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Il dissenso va semplicemente accettato

di Italo Bocchino

Oggi uno dei Coordinatori del Pdl, il Ministro Sandro Bondi, ha scritto una lettera al Direttore de “Il Foglio” nella quale cerca di spiegare perché il dissenso à la Fini non sia accettabile nel Pdl. Una lettera dissenziente rispetto al pensiero di un proto-berlusconiano come Giuliano Ferrara.
Sandro Bondi pone l’accento non sull’esistenza del dissenso ma sulla qualità di esso, che nel caso di Gianfranco Fini viene ritenuto dal Coordinatore del Pdl “divisivo e lacerante”.
Non si può ammettere il dissenso, salvo poi dire “ma non quello di Fini”. Non si può scegliere il dissenso che si preferisce, ma lo si deve accettare e basta, così come avviene in tutti i partiti democratici d’Occidente.
Il dissenso di Fini e dei finiani non sarebbe ammissibile perché “lavorano a un’altra destra”, scrive Bondi. Non è così, o meglio non è proprio così. Ma se pure fosse, non vedo il problema.
Nel partito repubblicano USA, negli anni ’60 si fronteggiavano due idee di destra diversissime tra loro. Cosa avevano in comune Rockefeller e Goldwater? Eppure, dopo primarie sanguinosissime, il GOP andò avanti comunque.
In Inghilterra, negli anni ’70 si fronteggiavano due idee di destra: quella vecchia di Ted Heath e quella innovativa della Thatcher. Anchè lì lo scontro fu durissimo, ma i Tories sopravvissero al big bang interno.
In Francia ci fu il confronto interno tra la destra del socialismo nazionale di Chirac e la destra della “rupture” di Sarkozy.
Idee di destra differenti, che hanno creato grandi discussioni interne ai rispettivi partiti.
Eppure nessuno si è mai sognato di ritenere “non ammissibile” l’idea diversa. Anche perché in nessun’altra parte del mondo la destra è stata identificata con una persona. Non è questa la ragione sociale del Pdl. Che nasce invece con l’obiettivo di creare un partito degli italiani, seguendo la felice intuizioni di Pinuccio Tatarella. Un partito forte e quindi capace di sopravvivere a Berlusconi, Fini, Bondi e Bocchino.
Se poi si vuole ridurre la destra al berlusconismo, questa è altra storia. Ma ragionando così, in prospettiva, del Pdl potrebbe non restare nulla.

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