccellenza e senza rinunciare a sostenere la cultura che resta un volano essenziale per le attivita' produttive''.

Bondi afferma quindi di avere gia' ''predisposto un'indagine dettagliata per conoscere esattamente lo stato dell'arte, per sapere cosa fa ogni singolo istituto'', in modo da evitare gli sperperi e da imporre ''anche all'amministrazione della cultura criteri di finanziamento plausibili, fondati sull'analisi costi-benefici. E' questo – conclude- che gli italiani si aspettano dal nostro governo''.

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Quanti ascoltano? In novantamila

Un mare, anzi, un oceano di intercettazioni. E’ ciò che emerge dai dati del Ministero della giustizia, che fotografa impietosamente l’anomalia italiana. Non solo siamo il Paese dove si abusa di più di questo strumento di indagini, ma rispetto al 1992, (in piena era tangentopoli) le intercettazioni sono aumentate di 5 volte, passando da 16.500 a quasi 90.000.

Una cifra impressionante.

Osservando questi dati non si può fare a meno di riflettere sulla quantità di denaro pubblico speso per mettere sotto controllo i telefoni; tali risorse potrebbero essere impiegate più efficacemente, ad esempio destinandone una parte per affrontare la difficile congiuntura economica e utilizzando il rimanente per supportare le intercettazioni realmente indispensabili.

E’ nell’articolo 15 che la Costituzione sancisce il diritto inviolabile alla segretezza e alla libertà delle comunicazioni personali. Il legislatore le autorizza quando sono assolutamente indispensabili alla prosecuzione delle indagini. E’ proprio in ossequio a questo avverbio che il Governo ha intrapreso la strada della regolamentazione del settore, una riforma che porterà maggiore tutela alla privacy dei cittadini assieme ad un migliore utilizzo del denaro pubblico.

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