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Benvenuti in Belgio: il paradiso della partitocrazia, del politically correct e dell’anarchia

Il Belgio è un Paese affascinante: più ci vivi e più ti ricorda l'Italia. Nel suo lato peggiore, purtroppo.

Consociativismo, lottizzazioni partitiche, immigrazione clandestina, far west nelle strade, giustizia allo sfascio, conti in rosso, caos istituzionale. Roba da far impallidire la nostra “Prima Repubblica”!

In particolare la parte francofona del Belgio, la Wallonia, appare infatti sempre più come un territorio alla deriva, dove ogni parvenza di legalità, serietà e sicurezza svanisce progressivamente per lasciare posto all'anarchia e all'incertezza. Non è un caso che la parte settentrionale del Paese, le Fiandre neerlandofone, aneli sempre più a staccarsi dal cadavere ambulante che sta diventando ogni giorno di più la Wallonia. Non è neppure un caso che il nord del Paese voti a destra, mentre il sud sia totalmente preda delle sinistre assistenziali e clientelari. A confronto, le differenze tra il nord e il sud Italia fanno semplicemente sorridere.

Partiamo dunque dall'analisi del sistema politico di tipo perfettamente consociativo, nel quale cioè i principali partiti si spartiscono la torta a tutti i livelli rendendo di fatto impossibile distinguere chi è al governo e chi all'opposizione.
Se infatti il Governo regionale wallone è la risultante di un accordo – denominato, guarda un po', “Olivier” – tra Socialisti (PS), Centristi-Umanisti (CDH) ed Ecolo (Verdi), ai rimanenti livelli (provinciale, comunale, burocratico, sindacale e clientelare) anche l'MR – Liberali con lo sguardo a sinistra, che pochi anni orsono erano alleati a livello regionale coi socialisti e i verdi nel c.d. governo “arcobaleno” – partecipa allegramente alla spartizione con gli altri tre. In sostanza, questa “Banda dei Quattro” occupa il potere a tutti i livelli, impedendo di fatto a qualsiasi altro soggetto di avere voce in capitolo.
Emblematica, in questo senso, la lottizzazione della TV di Stato francofona RTBF e i paletti messi da questa ai “partiti minori” nelle tribune elettorali dell'imminente campagna per le elezioni legislative del 13 giugno.
Preme a questo riguardo sottolineare che il CdA della RTBF, la cui utenza di riferimento è pari a circa 4 milioni persone, consiste di 1 presidente (in quota Ecolo), 4 vice-presidenti in quota ad ognuno dei 4 partiti maggiori ed altri 13 consiglieri equamente lottizzati fra gli stessi. A mo' di paragone si pensi che, se non andiamo errati, il CdA della RAI (che rappresenta un bacino di utenza di 60 milioni di persone) conta un totale di 5 consiglieri divisi tra maggioranza (3) ed opposizione vera, non di carta (2).
Ebbene, alla vigilia dell'imminente campagna elettorale (notizia dell'11 maggio), il CdA della RTBF ha stabilito all'unanimità che i candidati dei “partiti minori” (cioè alternativi alla Banda dei Quattro) non debbano avere alcun spazio nei dibattiti elettorali organizzati dall'emittente pubblica. Alcuni giorni dopo lo stesso CdA ha corretto il tiro – e con esso i quotidiani che riportano la notizia di cui sopra – affermando che i rappresentanti minori potranno certo discutere, ma solo in spazi a loro riservati, mentre non potranno presenziare alle tribune cui prenderanno parte i 4 grandi.
Comunque la si giri è un bell'esempio di consociativismo e di lottizzazione partitocratica, in salsa guarda caso sinistrorsa, degna del peggio della Prima Repubblica italiana (o dell'URSS, a seconda dei gusti).
Sarebbe da ridere, se non fosse da piangere, anche il recentissimo siparietto televisivo che ha visto Didier Reynders (leader liberale) ed Elio di Rupo (leader socialista), scambiarsi le parti e confondersi l'un l'altro di fronte agli allibiti spettatori / elettori, che ormai non distinguono più – nel confronto fra i 4 grandi partiti – la maggioranza dall'opposizione, l'originale dalla fotocopia, la destra (inesistente) dalla sinistra (cui appartengono finalmente tutti e 4 pur con diverse sfumatore). Sarà anche per questo che sempre negli ultimi giorni 3 dei 4 grandi partiti (MR, CDH, e Ecolo) stanno discutendo della formazione di un nuovo grande “Centro” (sic) alternativo alla sinistra (PS). Un gioco delle tre carte volto chiaramente a gettare fumo negli occhi a tutti quegli elettori walloni che ne hanno abbastanza del monopolio partitocratico e clientelare della sinistra e che potrebbero invece decidere di affidare il loro voto al neonato Parti Populaire (PP), unica formazione dichiaratamente di centro-destra nel panorama wallone, che si presenta inoltre con un simbolo ed un programma identico (caso unico) in ogni parte del Belgio.

Detto del sistema consociativo e partitocratico, passiamo ad altre “chicche”: immigrazione clandestina fuori controllo; criminalità diffusa con sempre più diffuso senso di insicurezza per i cittadini, di impunità per i criminali e di impotenza per le forze dell'ordine; sistema giudiziario allo sfascio, la cui riforma è bloccata in Parlamento da tempo immemorabile; classe politica incapace o peggio complice di una situazione ormai fuori contollo.
Una serie di tragici fatti di sangue, simpaticamente bollati come “episodi isolati” dai soliti professionisti del politicamente corretto (tra cui lo stesso sindaco di Bruxelles), hanno recentemetne scoperchiato il vaso di pandora sulla situazione ormai drammatica in cui versano interi quartieri di Bruxelles e di altre città, dove si è assistito perfino all'assalto di alcune stazioni di polizia da parte di gang di criminali armati di molotov e talvolta pure di kalashnikov, armi che sono state sequestrate e subito dopo “recuperate” dai legittimi (?) proprietari in barba a tutto e a tutti. Senza parlare, ovviamente, dei quotidiani “episodi isolati” di aggressioni, violenze, rapine a mano armata e regolamenti di conti che “colorano” le pagine di cronaca dei quotidiani belgi e costringono migliaia di famiglie a barricarsi in casa di sera nei quartieri a rischio.

Infine, last but not least, lo sfascio dei conti pubblici.
Nel quadro di un sistema assistenziale degno dell'Irpinia demitiana, specie nella depressa wallonia, dove migliaia di chomeurs preferiscono percepire l'assegno di disoccupazione ed “arrotondare” con qualche lavoretto al nero, apprendiamo in questi giorni che il prossimo governo, quello che cioè uscirà dalle elezioni di giugno, dovrà preparare una manovra correttiva di circa 42 miliardi di €. Se si tiene conto che in Italia (un Paese grande 6 volte il Belgio) la manovra sarà di circa 30 miliardi, ci si rende conto in che situazione versino le finanze pubbliche belghe!
E qui la domanda nasce spontanea. I vari organi di controllo comunitari (Commissione Europea – specie nella persona di Mr ECFIN Joaquim Almunia – e BCE) e le varie agenzie internazionali di rating (fra cui la simpatica Moody's), che in questi anni ripetutamente hanno stigmatizzato l'operato del Governo italiano e richiamato i nostri conti all'ordine un giorno sì e l'altro pure, hanno mai davvero studiato le magagne del sistema belga? Niente da dire in proposito? Eppure il caso Grecia dovrebbe aver insegnato qualcosa. O forse tali organi e organelli di controllo agiscono con finalità politiche di parte piuttosto che con finalità di genuino controllo ed indirizzo?

Concludendo: c'è un momento in cui i nodi vengono al pettine ed appare chiaro a tutti che che il Re è nudo. (Ironia della sorte, il Belgio è una monarchia).

In Belgio, Paese in cui noi viviamo e che pur con tutti i suoi difetti amiamo – e diciamo questo proprio perché lo amiamo! – è ora di dare una robusta sterzata. E' ora di rinnovare la classe politica, specie nella parte francofona e disastrata del Paese e quindi di porre le basi per un'alternativa liberale, severa e pragmatica ad un sistema ormai putrido, fatto di sperperi, clientelismi, lottizzazioni ed inutili blabla politically correct; un sistema gestito e gelosamente custodito dall'onnipresente sinistra.
Ci auguriamo quindi che gli elettori belgi, in special modo i walloni, sappiamo dare nelle urne un segnale preciso di cambiamento contro una classe politica marcia, incompetente, bollita ed autoreferente che, continuando con l'andazzo attuale, non potrà che portare il Belgio alla definitiva rovina e, fatalmente, alla sua dissoluzione.

Incrociamo quindi le dita per il bene del Belgio, dei belgi e dell'Europa intera.

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