Sul n. 18 di Tempi, diretto dal cattolico Luigi Amicone, c'è un bell'articolo di Laura Borselli. La giornalista parla del rapporto tra il frate di Pietrelcina e le donne, e senza stupirsi, scrive: “Nelle sue lettere Padre Pio esorta a non dubitare mai di essere amate da Dio, non di un amore generico, impersonale, ma di un amore di scelta e di predilezione, il cui acme si raggiunge nel dolore: esso è la prova dell'amore di Dio verso la sua creatura”. Ora, l'idea del dolore come prova d'affetto di Dio verso la sua creatura, è una sorta di bestemmia che contrasta con la ragione e col Vangelo. Gesù il dolore lo toglieva, non lo dispensava a nessuno. Ma nel bell'articolo non manca la nota spassosa. “A Padre Benedetto, il frate disse che quando si presentava a lui un peccatore mai pentito, che non si era accostato al sacramento per ricevere l'assoluzione, lui vedeva «Dio che è sul punto di scaricare i suoi fulmini. E per pararli altro rimedio non vi è se non alzando una mano a trattenere il suo braccio e l'altra rivolgerla concitata al proprio fratello…che getti via il male…perché la mano del giudice è per scaricarsi su di esso». Io capisco l'ignoranza del frate di Pietrelcina, che del Vangelo aveva capito poco, e che aveva un bizzarro concetto di Dio, ma coloro che lo hanno dichiarato santo? E quelli che ancora oggi scrivono su di lui corbellerie come se fosse vangelo?
Elisa Merlo